2) Camping
Dopo il successo di Girls, Lena Dunham si proietta nella natura con una serie che avrebbe lo scopo di evidenziare tutte le nevrosi dell’uomo contemporaneo. In uno scenario bucolico, alcuni amici si sottraggono al caos della città. In una deprivazione volontaria delle agiatezze, però, ecco emergere i mille problemi di un uomo di città, ormai distante dal contatto con la natura. Jennifer Garner, scelta come protagonista, è una tipica nevrotica ossessionata dal controllo. Ma attorno a lei ruotano personaggi altrettanto particolari e, ognuno a modo suo, ossessivi.
Il problema di Camping è tutto nella sua totale inconsistenza. Non si ride quando si dovrebbe, non si riflette mai. Lena Dunham, incomprensibilmente spintasi fuori dal suo spazio di comfort, quello urbano, fallisce clamorosamente. Tanto spaesata quanto i suoi personaggi, aleatori, fragili, sottili come carta velina. Scene e situazioni imbarazzanti, individui fastidiosi, e un copione totalmente piatto. Non possono molto i pur abili attori di fronte a tanto sfacelo. Figure bidimensionali, per nulla sviluppate, compresa la stessa protagonista che pure riceve maggior attenzione del resto della combriccola. Che dire? Tra le comedy attuali non sfigura. Ma solo perché in questi mesi siamo andati incontro a uno dei vuoti realizzativi più seri dell’intera storia delle sitcom.