Rieccoci con un’altra carrellata velocissima di 20 stereotipi, detti anche cliché – perché i suoni onomatopeici sono più simpatici – che persistono e resistono a discapito dei tempi che cambiano. Si nascondono ovunque, talvolta anche nelle serie tv più progressiste. La serialità attuale si dimostra sempre più allergica allo stereotipo e offre degli esempi di creatività narrativa sempre più ammirevoli. Soluzioni intelligenti e innovative, capaci di offrire nuove chiavi di lettura della realtà e perfino di sorprenderci. Così, quando troviamo un cliché nelle serie tv più recenti, vorremmo sbuffare come teiere. Le cattive abitudini sono difficili da abbandonare, ma anche la pigrizia narrativa è difficile da perdonare. Con lo stereotipo si può giocare (volutamente), ma quando viene usato per carenza di inventiva si rischia di annoiare lo spettatore, o peggio, di offenderlo. Lo spettatore è esigente e del Gay BFF e del Surfer Dude non sa più che farsene. Produttori e sceneggiatori, dunque, dateci nuove situazioni, espedienti e personaggi seriali sempre più veri e sempre meno macchiette: vi seguiremo impavidi per 20 stagioni, introduzione, sigla, pubblicità e titoli di coda inclusi.
20 cliché delle serie tv (narrativi, etnici, di genere, culturali, etc.) che non vediamo l’ora di salutare!
1. Il teen drama è solo per i teenager: questo cliché riguarda le produzioni, ma anche la percezione dello spettatore. Il teen drama è un genere televisivo drammatico che fa degli adolescenti il proprio target di riferimento e il proprio oggetto di rappresentazione, ci dice Treccani. Eppure, fin troppo spesso, lo usiamo come fosse un’etichetta negativa. Magari per bollare quelle serie tv come “qualcosa per ragazzini”, come una storia poco seria o di secondo livello. C’è voluto Skins, e poi Misfits, Veronica Mars, Sex Education, Euphoria, 13 Reasons Why, Stranger Things e tantissime altre serie per nobilitare l’adolescenza e raccontarla in modo onesto, nella sua reale complessità. Una serie tv sull’adolescenza (fatta bene) può essere invece una sorpresa interessante soprattutto per gli adulti.
2. Surfer Dude: il tipo che fa surf è spesso belloccio ed è dotato di una miscela di saggezza zen e sbattimento esistenziale; è biondino, ha il doppio six pack – combo birra/addome – e, con ottime probabilità, è australiano. Una rappresentazione in cui rientra, forse, solo l’1% dei surfisti reali.
3. Il Gay BFF: la direzione sta cambiando, ma il cliché del migliore amico gay non vuole proprio dirci addio. Anzi, lo abbiamo interiorizzato a tal punto che non è raro imbattersi in qualcuno che desidererebbe trovare: “un migliore amico gay da spupazzare, come un orsacchiotto, al quale confidare tutti i miei segreti, piangere insieme mentre mangiamo gelato dallo stesso vasetto” . Da minoranza discriminata ad accessorio da sfoggiare con le amiche, è ora di darci un taglio. Consolidatosi nelle serie tv anni ’90, come Sex and The City, questo luogo comune dilaga ancora nelle serie tv più recenti, comeTrue Blood, Unbreakable Kimmy Schmidt, Emily in Paris, Happiest Season e tante, tante, tante altre. Le eccezioni non mancano. Un ottimo esempio in controtendenza lo ritroviamo in Happy endings.
4. L’adolescente è sempre fastidioso: qui torniamo dritti al punto 1. Il “teen drama per ragazzini brufolosi” si consolida negli anni ’90 mettendo spesso in scena le vicende di un gruppo eterogeneo di adolescenti con “piccoli problemi di cuore” e brutti voti a scuola. I malcapitati erano interpretati da attori ultra 20enni che parlavano da adulti e facevano robe invidiatissime dai piccoli spettatori. Così, invece di raccontare la complessità di un’età di cambiamenti e prime esperienze, l’adolescente è finito per trasformarsi nel cliché del mostro bifronte che urla, batte i piedi, si lamenta e non apprezza lo sforzo che i poveri genitori compiono per (non) comprenderlo. Un po’ come Erin di Space Force.
5. Le donne latine non sono tutte Sofia Vergara: il cliché che vede la “donna latina” focosa e sensuale, che sembra uscita da un catalogo di intimo, non vuole proprio estinguersi. La donna latina intesa spesso in generale, poco importa se viene dal Messico o dalla Colombia! Quel che conta è che se il personaggio in questione ha un accento ispanico, molto speso, sarà rappresentata come una miscela esplosiva di temperamento, sensualità, irruenza e color-ahi-ahi-ah-caramba. Un esempio in controtendenza lo troviamo in Encanto, il nuovo musical della Disney.
