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5 Serie Tv che messe insieme rappresentano un percorso di elaborazione del lutto

Black Mirror
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La perdita di una persona cara è una delle esperienze più dolorose che l’essere umano possa sperimentare e per la quale ci sembra di non essere mai preparati. Elaborare un lutto è un processo che richiede tempo e che ciascuno di noi vive in maniera diversa, perché non esiste un percorso valido per tutti. Si tratta di un cammino indispensabile per sopravvivere alla morte di una persona importante, accogliere la sofferenza che ne deriva e trovare le risorse per trasformare il dolore in una nuova possibilità di vivere pienamente la propria vita. Nell’episodio di Black Mirror citato sottostante, ad esempio, questo meccanismo di accettazione e reazione viene rappresentato verosimilmente.

Le reazioni, di fronte alla scomparsa di un nostro caro, a volte possono essere anche contraddittorie: alcuni di noi si chiudono in sé stessi e preferiscono restare in solitudine, altri invece si affidano al prossimo per condividere il proprio dolore. Qualunque sia il nostro modo di reagire, ci sono dei passaggi obbligati che dovremo affrontare per prendere piena consapevolezza del dolore e iniziare un processo di cambiamento che ci porterà all’accettazione della morte e ad un nuovo modo di affrontare la nostra vita. Vediamo allora quali sono i momenti più significativi del processo di elaborazione di un lutto e quali serie tv hanno sviluppato la loro trama focalizzandosi soprattutto su una delle cinque.

Le seguenti cinque Serie Tv si legano indissolubilmente con la morte, ma lo fanno focalizzandosi in particolar modo su una fase specifica del processo di elaborazione del lutto, monitorando lo sguardo sia di chi rimane – ad esempio in Fleabag – che di chi muore – come osserviamo nell’episodio di Black Mirror.

1) Fleabag (prima stagione) – Fase del Rifiuto e Negazione

Quando affrontiamo una perdita che ci causa molto dolore cerchiamo di difenderci da una simile sofferenza, negandola. Neghiamo quindi l’accaduto a causa dello stato di shock dovuto alla perdita: non sta succedendo davvero, non posso crederci. Emotivamente si osserva un’assenza di reazione: la persona è consapevole di ciò che è successo ma non vuole, e non può, accettarlo; ci sentiamo impreparati ad accettare il dolore e a darci il tempo di viverlo. A questa emozione spesso si associano anche sensi di colpa profondi nei confronti di chi non c’è più.

In Fleabag la protagonista (Phoebe Waller-Bridge, nonché sceneggiatrice di questo singolare capolavoro) vive la perdita sia della madre che dell’amica. Quest’ultima sappiamo fin dall’inizio che si è suicidata, ma la motivazione non viene subito esplicitata. Nel corso della serie, ci vengono forniti molteplici indizi riguardati la causa, finché alla fine ogni cosa trova un senso, capiamo la causa di questo effetto estremo.

Difficilmente siamo consapevoli che ogni relazione comporta il rischio di perdita o di abbandono e quando questo accade è difficile accettarlo.

Per la protagonista, già scossa dalla morte della madre, il suicidio della migliore amica costituisce un dramma e scoprire di esserne anche la concausa le provoca un’atroce sofferenza. Solo verso la fine della serie Tv la donna palesa il senso di colpa – che all’inizio negava – e riesce ad avanzare nelle tappe successive di elaborazione.

