Qualche tempo fa, pubblicammo un articolo su una lista di serie tv che non sono minimamente adatte al binge watching, motivandone le ragioni e spiegando perché invece la visione centellinata degli episodi abbia favorito il loro successo. Parliamo di show televisivi andati in onda anche prima dell’exploit della pratica del binge watching, quando la tv era avvezza al rilascio settimanale e le maratone erano destinate più che altro al recupero delle stagioni precedenti per i nuovi fan che avevano la necessità di mettersi in pari. Con Netflix qualcosa è cambiato. Profondamente. L’arrivo di House of Cards, in particolare, ha rivoluzionato il modo di fruire di un prodotto televisivo.
La piattaforma ha piazzato nel catalogo tutti gli episodi della serie, consentendo agli spettatori di dar vita a maratone infinite che hanno avuto l’effetto di segregarci in casa a escogitare nuovi sotterfugi insieme a Francis Underwood e ai suoi sodali. Una pratica che ha funzionato e che ha aiutato la serie a incassare il successo che ha avuto e a prolungarlo negli anni. Il rilascio in blocco delle serie tv è stato un po’ il marchio di fabbrica di Netflix. Diversamente da Sky e da altre piattaforme, in particolare Disney+ e Apple Tv+ che prediligono sempre la cadenza settimanale, il colosso dello streaming ha puntato molto sulla dipendenza che uno show televisivo può generare in chi guarda, incoraggiandone la visione compulsiva.
Dark, La Casa de Papel, Stranger Things, 1899 sono solo alcuni dei titoli originali Netflix che abbiamo avuto la possibilità di guardare il giorno stesso dell’uscita, catapultandoci nella visione a trecentosessanta gradi.
Ma siamo sicuri che, per una serie complessa ed enigmatica come Dark o 1899, il rilascio in blocco sia la migliore modalità di fruizione?
La domanda che si stanno facendo in questi anni i colossi dello streaming è proprio stabilire quale possa essere la formula giusta per accaparrarsi fette di pubblico sempre maggiori. Il binge watching è la chiave giusta per conquistare nuovi abbonati? Rilascio in blocco o settimanale? Il futuro delle serie tv è anche qui e la risposta alla domanda non è così banale e, soprattutto, non è sempre univoca. Al di là delle abitudini personali di ciascuno, i vantaggi e gli svantaggi delle due modalità di visione sono molteplici e potrebbero variare a seconda del tipo di prodotto che stiamo guardando.
Per alcuni titoli, la visione frammentata potrebbe rappresentare un problema, specie se si tratta di un prodotto che parte con la marcia bassa e ha bisogno di tempo per accelerare. La sconfinata offerta di serie tv che ogni piattaforma ci mette a disposizione fa sì che i titoli che non conquistano subito la nostra attenzione vengano scartati per lasciare immediatamente il posto a qualcosa di più interessante. E, al contrario, l’attenzione intorno a show che si lasciano attendere tanto e vengono rilasciati in blocco potrebbe scemare nel giro di qualche settimana, superata da un nuovo titolo e da una nuova uscita.
Non c’è dunque una formula vincente e basta, ogni scelta è frutto di ragionamenti precisi e non è un caso che siano sempre più frequenti i rilasci “ibridi”, con stagioni che vengono suddivise in blocchi, spezzettate, mandate in onda a distanza di mesi l’una dall’altra, o con debutti da tre o quattro episodi, seguiti poi da uscite settimanali. Le piattaforme le stanno provando un po’ tutte, sperando di trovare il giusto compromesso.
Ma se la formula ideale non esiste, ci sono però serie tv che sarebbero perfette per il binge watching e serie tv che, al contrario, si adattano a una visione settimanale. I 7 titoli che trovate in lista, ad esempio, avrebbero tratto, secondo noi, enorme giovamento dal rilascio periodico e non in blocco. Vediamo di che si tratta.
1899
Tra le serie Netflix degli ultimi due anni, 1899 è una serie tv che si è meritata la nostra attenzione. Dai creatori di Dark, la serie tedesca è impostata tutta sul mistero e i grovigli mentali, cupa ed enigmatica almeno quanto l’altra cervellotica creazione di Jantje Friese e Baran bo Odar. Chi l’ha vista ne è rimasto positivamente stupito e la notizia che non ci sarà una seconda stagione di 1899 non è stata presa benissimo dai fan. 1899 racconta la storia di un gruppo di persone che, a bordo del Kerberos, si mettono in viaggio dalle coste dell’Europa per raggiungere l’America. La protagonista, Maura Franklin, custodisce una lettera che fa riferimento a una strana profezia, che rimanda alla scomparsa, qualche mese prima, della Prometheus, una nave di cui non si è trovata più traccia, dissoltasi nel nulla.
Ma naturalmente la trama di 1899 si complica e pure parecchio.
