Vai al contenuto
Home » Serie TV

5 Serie Tv che hanno creato stereotipi sugli Italiani all’estero

Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

Il mondo è bello perché è vario“, diceva qualcuno. Soprattutto se è quello delle serie tv, aggiungiamo noi. Inserire nella storia  e nel mondo del piccolo schermo personaggi di etnie, religioni e nazionalità diversa e varia dà sicuramente una nota di interesse e di prestigio in più, anche solo per tutto ciò che la semplice convivenza tra di essi può portare. Nasce, d’altra parte,  il problema attuale e complicato della “rappresentazione dell’altro“: che sia comica, tragica o semplicemente di “passaggio”,dovrebbe essere quanto mai veritiera e più realistica possibile. Spesso -e volentieri- non è così.  L’Italia è uno dei paesi che, nelle serie tv, viene per la maggior parte delle volte più standardizzato, partendo da “modelli” precostituiti e rispolverati per l’occasione, portando all’estero, del Belpaese, più che rappresentazioni delle caricature. Spesso siamo noi i primi a riconoscere come alcuni aspetti possano essere ritrovati nella realtà (in quanto alla fin fine niente viene mai del tutto inventato), ma alcune volte si vanno a sottolinearne solo alcuni di questi aspetti e di fare di quelli gli unici che caratterizzano un popolo.  Questo non vuole togliere nulla al valore delle singole serie, ma solo sottolinearne una pecca, al massimo. Non si può far di tutta dell’erba un fascio, condannando ciecamente ciò che è stato analizzato e apprezzato concretamente, ma è indubbia la scelta, in molti casi, di ritrarre un “tipo italiano” che è così diventato stereotipo: e noi ve lo dimostriamo, attraverso le 5 serie tv che hanno contribuito a creare questo fenomeno nel mondo.

Prison Break

« Mi inginocchio solo davanti a Dio. E qui non lo vedo » (La sfida continua)
« Mi inginocchio solo davanti a Dio. E qui non lo vedo »
(La sfida continua)

Immergendoci subito nel mondo oltre oceanico della rappresentazione che hanno portato degli stereotipi italiani all’estero, una delle serie più efficaci è certamente Prison Break. L’ambiente cupo e sinistro del carcere di Fox River ci ha regalato tanti personaggi scomodi ma interessanti, realistici nella cruda vita della prigione statunitense, dove episodi criminali si legano a doppio filo con la politica e affari economici. Ci sono modi e modi di trovare la propria libertà in una prigione, e uno di questo ci viene dato da un personaggio che  certamente riveste nel modo migliore i panni del boss della mafia tra il religioso e il criminale: John Abruzzi. La morte del figlio più giovane infatti gli donerà una forte fede in Dio, trasformandolo da quel momento in poi nel tipico stereotipo del boss mafioso certamente delinquente , ma anche fervidamente e ciecamente devoto a l proprio Dio. Attenzione infatti, John (da buon italiano) sarà anche devoto e religioso, ma non per questo meno spietato. Ed è questo, oltre alla la cieca fede, un altro stereotipo italiano ritrovabile in questo personaggio: un atteggiamento religioso di per se forse non falso, ma che non si rispecchia molto spesso in quello che rivolge agli altri, non perdendo così la sua vena criminale. Insomma, gli italiani di Prison Break sono questo: pizza,mafia e religione.

How I Met Your Mother

Una famosa battuta di Marshall durante l'ottava stagione di HIMYM
Una famosa battuta di Marshall durante l’ottava stagione di HIMYM

Cambia la serie e cambia la musica: si passa a quella comica. How I Met Your Mother ha tante belle qualità, ed è una delle serie in assoluto più apprezzate dell’ultimo decennio.Così anche le battute e i rimandi tipo etnico-culturale non si risparmiano e questo è, anche,  da scusare con il carattere leggero e scherzoso della serie, che per questo le ha dato una patina di freschezza che nelle sue 9 stagioni non ci ha mai abbandonato. È prevedibile dunque che quando si parla dell’Italia, il come rimane sempre lo stesso. HIMYM e il rapporto con l’”italiano” si possono riassumere in un solo nome: Marshall. Marshall è uno dei personaggi televisivi più amati in assoluto, e tra le sue passioni c’è il mondo italiano. HIMYM utilizza e strumentalizza in questo caso lo stereotipo italiano non a fini rappresentativi, ma puramente ricreativi. Noi non ce la prendiamo più di tanto, soprattutto per l’assurdità delle sue battute e scene, con riferimenti più o meno velati ai grandi classici “italiani” del passato. Se Marshall si ritrova a Little Italy e si trasforma in un moderno Don Vito Corleone, alla nostra visione apparirà certamente divertente e ironico. Certo è che HIMYM, proprio perché è cosi semplicemente spassoso ritrarre una scena del genere, ha aiutato a diffondere una figura di un italiano anacronistica e ferma(per quanto riguarda l’ultima scena citata) ai primi decenni del XX secolo, diventando così stereotipo per gli altri. Ma, alla fine di tutto, c’è una sola e unica cosa che rimane nel tempo(e che infondo, diciamocelo, fa ridere anche noi):” Andiamo fratello, non Mastroianni tutti i funyons!