2) The Haunting of Hill House – Fase della Rabbia

Black Mirror

Durante la seconda fase la persona, quando comincia a rendersi conto di ciò che è accaduto, inizia a provare rabbia, a chiederci cosa abbiamo fatto per meritarci questa sofferenza, a sentirsi arrabbiati con chi ha ferito e con la vita stessa. Tendiamo a dare la colpa a qualcuno, perché pensiamo che la situazione sia ingiusta. Può capitare di sentirci responsabili in qualche modo perché non siamo riusciti a evitare la perdita. La fase della rabbia può essere considerata positiva perché se qualcuno scatena in noi questo sentimento, finiamo con il volerlo evitare e cercare di farlo uscire dalla nostra vita. Dobbiamo però stare attenti a non rimanere bloccati nella rabbia perché finirebbe per ritorcersi contro di noi! [si colpevolizzano per la morte della madre]

The Haunting of Hill House intesse la sua trama su questa fase: i Crain vivono per anni in un lutto mai realmente superato, compreso o pienamente accettato. Maturano una sostanziosa dose di emozioni, tra le quali appunto la rabbia, la quale converge e si accentra tutta nei confronti della casa. L’intera famiglia sarà tormentata dal ricordo di quell’abitazione fonte di tanto dolore: attraverso la rabbia ci ripariamo dalla sensazione di vuoto e solitudine e per questo va accolta, senza averne paura; alimentare la paura, ce lo ha dimostrato Nell, non comporta esiti positivi. Alla fine, sarà proprio all’interno della casa, della Stanza Rossa, che la famiglia riuscirà ad affrontare i propri fantasmi e a fare pace con ciò che per anni ha costituito un capro espiatorio.

3) Metodo Kominsky – Fase della Contrattazione

Black Mirror

La nostra mente per tornare a sopravvivere, in un momento di grande dolore, inizia a patteggiare. È il momento in cui cerchiamo di capire cosa siamo in grado di fare e in quali situazioni possiamo di nuovo di investire emotivamente. Cerchiamo di riprendere il controllo della nostra vita buttandoci su altro, su nuovi progetti e nuove amicizie. La perdita tuttavia non è ancora stata elaborata e il dolore può ritornare da un momento all’altro: è il periodo degli alti e bassi.

In questa fase della vita, l’essere umano inizia a prendere atto dell’irreversibilità della perdita e a ipotizzare modi e strategie per riprendere il controllo della propria vita, valutando quali siano le risorse su cui poter contare e i nuovi progetti su cui investire le proprie capacità di resilienza.

Il Metodo Kominsky ci coinvolge nelle peripezie di due anziani: Sandy Kominsky (Michael Douglas) e Norman Newlender (Alan Arkin). La serie crea un ritratto dell’invecchiamento citando i malanni, i problemi alla prostata e l’ineluttabile incombere della morte: gli amici iniziano a morire e andare a un funerale diventa un’attività ricorrente. Il funerale rappresenta il punto di arrivo della vita, ma nella serie diviene simbolo di inizio. Un grave lutto colpisce Norman: la morte della moglie che, dopo quarantasette anni di matrimonio, lo induce a dover reinventare la propria vita. Nel far ciò l’anziano è affiancato da Kominsky il quale, vedendo il suo più vecchio e caro amico crollare, diviene il suo nuovo punto di riferimento.

Norman: Cosa mi è rimasto?

Sandy: Me, coglione! Sai tenere un segreto? Questo è il metodo Kominsky

Con la terza stagione, sarà Sandy ha dover ritrattare con le proprie abitudini ormai saldamente legate a Norman. Il discorso sulla morte che Sandy fa ai suoi allievi è toccante e onesto:

Mi sono seduto al capezzale e ho tenuto le mani di amici e di persone care mentre esalavano l’ultimo respiro, e posso dirvi questo: il drammatico soliloquio alla fine della vita è una pura e totale assurdità. Se qualcosa viene detto è detto interiormente. Lo si può quasi sentire…notano a malapena che tu sia seduto lì. Per coloro che stanno per morire i vivi sono irrilevanti. Perciò, se doveste mai avere l’opportunità di recitare una scena del genere, affrontatela con rispetto. Consideratela sacra

4) After Life – Fase della Depressione

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La quarta fase reca con sé un’autentica presa di coscienza della perdita. L’alternarsi di momenti di dolore e tentativi di reagire ci porta a cadere in un continuo stato di tristezza e iniziamo a prendere atto di ciò che abbiamo perso. Il dolore fa ancora tanto male, è vivo, forte e presente. Le conseguenze sono anche a livello fisico come l’irritabilità, frustrazione, tristezza persistente e volontà di isolarsi.

