Colin Farrell è un attore e produttore nato in Irlanda nel 1976. Il suo debutto a metà degli anni ‘90 è stato piuttosto ignorato fino a quando non ha esordito nel film Zona di Guerra del regista e attore Tim Roth, (indimenticabile Zucchino in Pulp Fiction, e pianista virtuoso ne La leggenda del Pianista sull’Oceano). La pellicola di Roth è stata riprodotta nei migliori film festival del mondo, facendo così conoscere e apprezzare il nostro amato irlandese. Ha inizio in questo modo la sua ascesa nel mondo Hollywoodiano più conosciuto e in quello delle produzioni indipendenti più interessanti.
Colin è un attore poliedrico, ironico e istrione capace di passare dai ruoli più faceti (Come ammazzare il capo…e vivere felici, Miami Vice) a quelli più drammatici e surreali (In linea con l’assassino, The lobster). Nella sua lunga filmografia ha lavorato con i maggiori interpreti mondiali e con i registi più accreditati. Per la sua capacità attoriale, e anche per la turbolenta vita dentro e fuori dai set, è stato definito come l’erede della generazione dei Bad Boys di Hollywood, in cui si annoverano James Dean, James Caan, Marlon Brando, Steve McQueen e Al Pacino.
Con oltre 50 film all’attivo, non è stato semplice selezionare le sue 5 migliori interpretazioni.
1) Tigerland (2000)
Grazie alla pellicola di Tim Roth di cui abbiamo parlato poco sopra, Colin Farrell viene scoperto da Joel Schumacher, uno dei registi più attivi e frenetici degli anni ‘80 e ‘90 (Un giorno di ordinaria follia, 8 mm – Delitto a luci rosse, solo per citarne alcuni).
Il film è ambientato negli Stati Uniti nel 1971, in un campo di addestramento militare soprannominato Tigerland, su cui aleggia per tutti i soldati la partenza per la guerra del Vietnam. Colin interpreta Roland Bozz, recluta riluttante alla guerra, al servizio di leva obbligatorio e alla disciplina in generale. Il film è incentrato sullo scontro – incontro tra Roland e Paxton (interpretato da Matthew Davis) suo commilitone arruolatosi volontariamente e pronto a morire per il Sogno Americano.
La pellicola è girata con maestria ed eleganza. Sebbene non ci siano grandi effetti speciali, la buona sceneggiatura e il brio attoriale di Farrell la fanno emergere tra i film del panorama guerresco. Durante i 100 minuti di proiezione vedremo Roland Bozz districarsi tra un una guerra di finzione e una guerra reale che incombe sulla sua vita, tra sergenti di ferro e proteste pacifiste, tra soldati spietati e vere amicizie. Che ne sarà di sé e del suo comprimario Paxton? Sarà Tigerland a distruggerli come uomini e a trasformarli in macchine da guerra? Sarà il Vietnam a cambiarli per sempre?
2) Minority Report (2002)
Non credo che questo film abbia bisogno di presentazioni, ma per chi non se lo ricordasse, è una pellicola basata sul racconto fantascientifico “Rapporto di Minoranza” dello scrittore di culto Philip K. Dick, diretta da Steven Spielberg e con un cast stellare (Max Von Sydow, Samantha Morton, Neal McDonough) tra i quali spicca Tom Cruise contrapposto a Colin Farrell.
La storia è ambientata nel 2054 a Washington, in un futuro distopico in cui i crimini violenti possono venire predetti e anticipati dai Precog, individui dotati di poteri di preveggenza. A essere punito non è l’omicidio in sé, ma la volontà di compierlo.
“Non c’è niente di sbagliato nel sistema. È perfetto”, spiega il capitano della divisione precrimine John Anderton (Tom Cruise). “Sono d’accordo. Se c’è un errore, è umano”, replica Danny Witwer (Colin Farrell), agente federale a caccia di errori proprio in quel sistema.
La trama si sviluppa su questa dicotomia e apre alla complicatissima questione del libero arbitrio. Colin sarà l’antieroe umano e scettico che si contrappone all’eroe indefesso ma dai piedi di argilla interpretato da Tom Cruise. Una battaglia ad alto stile recitativo tra le iconiche scene nell’istituto precrimine, le scene d’inseguimento e quelle all’interno della fabbrica di auto. L’imperfezione umana riuscirà a scalfire il sistema perfetto?
3) The New World (2005)
Cosa può accadere quando un regista di culto come Terrence Malick (La sottile linea rossa, L’albero della Vita) e un attore del calibro di Colin Farrell mettono in scena la storia di Pocahontas? Probabilmente tutti abbiamo in mente la versione fiabesca e cantata portata sul grande schermo dalla Disney a metà degli anni ’90.