6. Ms./Mr. Fanservice
Non sarebbe ora di darci un taglio anche con la rappresenta “sexy” (irrealistica) di personaggi che non sono funzionali alla narrazione, ma sono disegnati con certe caratteristiche ipersessualizzate solo per compiacere un certo pubblico di riferimento? Dal poliziotto/a sexy, all’infermiere/a sexy, passando per la bibliotecaria o il postino sexy, il cliché prospera nelle serie tv di ogni tipo, che siano sci-fi, comedy, sit-com o nei drama. Lo sfogo liberatorio, e più soddisfacente, arriva ad esempio da The Boys, quando a Starlight viene imposto di indossare quel costumino striminzito (nel quale è a disagio!) in alternativa a quello che lei aveva scelto e cucito per sé stessa.
7. Bello ma s****o va bene, brutto ma s****o non va bene: se lui ha un brutto carattere, ma è esteticamente piacente, ruberà i cuori e infrangerà i sogni d’amore di ogni donzella. Se lui ha un brutto carattere, ma esteticamente non è conforme ai canoni di bellezza comunemente accettati, ha solo un brutto carattere e di conseguenza allontanerà le belle figliole.
8. I bisessuali amano i triangoli amorosi: poche serie tv intendono la bisessualità come un orientamento sessuale. La maggioranza tende a confonderla con concetti ben distinti tra loro, come il poliamore, il threesome e il tradimento. Se è vero che alcuni bisessuali potrebbero essere parte di un triangolo, è altrettanto falso che tutti i bisessuali ne siano parte. Il triangolo amoroso è un tropo narrativo molto interessante da sviluppare. Ma il rischio di veicolare una rappresentazione fuorviante della realtà è molto alto. Soprattutto se si dà come assodato un concetto errato, come ad esempio che il bisessuale sia “confuso” sul proprio orientamento oppure “stia sperimentando” a discapito di altri. Insomma da spunto narrativo a cliché il passo è breve.
9. Let me get this straight…: quante volte abbiamo sentito la formula “fammi capire meglio”, seguita da un’esposizione inutile che riassume tutti gli eventi accaduti nella puntata fino a quel momento? Troppe!
10. Qualsiasi cosa + “al femminile”: ci sono i film, la stand-up comedy, le commedie, i fumetti e le serie tv, e poi ci sono i film, la stand-up comedy, le commedie, i fumetti e le serie tv “al femminile”. Come se queste ultime fossero un genere a sé stante, appartenente a una macro categoria che ricorda il tavolo dei bambini alle feste dei grandi. Intendiamoci, il tavolo dei bambini è divertentissimo. Eppure la categorizzazione “al femminile” non viene usata tanto per indicare un dato oggettivo (cioè che il progetto è composto prevalentemente da donne), ma come sinonimo di “frivolo”, “leggero”, “lezioso”. Una “serie tv al femminile”, dunque, diventa quella cosa civettuola dove si raccontano cose “superficiali” e “sentimentali”, da “femmine”. E ovviamente una serie tv che riporta questa “etichetta rosa” sarà tenuta a debita distanza dal “vero uomo che non deve chiedere mai.” Però sarà molto amata dal “Gay BFF“.
11. Bad Romance: non trovate anche voi che i drammi e i tira e molla siano uno spunto narrativo troppo abusato? Lo schema amoroso incontro-perdita-riaccensione dell’amore è appassionante, ma ormai è diventato un cliché narrativo scontato. Molti ritengono che le belle storie d’amore senza drammi sarebbero noiose da raccontare. A noi sembra più una scusa tirata fuori per nascondere una carenza creativa. Cari sceneggiatori, vogliamo meno bad romance e più storie intense e mai banali, magari scritte come quella che vivono i protagonisti di Better Call Saul.
12. Follow that car!: “Autista, segua quell’auto”, urlato al povero tassista che si getta così all’inseguimento. Provate a farlo a Roma, se poi “er tassinaro ve mena”, non diteci che non vi avevamo avvertiti.
13. Blind date: tutti i personaggi odiano gli appuntamenti al buio. Poi, stanchi e amareggiati, ma convinti da un’amica (o dal Gay BFF di cui sopra), decidono di lanciarsi in un’ultima uscita disastrosa con uno sconosciuto/a. All’appuntamento, i due malcapitati confesseranno di essere stati costretti e di odiare gli appuntamenti al buio. Poi s’innamorano. Fine.
