Avete presente la sensazione di frustrazione che provate quando state parlando di una determinata serie tv, esaltandola e riconoscendo l’impatto che ha avuto su di voi, e arriva il classico detrattore che vi smonta con una sola frase? Una frase carica di pregiudizi infondati che solo chi si è basato sulle apparenze ha potuto partorire. E non importa quanto cerchiate di convincerlo del contrario: alcune serie tv si portano dietro pesanti stigmate. Non sono esenti neanche quelle più famose, la cui eccezionalità è ormai acclamata. Per intenderci, nemmeno Breaking Bad si salva!
1) New Girl
New Girl è stata spesso definita una serie tv per ragazze. Nel titolo c’è la parola girl, la protagonista è una ragazza e tanto basta per allontanare parte del pubblico maschile amante delle comedy. A peggiorare la situazione poi, l’aggravante di una protagonista con atteggiamenti ingenui!
Il concept alla base è proprio quello di ironizzare sulla visione stereotipata di ragazzi e ragazze. Lo vediamo fin dal primo episodio. Jess incarna l’ideale della ragazze premurosa, che piange sul divano guardando film romantici, tenera e logorroica. I ragazzi hanno un blocco emotivo, affogano il dolore nella birra, passano la notte con una ragazza e spariscono la mattina seguente. I loro mondi vengono presentati come inconciliabili. Eppure, lo spirito della serie è proprio di rendere poi i confini tra i due sessi sempre più labili. Ma l’idea di base viene fraintesa, negando la comicità, la storia e il processo di crescita che coinvolge chiunque, a prescindere dal proprio genere.
2) Breaking Bad
Per contro, Breaking Bad allontana spesso il pubblico femminile o comunque coloro che non amano le serie d’azione, anche se l’azione è un tassello minuscolo dell’intero mosaico. E, come se non bastasse, quasi tutte le donne presenti vengono inevitabilmente odiate dalla maggior parte dei fan. Concentrandosi sul fatto che il protagonista sia un uomo di mezza età che ha a che fare con la criminalità, anche l’acclamata serie tv viene declassata a droga, tradimenti e uccisioni. In Breaking Bad c’è anche questo, è vero, ma non è assolutamente tutto qui.
Ciò che l’ha resa grande è invece l’attenzione posta sull’interiorità e sull’evoluzione psicologica di Walter White, protagonista sì, ma anche antagonista. È la strada che ha percorso, da insoddisfatto insegnante di chimica a produttore di metanfetamina fino al più temuto criminale e infine semplice uomo. Il suo percorso di crescita e i rapporti che intesse, quelli temporanei e quelli solidi destinati a creparsi, hanno la capacità di entrare sottopelle a chiunque. Perfino a chi non ama il genere. Breaking Bad è un’esperienza di vita.
3) Buffy The Vampire Slayer
Buffy The Vampire Slayer ha come protagonista la “classica bionda adolescente”. Inizia così a ribaltare gli stereotipi e la rende la prescelta con un destino e un compito prestabiliti, l’eroina che combatte contro le forze del male. Tante, troppe volte la serie è stata vittima di pregiudizi che l’hanno denigrata in quanto fantasy, perché non può essere realmente drammatica o profonda; per i protagonisti, perché sono adolescenti, quindi doveva essere niente più che un prodotto teen per ragazze. Sbagliato!
Questa serie è invece un capolavoro, un’esperienza che andrebbe vissuta e analizzata (come d’altronde accade in America: in molti college vengono studiate le metafore e la psicologia dei personaggi). Non solo la storia è avvincente e, man mano che si procede con le stagioni, più complessa e ben costruita. Ma soprattutto racconta attraverso mostri ed entità maligne i disagi che accompagnano i ragazzi dalla prima adolescenza fino all’ingresso in età adulta. Depressione, paure, abusi e crolli psicologici: Buffy fornisce strumenti per riconoscerli e affrontarli.
4) The Good Place
Il tema dell’aldilà è stato trattato in modo brillante e con originalità anche da altre serie, prima tra tutte After Life. Nessuno ha negato l’impatto emotivo e la drammaticità di quest’ultima. Mentre The Good Place spesso non rientra neanche tra le dramedy e si porta dietro lo stigma di una storia frivola. Questa serie tv, invece, ci ha distrutti. Il finale chiude con un cerchio perfetto e ci lascia attoniti, perché estremamente vero. Quello che viene rappresentato è il senso stesso della vita.