In The New World però le canzoni per bambini e il lieto fine vengono sostituiti da una realtà spiazzante: l’incontro-scontro tra i primi inglesi ad arrivare in Virginia e i nativi della tribù Powhathan. I marinai capitanati da John Smith (Colin Farrell) inizialmente convivono pacificamente con la tribù, fino a quando però le differenze culturali prendono il sopravvento, portando le due fazioni allo scontro aperto. È in questo contesto che avviene l’incontro e il successivo innamoramento tra John e Pocahontas.
Colin Farrell riesce a incarnare alla perfezione il capitano di vascello, l’esploratore silenzioso e l’uomo curioso, che si spinge verso orizzonti infiniti attraverso il suo desiderio di conoscenza e di nuove esperienze. La vicinanza con Pocahontas e la sua cultura innocente e primordiale in contatto con il cielo, il mare e la terra, lo porterà in una strada senza ritorno. Il loro scambio è poetico, è un viaggio immersivo nel conoscersi. Il loro sentimento non è fatto solo di parole ma anche di sguardi e di silenzi, di tocchi leggeri, portati per mano da una natura vergine e selvaggia.
Malick attraverso l’interpretazione di Colin e di Q’Orianka Kilcher (Pocahontas) parla al cuore delle persone, abbattendo stereotipi e differenze e regalandoci una bellissima storia di amore.
4) In Bruges (2008)
In Bruges è l’opera prima del regista e commediografo teatrale irlandese Martin McDonagh, il quale porta sullo schermo una commedia nera a tinte crime.
La storia racconta di un omicidio su commissione andato storto e il conseguente ritiro forzato dei due sicari, Ray (Colin Farrel) e Ken (Brendan Gleeson) nell’incantevole cittadina belga di Bruges. Mentre i due protagonisti passano il tempo in una città a loro sconosciuta e circondati da una cultura diversa, il loro capo Harry (Ralph Fiennes, famoso per Schindler’s List e per la saga di Harry Potter) cercherà di sistemare l’incidente.
Ciò che rende fantastico questo film è l’interpretazione attoriale dei due gangster. Se da una parte ricordano Vincent e Jules di Pulp Fiction per i dialoghi pungenti e taglienti su ciò che sta avvenendo intorno a loro, dall’altra emerge un affetto reciproco ma non dichiarato apertamente. Non potrebbero esistere l’uno senza l’altro. Ken ci farà quindi da cicerone lungo le vie di una Bruges invernale e natalizia, raccontandone i luoghi, cercando la pace nelle sale dei suoi musei e ponendosi domande etiche sulla vita e sulla morte.
Mentre Ray, il killer cinico e tormentato, persino depresso, cercherà un proprio equilibrio tra i sentimenti che riguardano il rapporto tra lavoro e vita, su ciò che pensa e vuole davvero, su ciò che riguarda la morte, i sensi di colpa e la pace. Un Colin Farrell perfettamente a suo agio nel ruolo di questo personaggio indisciplinato e caotico e talmente convincente da fargli vincere il suo primo Golden Globe.
5) Gli spiriti dell’isola (2022)
Diretto da Martin McDonagh, questo film ambientato interamente su un’isola al largo dell’Irlanda, è valso a Colin Farrell diversi premi decisamente meritati, tra i quali il suo secondo Golden Globe come miglior attore.
Non è la prima volta che vediamo Farrell lavorare con questo regista, e non è la prima volta che l’attore recita accanto a Brendan Gleeson, entrambi protagonisti di In Bruges, confermandosi essere un duo-attoriale di altissimo livello. Oltre a loro, c’è un terzo attore sempre presente nei film di McDonagh, ovvero l’ambiente circostante. Nel caso di In Bruges era la città stessa, mentre in questo film è la Natura, che li abbraccia e li influenza reciprocamente.
La storia narrata si svolge nel 1923, al termine della guerra civile irlandese. Colm (Brendan Gleeson) è un violinista e Pàdraic (Colin Farrell) è un pastore semplice e affezionato ai suoi animali. I due sono amici di lunga data, fino a quando il loro rapporto viene interrotto bruscamente e senza motivo per volere di Colm.
L’interpretazione di Colin è un susseguirsi di emozioni inespresse. Riesce a trasmettere allo spettatore la sofferenza per l’amicizia perduta senza troppe parole o dialoghi ma, al contrario, utilizzando prolungati silenzi e movimenti facciali quasi impercettibili ma significativi: un sopracciglio inarcato, una smorfia della bocca, una ruga, uno sguardo malinconico e lucido, colmo di commozione.
Il film del resto parte da una storia semplice per raccontare qualcosa di molto più complesso, come la solitudine, l’amarezza di una vita che è passata senza grandi successi, la delusione, il candore. E Colin Farrell attraverso il suo Pàdraic ha dato prova di essere un attore maturo, introspettivo e sincero, dimostrando ancora una volta il suo eclettismo e la sua capacità di interpretare le innumerevoli sfaccettature dell’animo umano.