14. Ugly Guy, Hot Wife: lui è sempre fuori dalla sua portata, lei è un “pregiatissimo bocconcino di prima scelta”. Lui non sente di meritarla, ma lei non è “superficiale” e vede oltre le apparenze; oppure è interessata ai soldi. Il famoso “i 7 si accoppiano con i 7” del dottor House, per farla breve, potrebbe avere un fondo di verità. O forse lo abbiamo interiorizzato a tal punto che diamo per scontato che sia una regola non scritta? Più che dire addio al cliché nelle serie tv, sarebbe interessante vederlo ribaltato più spesso, come è stato fatto in Love (qui trovate 5 Serie Tv rom-com se siete stufi delle solite commedie romantiche).
15. (The real) Boys don’t cry: se ne lamentavano già i Cure ma, sebbene compiamo sempre più passi avanti, il luogo comune secondo cui piangere sarebbe una manifestazione di debolezza che non si addice “a un vero uomo” è ancora molto radicata. E non solo nella serialità. Da Dawson a Rick Grimes ne abbiamo visti tanti piangere. Eppure, un personaggio maschile con i lucciconi (che non sia la spalla comica, l’amico gay o un “effeminato”, un altro cliché) è percepito come qualcosa di atipico, ottimo materiale da MEME. In ogni caso, se un personaggio maschile piange, qualcuno probabilmente gli farà notare che “un maschio vero” non si abbandona mai alle lacrime, neanche in privato.
16. La carta dell’infanzia problematica: un altro cliché narrativo usato come si usa “l’esci di prigione” del Monopoli è quello di giocarsi la carta vincente dell’infanzia infelice e turbolenta, senza aggiungere troppi dettagli, per giustificare il comportamento disfunzionale del personaggio adulto. Il cliché si sviluppa su una considerazione valida. Ovviamente questa non è la sede per disquisire su importanti questioni di psicologia infantile. La nostra insofferenza riguarda piuttosto la pigrizia creativa. Una scusa per svincolarsi dalla caratterizzazione con un semplice: “è un disastro nelle relazioni perché ha avuto un’infanzia difficile.” Stacce, direbbe la coscienza di Zerocalcare.
17. Continua la mia frase: non siete un po’ stanchi del personaggio che prosegue la frase dell’altro per evidenziare (allo spettatore distratto) quanta sinergia ci sia tra i due, anche se non si conoscono ancora? Noi sì.
18. Il “difetto” fisico: capita spesso che l’antagonista, o il personaggio considerato “strano”, abbia “un’anomalia” fisica di qualche tipo. Pensiamo, ad esempio, ai personaggi con albinismo, spesso vittime dello stereotipo secondo cui sarebbero “strane” o peggio ancora “cattive”. Una tendenza che risale ai fumetti, ai romanzi e, di conseguenza, riscontrabile anche nelle serie tv, come Black Lightning, Carnivàle, The Man in the High Castle e tante altre serie tv.
19. All Girls Want Bad Boys: ma è vero o no che le ragazze desiderano sempre il ragazzaccio? Lo stereotipo secondo cui le donne sarebbero attratte dagli uomini maleducati e ribelli, per evitare la parola con la *S*, è ancora duro a morire. Gli esempi nelle serie tv sono tanti e altrettanto variegati. Si va dagli antenati, come Fonzie, fino ai più insospettabili in Game of Thrones, in Dexter, in Gossip Girl e una lunga, lunghissima lista.
20. La “zitella” con i gatti: chiudiamo questa carrellata con il classico dei classici cliché delle serie tv. Quel sottinteso: “finirai single e circondata da gatti, come la protagonista di Call Me Kat, se non ti accasi entro gli “enta”. Una vera e propria minaccia. Come se al compimento dei 30 anni arrivasse la fatina madrina a trasformare tutte le single in “gattare” infelici. Ovviamente non è così, sappiamo tutti che si può essere infelici anche con un cane.
Gli archetipi e i tropi narrativi, se abusati, finiscono per scollarsi dalla realtà a tal punto da trasformarsi in foglietti di carta appiccicosi, incapaci di riflettere le sfumature e la complessità dell’epoca attuale. Facciamoli volare via questi benedetti cliché delle serie tv! La nostra finestra è aperta. Così come Wendy aspettava Peter Pan, anche noi aspettiamo nuove situazioni, nuovi espedienti narrativi e nuovi personaggi, sempre più veri e sempre meno stereotipati.