È struggente, devastante, profonda. Lacrime e risate si alternano, finendo per lasciarci svuotati. The Good Place è catartica, nel senso antico del termine. Si entra in sintonia con i personaggi, si perdono i confini tra ciò che sei tu e ciò che è altro da te. E il dolore, il sollievo, l’abbandono, la consapevolezza dei protagonisti scorrono attraverso loro, fluiscono dentro di noi. E alla fine ci sentiamo purificati, momentaneamente in pace con l’universo.
Sottovalutare l’impatto emotivo di questa serie è una grave negligenza.
5) Orphan Black
Un’altra serie di stampo femminista, una protagonista forte che si trova all’improvviso catapultata in un mondo più grande di lei e che si vede portar via la propria identità. Una serie sci-fi bistrattata in quanto tale per le tematiche complottistiche e scientifiche, e perché – come detto – il cast è composto prevalentemente dalla stessa attrice che interpreta diverse versioni di se stessa. Orphan Black non ha mai ottenuto l’attenzione che avrebbe meritato (se non per il premio ottenuto dalla mastodontica Tatiana Maslany) e in molti l’hanno scarta perdendosi invece un’opera grandiosa per tematiche e struttura.
Cosa fare quando ci si trova davanti un proprio clone? Identico, ma allo stesso tempo altro da sé, che ha sviluppato caratteri e gusti diversi. Il tema dell’identità diventa cardine, assorbendoci in una spirale ipnotica e senza scampo di stampo pirandelliano. L’attenzione si sposta sulla psicologia sociale e individuale: viene analizzato il background dei personaggi e quanto vicissitudini e ambienti possano plasmare le persone, influenzandole irrimediabilmente. Orphan Black è una serie poliedrica, che si destreggia tra il drama e azzeccatissimi momenti comedy.
6) The Bold Type
The Bold Type, come già altre, è vittima di pregiudizi per il solo fatto di avere per protagoniste delle ragazze in carriera a New York, che amano i bei vestiti e hanno problemi di cuore. L‘ennesima Sex and the City, tanto per cambiare. Già vista, già sentita, un’altra serie copia che non merita attenzione perché piatta e bidimensionale, che come Gossip Girl si è fatta una fama solo per gli attori affascinanti e per i drammi.
Niente di più sbagliato. The Bold Type dimostra la sua maturità e originalità proprio perché seleziona i problemi, le discussioni. Le incomprensioni non si protraggono per diversi episodi portando poi a una sequela di cliché inverosimili, ma vengono affrontate di petto. E, come spesso accade nella vita, non sempre superate. Queste serie descrive al meglio le problematiche della società moderna, le difficoltà di una generazione – comprendente i giovani tra i 20 e i 30 anni – che cerca di barcamenarsi tra la competizione e gli ideali personali, costantemente scrutinati.
7) Desperate Housewives
Il pregiudizio di Desperate Housewives si ferma al titolo: “casalinghe disperate” non potrà essere nulla più di una soap, un’americanata che gioca con la vita monotona e, per l’appunto, disperata di alcune casalinghe annoiate. Ma poi iniziate questa serie e vi rendete conto che c’è molto di più dietro e che quel titolo che tanto l’ha penalizzata esprime alla perfezione il suo spirito satirico. Le quattro protagoniste in realtà casalinghe lo sono solo per brevi intermezzi, ma insieme rappresentano quattro sfaccettature del genere femminile. Ognuna corrisponde a un archetipo di donna, di quelli che siamo abituati a vedere in tv fin dai suoi inizi. E poi, pian piano, ciascuna ribalta completamente l’immagine iniziale.
In perfetto equilibrio tra la commedia e il drama, con un pizzico di mistero che tiene incollati allo schermo per otto stagioni. Desperate Housewives è il dramma dall’esistenza umana, della condizione delle donne, una critica sociale nascosta con sapienza tra le righe. Sì, questa serie è molto più che una soap.