Qual è il cliffhanger televisivo che più di tutti vi ha colto di sorpresa? E qual è quello che nonostante tutto è rimasto impresso nella vostra memoria? Un cliffhanger può essere geniale, diabolico, deludente, scontato, cattivo, risolto o irrisolto. Ad ogni modo, la sua efficacia si misura nella capacità di scatenare in noi una forte reazione fisica ed emotiva. In gergo tecnico il cliffhanger (che potremmo tradurre come: “appeso alla scogliera”) è un espediente narrativo usato in letteratura, nel cinema e nelle serie televisive in cui la narrazione si chiude bruscamente lasciandoci con una patata bollente tra le mani. Una chiusura “sospesa”, appunto, perché ci lascia appesi con un’informazione che ci terrà svegli per molte notti. Di solito l’interruzione avviene in corrispondenza di un colpo di scena oppure di un momento culminante, generando così una forte suspense che non viene sciolta prima dei titoli di coda. Come fa l’episodio di Breaking Bad che vede protagonista Hank Schrader al pranzo di famiglia organizzato a casa di suo cognato, Walter White. Alcuni cliffhanger ci lasciano appesi fino alla prossima stagione, risolvendo ogni dubbio, mentre altri potrebbero chiudere definitivamente la serie, come avviene ne I Soprano (Perché il finale de I Soprano è così maledettamente geniale). Abbiamo scelto quindi 8 cliffhanger molto diversi tra loro. Alcuni sono geniali, altri invece sono crudeli. Ad ogni modo, la maggior parte ha in comune una caratteristica: l’aver innescato un tam-tam mediatico, fatto di meme, parodie, previsioni, dibattiti e teorie che è andato avanti per lunghi periodi di tempo.
ALLERTA SPOILER
***saltate il paragrafo se non avete visto l’episodio della serie tv menzionata nel titolo***
Ecco 8 cliffhanger, come quello di Hank Schrader in Breaking Bad, che ogni aspirante sceneggiatore dovrebbe studiare.
Sherlock – The Reichenbach Fall, (2×03)
Sherlock Holmes è morto. Tra i numerosi passaggi narrativi che hanno generato polemiche, dibattiti e turbamenti c’è senz’altro il “suicidio” di Sherlock nell’episodio intitolato The Reichenbach Fall. Ispirato al racconto The Final Problem e ad altre opere di Sir Arthur Conan Doyle, il titolo dell’episodio allude alle cascate di Reichenbach, dove si suppone che Holmes e Moriarty morissero nella storia originale. Nel finale della seconda stagione, Moriarty ha messo Londra in subbuglio, commettendo una serie di crimini per i quali si lascia catturare e processare. Scagionato, fa visita a Sherlock: vuole distruggerlo. Sul tetto, il suo nemico giurato gli espone il piano e lo invita a uccidersi per fermarlo, esattamente come farà lo stesso geniale psicopatico subito dopo, sparandosi in testa.
Così Sherlock chiama John per dirgli addio. Poi quel salto dal tetto. Sherlock si è sacrificato davvero per impedire tutte le morti annunciate da Moriarty? Tra cui quella di Watson, che è arrivato appena in tempo per guardare con orrore Holmes tuffarsi nel vuoto. In effetti abbiamo visto il cadavere insanguinato sulla barella e una prima pagina intitolata “Suicide of Fake Genius”. Ancor prima che potessimo metabolizzare il lutto, però, al cimitero, intravediamo l’investigatore osservare John. Titoli di coda. Quel cliffhanger è diventato in poco tempo uno dei più discussi di tutti i tempi. Una messa in scena che ha portato migliaia di fan a speculare sull’impatto con il suolo e a calcolare traiettorie e prospettive.
The Walking Dead – Last Day on Earth, (6×16)
Se non è crudeltà questa non sappiamo cosa altro sia. E non parliamo della violenza perpetrata nel season finale della sesta stagione di The Walking Dead. Ma nell’averci lasciato nel dubbio ancora una volta. La sesta stagione si è conclusa con un cliffhanger davvero crudele, attirando sia critiche che ammirazione. Abbiamo sofferto, sì, ma allo stesso tempo abbiamo apprezzato la costruzione dell’intera sequenza, delirante e altamente adrenalinica al punto da farci percepire il gusto metallico di Lucille. C’è un nuovo sceriffo in città che non ha tempo da perdere e in quattro e quattr’otto costringe il gruppo di Rick in ginocchio. Negan (Jeffrey Dean Morgan) fa il suo ingresso nello show, imponendosi subito come uno dei personaggi più spavaldi, temuti e pericolosi.