I personaggi a bordo del transatlantico sono tanti e nel corso degli episodi scopriamo come siano collegati tra di loro. La serie – ambientata come suggerisce il titolo nel 1899 – conta otto episodi ed è stata rilasciata il 17 novembre 2022. La curiosità degli utenti Netflix ha fatto sì che lo show venisse letteralmente divorato: ognuno era ansioso di sapere come la storia sarebbe andata a finire e la disponibilità immediata degli episodi ha consentito agli spettatori di focalizzarsi sulla visione immersiva e arrivare in fretta ai titoli di coda.
Un appagamento delizioso, ma forse non così funzionale. Le serie tv con una trama complessa come 1899 avrebbero bisogno di più tempo per essere metabolizzate. I particolari, i legami tra i personaggi, gli archi narrativi secondari, le componenti cervellotiche che si incastrano nel racconto, potrebbero sfuggire a una visione “accelerata”, mentre avrebbero modo di essere assimilate con più calma – e più consapevolezza – se gli episodi venissero rilasciati a distanza di qualche giorno l’uno dall’altro.
Dark
Lo stesso discorso vale quindi per Dark, che con 1899 ha in comune i creatori e la stessa impostazione. Anche Dark è giocata tutta sull’enigma, che diventa più complesso man mano che si va avanti con le puntate. Lo show tedesco ha avuto un enorme successo sulla piattaforma – molto più di 1899 -, ma non sarebbe stato forse ancora più grande se Netflix avesse deciso di spezzettare il rilascio della serie? L’attesa del nuovo episodio, seppur frustrante per i series addicted, ha l’indubbio vantaggio di accrescere le aspettative, stimolare le discussioni e i dibattiti sulla trama di un episodio, solleticare la fantasia dello spettatore, spingerlo a condividere le proprie teorie con altri fan e a tenere sempre in tendenza il prodotto.
Con Dark non c’è stato modo di soffermarsi a ragionare. La serie rimane sul catalogo, a disposizione di chi volesse andare a guardarsela. Ma così facendo, ognuno lo ha fatto per conto proprio, secondo i propri tempi, evitando le discussioni in rete per non imbattersi in spoiler o parlandone a fine visione, per un periodo di tempo circoscritto. Ma quante teorie sarebbero potute emergere dalle discussioni dei fan se Netflix avesse aspettato una settimana tra il rilascio di un episodio e l’altro?
Mindhunter
Non meno complessa è la visione di Mindhunter, un atro titolo che ha fatto le fortune di Netflix per gli appassionati del genere, prima della cancellazione. Si parla solo oggi della possibilità di una terza stagione della serie, ma al momento sulla piattaforma sono disponibili i diciannove episodi, divisi nelle due stagioni di cui Mindhunter è composta. La serie ha avuto successo al momento del suo rilascio, nel 2017. La creazione di Joe Penhall ha estasiato gli amanti del genere, che la considerano tra le migliori realizzate di recente sui serial killer.
A differenza di un titolo come Dahmer però, che è incentrato tutto sulla figura di un assassino e della sua storia, Mindhunter fa un passo ulteriore e torna indietro nel tempo per capire dove nasce il concetto stesso di serial killer. Un passaggio che si presterebbe molto di più a una visione centellinata, diluita nel tempo, per dare allo spettatore la possibilità di calarsi nel contesto, metabolizzare le informazioni e magari, nell’attesa, informarsi sull’argomento e prepararsi a una visione molto più consapevole. Inoltre, l’hype sarebbe stato di gran lunga maggiore se Netflix ci avesse fatto allungare il collo tra una puntata e l’altra, lasciandoci con la voglia di capire e di immergerci a piccole dosi nella complessa visione della serie.
The Man in the High Castle
Amazon Prime Video, soprattutto di recente, sta sperimentando tutte le modalità di rilascio delle nuove stagioni. Basti pensare a The Boys, la cui prima stagione uscì in blocco nel 2019, lasciando a disposizione degli utenti tutti gli episodi da guardare. Per i capitoli successivi invece, la piattaforma ha sperimentato la visione diluita, rilasciando un episodio a settimana, moltiplicando quindi l’ansia dei fan. La stessa cosa ha fatto per il suo spin-off, Gen V, e per tanti altri titoli originali. Invincible, la serie animata sul supereroe a cui ha dato la voce Steven Yeun, è andata in onda sempre seguendo la programmazione settimanale e, per la seconda stagione dello show, Amazon ha programmato addirittura un rilascio in blocchi, suddividendo il secondo capitolo in due parti. Il rischio che l’attenzione intorno al titolo possa scemare esiste ed è concreto, ma per alcuni prodotti la scelta è azzeccata.
Se pensiamo a The Man in The High Castle potremmo fare un discorso analogo a quello fatto per 1899.
La trama della serie ha molto da dire, ogni pezzo si incastra all’altro, il climax cresce episodio dopo episodio e, più si va avanti, più la visione si fa fitta e allo spettatore è richiesto uno sforzo di concentrazione maggiore. Ecco, anche The Man in the High Castle, con i suoi giochi di potere, le sue trame adrenaliniche, i suoi plot twist ben dosati e la tensione crescente, sarebbe stata una serie tv perfetta per il rilascio settimanale. Come nella programmazione dei palinsesti tv, i fan avrebbero dovuto attendere sette giorni per scoprire a quale destino sarebbero andati incontro i personaggi. La visione immersiva è stata ugualmente soddisfacente, ma lo show avrebbe guadagnato molto da un rilascio degli episodi prolungato nel tempo.