La persona si sofferma su tutto ciò che non può più condividere con l’ex partner, amplificando involontariamente il livello di sofferenza e generando un circolo vizioso che induce a uno stato di vera e propria depressione.

Tony (Ricky Gervais) è profondamente addolorato, lotta con la depressione e la contemplazione del suicidio dopo la morte prematura causata dal cancro di sua moglie Lisa (Kerry Goldiman). Contempla il suicidio ogni giorno e, sebbene prenda la decisione di rimanere in vita, trova conforto nella consapevolezza che può uccidersi ogni volta che vuole. Questo dà a Tony la libertà di essere sincero e schietto, spesso calpestando i sentimenti degli altri nel processo: è così consumato dal proprio dolore che è ignaro di quello di tutti gli altri. Non è facile assistere al comportamento distruttivo di Tony, tuttavia, con l’aiuto degli amici, dell’umorismo oscuro e della pura resistenza, sia Tony che lo spettatore capiscono che, dopo la perdita, c’è ancora una vita degna di essere vissuta: paradossalmente, è necessario stare profondamente male per poter stare nuovamente bene.

5) San Junipero (Black Mirror) – Fase dell’accettazione

Il tempo cambia le cose ci permette di completare il processo di elaborazione. L’ultima fase consiste nell’accettare la perdita: è l’unico modo per reagire e sentirci pronti a riprendere in mano la nostra vita; ritorna l’interesse per le persone, i progetti e soprattutto smettiamo di colpevolizzarci!

Siamo riusciti a comprendere la perdita, a voltare pagina: andare avanti nonostante la sofferenza, dando un senso a quella perdita, continuando ad alternare momenti di felicità o momenti di tristezza, ma in modo sempre più tenue ogni giorno che passa.

Nonostante possa ancora incorrere in stati emotivi di rabbia e depressione – in forma decisamente minore rispetto alle fase recedenti – la persona è pronta: a dare un senso a quanto è successo; a inscriverlo nell’ordine naturale delle cose; ad accettare la perdita.

L’episodio di Black Mirror parla di due donne, una delle quali, Kelly, sopravvive a suo marito e a continue prognosi di cancro disastrose. I due personaggi si rivelano essere avatar di due umani quasi morti e, alla fine dell’episodio, entrambi ingannano la morte e decidono di vivere insieme nell’aldilà a San Junipero. Questo episodio di Black Mirror si riallaccia alla quinta fase del processo di elaborazione in un modo molto fine: Kelly non ha alcun desiderio reale di rimanere a San Junipero a tempo pieno. Quando suo marito è morto, dopo che la coppia è stata sposata per quarantanove anni, si è rifiutato di trasferire la sua coscienza alla città. Credeva che la morte fosse una parte vitale della vita e sperava di poter ricongiungersi con l’unica figlia della coppia – la cui morte ha preceduto quella dei suoi genitori e l’invenzione di San Junipero – nel paradiso tradizionale. Kelly non crede nel paradiso tradizionale, ma sente di dover mantenere la promessa che ha fatto a suo marito di morire come lui, e spera che qualcos’altro stia aspettando.  Qui entrambe prendono consapevolezza della morte e iniziano a considerare la possibilità di un progetto di vita autonomo, guardando al futuro con rinnovato entusiasmo. Black Mirror, con questa puntata, esemplifica la fase dell’accettazione: Kelly dà a Yorkie qualcosa per cui vivere e Yorkie dà a Kelly qualcosa per cui morire. La scelta narrativa utilizzata dagli sceneggiatori di Black Mirror è una tra le molteplici possibilità che un essere umano può considerare; come già accennato sopra non vi è un modo giusto o sbagliato di reagire, sia in riferimento alle tempistiche che ai metodi di risoluzione.

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