Vivere ha i suoi alti e bassi, ma sicuramente l’esistenza raggiunge picchi abissali una volta resoti conto che effettivamente niente di ciò che fai ha realmente un significato. Non esistono esseri umani pienamente felici e pienamente consapevoli del loro ruolo nel mondo allo stesso tempo: chi lo è, mente.
Spesso le Serie Tv, come anche il cinema, tendono a mostrarci dei modelli di vita del “mulino bianco”, altre volte però i personaggi si tingono di toni cupi e reali: questo è il caso di Bojack Horseman e Rust Cohle.
Per quanto all’apparenza i due personaggi possano risultare diametralmente opposti, effettivamente non sono altro che due facce della stessa medaglia, calate in contesti diversi.
Se Bojack rappresenta la pura essenza del nichilismo come negazione dell’esistenza stessa, Rust invece incarna gli ideali camusiani dell’esistenzialismo, dove l’esistenza nella sua fragilità è vista come spunto di riflessione.
Rust stesso rifiuta il termine di pessimista, in una delle più famose citazioni della Serie: “Io mi considero una persona realista”. Effettivamente è un realista. Tutta la corrente del pensiero negativista origina da uno sfacciato realismo che si scontra con la ricerca dell’essenza dell’esistenza, portando a un desolante punto morto. Purtroppo le risposte alle nostre domande non esistono e tutto ciò che ci circonda è un palliativo: come la fede, la scienza e i valori sociali. Ogni fede positivista crolla davanti alla realtà dell’abisso cosmico.
Bojack invece rappresenta la totale vittoria della noluntas, ma non nel senso schopenhaueriano del termine, quanto in quello etimologico: nolo, non volere, indi non volontà. Non è altro che la rinuncia totale a qualsiasi stigma sociale e civile: la realtà non ha alcun significato e la vita è solo un ripetitivo gioco della sedia dove non vinci mai.
La loro filosofia di vita è originata da eventi traumatici a cui entrambi reagiscono diversamente: il detective solitario si lancia nella ricerca ontologica, dall’essere all’esistere (o al non esistere), mentre l’attore alcolista preferisce lasciarsi andare, abbandonarsi al nulla più puro, vivendo – non vivendo – di attimi effimeri e di autodistruzione.
È importante però, per quanto siano correnti strettamente legate, non fondere nichilismo ed esistenzialismo.
L’esistenzialismo è una continua ricerca, una continua messa in gioco: è per questo che Rust fa quello che fa, è per questo che non smette mai di analizzare se stesso e ciò che lo circonda, anche il minimo granello di polvere; nonostante questa ricerca lo faccia sprofondare nei più cupi meandri del suo animo. Ed è ciò a cui punta l’esistenzialismo: lo sviscerare l’ego, nel suo valore specifico di individuo, analizzando – e canalizzando – la sensazione di vuoto che lo caratterizza irrimediabilmente. L’esistenzialismo è il nuovo umanesimo: l’uomo è nuovamente al centro ma in una veste nuova, senza i ritagli positivisti del pre-rinascimento; l’uomo è ed è solo al centro del mondo.
«Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore che nega gli dèi e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo Universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo.»
(Albert Camus, Il Mito di Sisifo)
Il nichilismo invece non è altro che la negazione in tutte le sue forme, non solo dei valori sociali ma anche di una realtà oggettiva. Bojack semplicemente vive la sua vita nel modo più dissoluto e passivo possibile; non perché effettivamente sia un pessimo essere vivente ma perché ha perso ogni tipo di fiducia in sé e nel resto del cosmo. Questa accidia mista a ignavia è solo il sintomo di un vuoto che non può più essere analizzato, ma che ormai ha preso pieno possesso dell’ente trasformandolo in non-ente. È la morte di Dio, la morte di ogni termine di paragone all’esistenza per giudicarla.
E così con la morte di Dio, l’essere umano si lascia andare a se stesso, in balia delle forze universali e dell’inerzia terrestre.
«La mente si avvicina alla zona in cui dileguano sia l’intuizione sia la conoscenza, le due grandi risorse di cui essa dispone. Del niente non ci si può formare né un’immagine né un concetto.»
(Ernst Jünger)
Bojack Horseman e Rust Cohle traducono perfettamente in immagini fittizie quella che è la condanna dell’uomo reale, alla continua ricerca di un sapere escatologico che non arriverà mai; in un mondo in cui è inutile sapere la “risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’Universo e tutto quanto”, perché siamo tristemente destinati a un’esistenza non cosciente, grama, in cui l’estinzione sarà il momento più piacevole.