“Ma la notte, la festa è finita, evviva la vita!” Non è l’esclamazione ironica di Bojack Horseman dopo una sbronza colossale: bisogna proprio citare il compianto Rino Gaetano per affrontare la lettura di un articolo come questo, che snocciola una sequenza (per fortuna breve) di serie caratterizzate da pessimismo e negatività. Nichilismo, auto distruzione, sociopatia: ma anche una dolente poesia di rinascita, che qua e là esorcizza i demoni della mente.
Perché dove regna il male assoluto, deve esistere per forza almeno una goccia di bene.
1) Hannibal
La parabola di manipolazione e seduzione che l’abietto psichiatra cannibale intraprende sulla sua cavia (ma in qualche misura anche alter ego e nemesi) Will Graham affascina lo spettatore e lo conduce in un labirinto di morte e distruzione. Nella serie è presente a più riprese la tematica della vita vista come viaggio senza speranza, della liberazione dei propri istinti distruttivi e della morte come veicolo per la creazione artistica. La scelta di Will di liberarsi dal male che Hannibal ha risvegliato in lui, attraverso la morte (ma sono davvero morti?) giù dalla scogliera, si iscrive nella cifra stilistica nichilista e agghiacciante nella sua minuziosa attenzione per i particolari che ha fatto la fortuna di questa serie.