Il suo personaggio entra in scena regalandoci un lungo monologo in cui spiega che ora Rick e il suo gruppo lavoreranno per lui e gli daranno la metà di tutto. Ma c’è di più: uno di loro dovrà morire come punizione per avere fatto resistenza. Dopo una macabra conta, Negan sceglie la sua vittima e con la mazza la colpisce ripetutamente. Ma chi ha colpito? Non lo sapremo fino alla prima puntata della stagione successiva. Diretto da Greg Nicotero e scritto da Scott M. Gimple e Matthew Negrete, l’ingresso di Negan è trionfale, malgrado abbia deluso le aspettative di numerosi fan del fumetto. Ad ogni modo, la potenza della scena ha stregato milioni di spettatori che sono rimasti senza fiato. Un nuovo arco narrativo era nato, con un cliffhanger insanguinato tra grida e paura, in un’escalation di violenza.
Game of Thrones – Mother’s Mercy, (5×10)
Scritto dai creatori della serie David Benioff e D. B. Weiss e diretto da David Matto, il season finale della quinta stagione di Game of Thrones è stato visto da 8,11 milioni di spettatori e si è aggiudicato due Emmy Awards come Writing in a Drama Series e Directing in a Drama Series for Benioff, Weiss, and Nutter. Inoltre ha ottenuto il plauso della critica per svariati meriti. Tra questi c’è l’ormai iconica camminata di espiazione di Cersei Lannister, il sapiente uso della CGI e il cliffhanger che chiude l’episodio. Siamo alla Barriera. Jon aveva appena mandato via Samwell, insieme a Gilly e al suo bambino, a Oldtown per diventare un maestro. Intanto tra i Guardiani della Notte serpeggia il malcontento.
Olly e Thorne conducono Jon all’esterno, con una scusa. Una volta fuori, il Lord Comandante si rende conto di essere stato tradito. Thorne, Marsh, Yarwyck, Olly e gli altri, a turno, lo pugnalano, pronunciando la frase “For the Watch” prima di lasciarlo morire da solo nella neve. Rivoli di sangue. Singulti. Fine. Ma noi sappiamo che morto un papa se ne fa un altro, come si dice a Roma. Soprattutto se a Westeros si aggira Melisandre. Jon Snow è morto davvero in quella congiura. Il pugnale gli ha spezzato davvero il cuore, così come ha fatto il tradimento dei suoi compagni. Ma siamo nell’universo di Game of Thrones perciò ai più fiduciosi non restava che tirare un sospiro di sollievo ed esclamare “What Is Dead May Never Die” per ingannare l’attesa. Per tutti gli altri, restavano solo pianti, grida e teorie.
The Good Place – Michael’s Gambit, (1×13)
Cambiamo registro con una comedy spassosissima e intelligentissima che nel finale di stagione ci ha lasciato in sospeso con un cliffhanger letteralmente diabolico. Già, cara Eleanor, sei all’Inferno. Tutti sono all’Inferno! Se fino a quel momento la comedy creata da Michael Schur non era niente di più di una buona comedia, piacevole, un po’ strampalata ma dalle trovate bizzarre e stuzzicanti, con questo cliffhanger, nonché un plot twist davvero geniale, The Good Place si è trasformata in una serie tv perfetta. Scritto e diretto da Michael Schur, l’ultimo episodio della prima stagione ribalta tutto quanto avevamo visto.
È lo scacco matto sia allo spettatore, sia a Michael, il quale è più sorpreso di noi davanti alla mossa giocata da Eleanor Shellstrop. Un personaggio inaspettato che, soprattutto a partire dall’episodio finale della prima stagione, non smetterà più di sorprenderci. A metà puntata, Eleanor realizza che lei e i suoi amici sono sempre stati nel Bad Place al fine di essere torturati da Michael, il quale si è difeso resettando loro la memoria, e a Janet, riavviando così l’esperimento. Eppure, anche questa volta Eleanor ha preceduto le sue mosse. Prima del reset, infatti, ha scritto un biglietto per sé stessa e l’ha infilato nella bocca di Janet. Eravamo di nuovo al punto di partenza, eppure tutto era cambiato. Non ci restava che tuffarci nella seconda stagione.
I Soprano – Made In America, (06×21)
La scena conclusiva di Made in America è la dissolvenza che più di tutte ha fatto infuriare i telespettatori. Così tante domande, così tanta curiosità, nessuna certezza. Più volte abbiamo scritto quanto fosse stata geniale quella trovata, seppur dolorosa. Il destino di Tony Soprano era rimasto appeso “alla scogliera”. Solo dopo 15 anni di speculazioni, il creatore, David Chase, ha ufficialmente confermato in un’intervista a The Hollywood Reporter che Tony era effettivamente morto nel finale della serie trasmesso nel 2007.
Quel finale sospeso è diventato subito un cult. Malgrado coloro che continuano a sostenere che sia uno dei peggiori tiri mancini mai giocati al pubblico. C’è da dire però che, nel male o nel bene, quella chiusura così controversa ha contribuito ad accrescere la notorietà della serie e a renderla, in qualche modo, eterna. Tuttavia, dietro quella brusca chiusura e quel sentimento di timore sospeso è possibile trovare un senso narrativo. Forse Tony è morto. Forse no. Forse non si sentirà mai più felice o al sicuro. Questa è la “morte” implicita nella scena finale. Uno dei series finale tra i più audaci, catartici e stimolanti, capaci di scuotere lo spettatore che viene costretto a trarre le sue conclusioni.