House of Cards
House of Cards è stato il peccato originale, il fenomeno mediatico che ha dato vita a tutto. Quando Netflix decise di lanciare la serie, nel 2013, lo fece rendendo immediatamente disponibili tutti gli episodi. Un nutrito gruppo di curiosi e appassionati del genere si fiondò a guardare lo show, destinato a diventare uno dei più celebri e gettonati dell’ultimo decennio. L’engagement è stato subito pazzesco: si parlava ovunque di House of Cards, Francis Underwood è diventato un personaggio iconico, che sul web e sui social ha spopolato.
La trovata di Netflix è stata vincente, ma tornando indietro, non gli consiglieremmo di rilasciare le puntate a distanza di una settimana l’una dall’altra? Gli intrighi del potere sono talmente affascinanti da spingerci a divorarli nell’immediato. Ma una visione lenta, cadenzata, ci avrebbe fatto apprezzare molto di più tutte le sfumature dello show. House of Cards è una serie che poteva prestarsi benissimo a discussioni infinte sui personaggi e sulle loro scelte. Lasciarci col fiato sospeso avrebbe consentito agli autori di creare un legame ancora più solido con la propria fanbase.
La serie aveva una schiera di pubblico talmente folta da poter scatenare la fantasia degli appassionati, tra teorie, complottismi, supposizioni. Inoltre, la complessità di alcuni passaggi, avrebbe avuto bisogno di un tempo maggiore per essere scandagliata e analizzata con più calma, cercando di trarne quanto più possibile, invece di soprassedere – in alcuni casi – e andare avanti con fame bulimica verso il finale di stagione.
Altered Carbon
Sempre di Netflix è Altered Carbon, una serie tv uscita per la prima volta nel 2018 e seguita, due anni più tardi, da una seconda stagione. È uno show che ha conquistato una buona base di spettatori, che si sono catapultati nella visione degli episodi senza staccare il naso dallo schermo. Netflix è la piattaforma che più di tutte ci ha abituati al binge watching compulsivo – e per questo la ringraziamo -, ma esistono delle storie da cui è necessario prendere le distanze ogni tanto per poterle apprezzare meglio.
Passare dieci ore consecutive nelle trame di una serie tv come Altered Carbon non è proprio il massimo. Lo show unisce fantascienza e intrecci distopici, proiettandoci in un mondo immaginario di cui è difficile comprendere tutte le dinamiche senza perdersi inevitabilmente qualcosa. Una pausa tra una puntata e l’altra ci avrebbe aiutato a creare il giusto distacco rispetto alla storia, che non è necessariamente un male per una serie tv. A volte, al contrario, guardare un solo episodio e poi tornarci su qualche giorno più tardi, ci aiuta ad affrontare la visione con più consapevolezza e, magari, con maggior piacere.
Too Old to Die Young
Nella sconfinata proposta seriale degli ultimi anni, ancora un discorso simile possiamo farlo per Too Old to Die Young, che è apparsa in blocco nel 2019 su Amazon Prime Video e lì è rimasta, a disposizione degli abbonati. La serie sembra un lunghissimo film più che una miniserie televisiva. Una delle prerogative del prodotto seriale è che la storia è spezzettata in più puntate, elemento che la contraddistingue dai lungometraggi che, al contrario, concentrano nella visione di un paio d’ore tutto il materiale narrativo. Il rilascio in blocco ha fatto venir meno questa prerogativa e, in alcuni casi, ha trasformato il prodotto televisivo in un unico grande film interrotto solamente da una breve pausa per passare da un episodio all’altro.
La magia dell’attesa viene svilita e anche nel caso di Too Old to Die Young la componente della suspense viene meno. Un prodotto originale come questo, in formato miniserie tv, con episodi in media piuttosto lunghi, sarebbe stato perfetto per la programmazione settimanale. E ne avrebbe giovato molto, considerando che molti utenti, se non riescono a mettersi subito al passo con le novità delle piattaforme, le accantonano e rimandano la visione, rischiando di perdersela quando l’hype è ormai venuto meno e l’interesse attorno all’ultimo prodotto è scemato. In questo caso particolare poi, si tratta di una perla di Amazon Prime che forse avrebbe meritato molta più attenzione.
Sarebbe stato frustrante interrompere tra un episodio e l’altro e aspettare una settimana per scoprire il seguito della storia, ma sarebbe stato un modo per infoltire la fanbase della serie e per stimolare un dibattito intorno al materiale fornito dagli autori. Tornasse indietro – considerando le scelte che sta adottando di recente con i suoi prodotti di punta -, Amazon Prime forse farebbe una scelta diversa anche con Too Old to Die Young.