Capolavoro, come si può parlare di capolavoro?
Un nuovo anno ci sta lasciando, dopo averci regalato un bagaglio di esperienze esistenziali e, come dimenticarcene, seriali. Ormai abbiamo visto Serie Tv di ogni tipo, sempre pronti a stupirci, temendo, in fondo, di non esserne più capaci, di aver perso quella predisposizione alla magia della narrazione per immagini. Esisterà mai una serie, dopo la magistrale prova di Lynch, capace di farmi strabuzzare gli occhi e stare con il fiato sospeso in quel modo? Mi chiedevo io, fan sfegatata di Twin Peaks. Suppongo che, cambiando il titolo della Serie Tv, questo discorso sia piuttosto generalizzabile. Ora, è chiaro che mi sia capitato di vedere prodotti molto, molto validi, appassionanti, coinvolgenti, ben confezionati, al di là di quella follia su Laura Palmer, ma non sono qua per raccontarvi quest’esperienza. L’oggetto di questo testo è qualcosa che va oltre il concetto di “buon prodotto”. Nell’anno appena trascorso mi è capitato di trovarmi di fronte ad alcune Serie Tv e, a stagione finita, pensare: Ma è un capolavoro! Diciamo che appendere una simile etichetta a fine prima stagione è forse prematuro, per questo asseriamo di sentirne ancora solo il profumo, speranzosi che le seconde stagioni siano una conferma e non una smentita.
Eccovi dunque le 5 Serie Tv nate nel 2016 che profumano di capolavoro (l’ordine è totalmente casuale)
1) Stranger Things o della nostalgia e del mistero
Una Serie Tv che si guarda d’un fiato. Prendete un buona dose di nostalgia degli anni ’80 (di tutto quello che è stata la cultura degli anni ’80: film, videogiochi, vestiario, canzoni), mescolatela con un bel po’ di mistero, aggiungete poi cinque ragazzini, una spruzzatina di King, mezzo cucchiaio di Spielberg, la vostra curiosità circa la vasca di deprivazione sensoriale e l’Upside Down e infornate. Provate a dirmi che non la mangereste in un sol boccone, quella torta! Il caso di Stranger Things è parzialmente dissimile dai casi seguenti. La verità è che l’impatto che questa serie ha sullo spettatore, la sua grandezza, è quasi totalmente emotiva. Matt e Ross Duffer hanno saputo ideare un prodotto che parla dritto al cuore dello spettatore che sa di aver provato la prima volta l’ebbrezza del volo sulla bicicletta Elliott (il bambino di E.T.- L’extra-terrestre), di aver visto rappresentato il senso più profondo dell’amicizia in Stand by me, di aver scoperto la paura leggendo Carrie o guardando Lo squalo. Stranger Things coccola lo spettatore nella culla della nostalgia e, al contempo, lo tiene sulle spine del mistero. L’interpretazione dei giovanissimi attori e di quelli più esperti (Winona Ryder, per dirne una) è magistrale: la simpatia di Dustin, la forza di Eleven, la disperazione di Joyce colpiscono lo spettatore che, inevitabilmente, si sente legato a questi personaggi. La grandiosità di Stranger Things sta tutta qui: è riuscita a unire le citazioni più nostalgiche a interpretazioni magistrali: come suonare meglio le corde del cuore? La prima stagione ci ha fatti innamorare, alla seconda il responso definitivo.