Lost – Through the Looking Glass, (3×22 e 23)
Il finale della terza stagione di Lost è un tripudio di cliffhanger e rivelazioni scioccanti (come del resto lo è ogni puntata delle prime stagioni). Una bomba sganciata in un mare di incertezza perché la rivelazione finale ha ribaltato tutto quello che credevamo di sapere. L’episodio termina con una sequenza flash in cui Jack e Kate si incontrano e discutono in modo confuso riguardo l’isola. All’improvviso, però, ci rendiamo conto che si tratta di un “ricordo futuro”. Questo episodio, infatti, segna anche la prima volta in cui si è utilizzato un flash forward anziché un flashback.
Gli eventi stanno raggiungendo il culmine. Jack sta guidando il gruppo verso i soccorsi mentre Charlie lotta per portare a termine la sua missione dalla stazione sottomarina (Not Penny’s Boat). Siamo su una pista di un aeroporto. Un’auto si ferma dietro quella di Jack ed esce Kate. I due parlano di funerali, rimpianti e del volo Oceanic. A un certo punto, Kate gli dice che deve andare perché “lui” si chiederà dove sia. Kate gli dice addio e mentre se ne va Jack urla: “Dobbiamo tornare indietro, Kate! Dobbiamo tornare indietro!” mentre un aereo decolla sopra la loro testa.
Twin Peaks – Beyond Life and Death, (2×22)
Fatta eccezione per i finali aperti, come quello de I Soprano, oppure per i cliffhanger che chiudono la stagione di una serie che non verrà rinnovata, solitamente, nel giro di qualche anno il nodo verrà sciolto, si spera, allontanando ogni dubbio. Ma come sappiamo per Mr. Frost e Mr. Lynch le regole non valgono. Loro le regole le fanno. E così hanno dato vita a un cliffhanger che è durato 24 anni. A loro discolpa, l’attesa non era premeditata. La seconda stagione non aveva ottenuto gli ascolti sperati e, di conseguenza, Twin Peaks non è stata rinnovata per una terza.
Il 10 giugno 1991 andava in onda il ventiduesimo episodio diretto da David Lynch e scritto da Mark Frost, Harley Peyton e Robert Engels. Nell’episodio finale, l’agente Cooper va nella Loggia Nera per salvare Annie, ma qui incontra il suo doppio malvagio. Solo uno uscirà dalla loggia. Nello specchio, però, abbiamo visto il riflesso di Killer Bob. Proprio lui. Sgomento, panico e agonia. Fortunatamente tutto è stato risolto (per poi essere nuovamente complicato) con la terza stagione di Twin Peaks che è tornata per una serie limitata nel 2017. In qualche modo, però, il lungo intervallo ha giocato a favore di Lynch, il quale ha potuto ambientare la storia ai giorni nostri arricchendo così la trama di nuovi risvolti.
Breaking Bad – Gliding Over All, (5×08)
Chiudiamo questa carrellata di cliffhanger più o meno geniali con uno che difficilmente dimenticheremo. Quello contenuto nel finale della prima parte della quinta stagione di Breaking Bad. Hank (Dean Norris) è seduto nel gabinetto di Walter White (Bryan Cranston) intenzionato a fare spazio per il dolce. Dopo tutto, il pranzo era stato piacevole e ogni tanto ci vuole una pausa dal lavoro. Così, senza pensarci troppo, sceglie un libro di poesie che se ne stava parcheggiato in bagno. Sfoglia qualche pagina finché il suo sguardo non cade su una dedica, sempre con l’estrema nonchalance che contraddistingue il suo personaggio in Breaking Bad. In un baleno, però, il suo sguardo si accende. Sgomento. Così Hank ricostruisce tutte le conversazioni passate, i segnali e le incongruenze, realizzando che Walter White non era altro che Heisenberg. Un contrasto netto. Un istante pieno di significati.
Scritto da Moira Walley-Beckett e diretto da Michelle MacLaren, nell’ottavo episodio dell’ultima stagione l’agente antidroga Hank Schrader unisce i proverbiali puntini. La copia di Leaves of Grass di Walt Whitman contiene infatti una dedica che il chimico Gale Boetticher aveva fatto a suo cognato, di cui ammirava profondamente l’operato. Un cliffhanger mostruosamente geniale che divide in due l’ultima stagione di Breaking Bad e che dimostra quando Hank sia sempre stato l’eroe della storia. E che, in fondo, le idee migliori vengono sempre nei momenti peggiori.
Ci sono voluti 11 mesi di agonia prima di scoprire la reazione di Hank Schrader, il resto è storia.