Boardwalk Empire

The Italians of Boardwalk
The Italians of Boardwalk

Sinistri, cattivi e sregolati: sono gli italiani-mafiosi- di Boardwalk Empire.  Il mondo mafioso e crudele dell’America proibizionistica dal sapore italo-americano dei primi anni ’20 ci viene raccontato in maniera magistrale- e sfortunatamente poco conosciuta in Italia- nell’arco delle 4 stagioni di questa serie.  Qui è bene sottolineare come Boardwalk Empire sia stata quanto mai storicamente attendibile, rispettando la raffigurazione  dei vari personaggi nativi italiani incontrati durante la serie dal protagonista, Enoch “Nucky” Thompson. Un solo nome basta nella serie per spiegare il tutto senza giri di parole: Al Capone. La sua presenza è quanto mai doverosa in quanto, proprio nei ruggenti anni venti, il giovane Al Capone inizia il suo giro d’affari di smercio e vendita illegale nel territorio americano, cominciando così a costruire la sua fama. La serie raffigura uno dei più noti criminali italo-americani di tutti i tempi, accompagnando cosi anche sul piccolo schermo, una rievocazione cupa e terribile della mafia  e dei suoi personaggi. Ma non è presente solo quest’ultimo: si incontrano altri come Giuseppe Colombano “Gyp” Rosetti, crudele e con lieve tendenze sadiche, che raffigura quanto il mafioso italiano possa diventare criminale non solo per questioni di affari illegali, quanto anche per veri e proprio atti contro la vita umana.

Friends

No comment
Old but gold

Passiamo ad un aspetto- e una serie- più “leggera”. Ripresa questa altra grande serie “vintage” delle nostre vite, potremmo infatti scoprire come in realtà abbia contribuito all’immagine che gli altri hanno dell’italiano all’estero attraverso uno dei big five della serie: Joey Tribbiani. Joey rappresenta tutto ciò che il mondo conosce di noi in un solo personaggio: amante sfrenato delle donne, sempliciotto e scansafatiche, si reputa un grande attore pur non essendolo affatto e vive dividendo il suo tempo tra il cibo e i suoi amici. Per alcuni potranno apparire anche come difetti, ma sono queste le caratteristiche che più di tutte lo hanno fatto apprezzare da tutti. Questo perché la sua semplicità e il suo naturale amore per i suoi amici sono tratti che tutto sommato vanno a contrastare tanti altri poco lodevoli. Nonostante i buoni propositi nel personaggio, che per quanto fuori dagli schemi rimane comunque molto apprezzabile, Friends non riesce a distaccarsi da una rappresentazione degli italiani che si può articolare in definitiva in due modi, di cui ne sceglie di portare sullo schermo uno in particolare: perditempo e scansafatiche, leggermente ozioso e generalmente non molto brillante e che tuttavia riserva risvolti anche più positivi con alcuni improvvisi colpi di genio, che ha spopolato e si è fatto amare in Joey.

The Sopranos

La parola d'ordine è: famiglia
La parola d’ordine è: famiglia

Prima ancora di Boardwalk Empire, c’erano loro. Prima ancora di Gomorra- altra grande serie di stampo mafioso, di produzione italiana questa volta- c’era loro. E loro infatti sono rimasti, nella mente dell’America tra il 1999 e il 2007, come la grande famiglia italo- americana che ha esportato sul piccolo schermo le vicissitudini quotidiane del mondo mafioso. I Soprano sono un prodotto inimitabile e unico, che trova soprattutto nell’analisi psicologica del protagonista, Tony Soprano, uno caso unico di studio approfondito del personaggio in tutte le sue sfaccettature. Uno dei primi tratti “tipicamente italiani” e che Tony in particolare riporta spesso alla luce sono i rapporti con le sue due donne della sua vita, la madre e la moglie,  causa di problema continui che lo rendono pericolosamente fragile e ne fanno dubitare in alcuni casi la validità come boss di una grande famiglia mafiosa. La grande particolarità dei Soprano è quella di aver creato la rappresentazione di un personaggio simbolo dell’italiano che si colloca a metà tra la storia classica di film come “Quei bravi ragazzi” firmato Martin Scorsese, a cui si sono ispirati come afferma lo sceneggiatore David Chase, e la moderna mafia italo-americana. La serie è diventata proprio per questo un cult in America, ispirandone tante altre, tra cui spicca ancora Bordwalk Empire. Molti però hanno riconosciuto in questa una facile e cruda stereotipizzazione del modello italo-americano di vita, denunciando come diffondesse un modus vivendi che realmente non appartiene alle comunità native italiane insediate in America e di rimando, neanche quelle ancora in Italia. Nulla togliendo al valore indiscusso della serie, i Soprano è stata vista da alcuni come la facile trasformazione di fatti crudi e criminali in romanzo familiare, diminuendone così la portata realistica per una crescita dell’audience. Di sicuro, non ha riportato all’estero ciò che noi riconosciamo come il nostro stile di vita e che vorremo venisse finalmente rappresentato, senza modelli o comportamenti “al limite”.