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Crisis in Six Scenes non è una Serie Tv. E Woody Allen ha perso una grande occasione

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Lui ci aveva avvisato:Sono come un pesce fuori dall’acqua. I film li faccio da decenni e anche le cose sul palcoscenico, conosco il palco e ho visto milioni di opere. Ma questo… Come si fa a iniziare qualcosa, e concluderlo dopo mezzora e poi tornare la prossima volta. Questo non sono io“.  Ci aveva avvisato, ma Woody Allen è un genio imprevedibile, e speravamo in una rivoluzione. Non è successo. Perché Crisis in Six Scenes non è una serie tv. E Woody Allen ha perso una grande occasione.

La noia, talvolta, ha un prezzo da pagare. E un tornaconto sul portafoglio 

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Prima di analizzarla, facciamo un piccolo passo indietro. Woody Allen ha firmato nel gennaio 2015 un contratto che l’ha legato ad Amazon per dirigere la prima serie tv della sua lunghissima carriera. Un progetto ambizioso sul piano economico, meno su quello creativo. Fin da subito, il genio newyorkese ha chiarito con grande sincerità di aver accettato per una questione di soldi e, detto tra le righe, di non aver grande interesse per il mezzo televisivo. Stiamo parlando di un uomo che in tv guarda solo lo sport, d’altronde.

Lui stesso, a metà strada tra il serio e il faceto, aveva profetizzato un flop. Non ci ha mai creduto fino in fondo, ed è venuto fuori un film ad episodi senza anima né originalità. Perché di questo si tratta: un film a episodi. Le serie tv sono altro, e negli ultimi anni si sono evolute trovando un’identità totalmente indipendente dal cinema. Woody Allen non ha avuto interesse a capirlo e non ha colto al volo le potenzialità che offre il mezzo televisivo. Avrebbe potuto creare qualcosa di nuovo, ma non è successo.

Le potenzialità non mancavano: il soggetto di Crisis in Six Scenes, un concentrato di alcuni cavalli di battaglia del cinema alleniano, offriva di per sé uno spunto interessante per una serie tv sui generis. Woody Allen, però, ha scritto il solito film, simile a troppi altri. Gli episodi non hanno un’identità e scorrono lentamente senza una contestualizzazione temporale all’altezza (se si ha voglia di vivere o rivivere gli anni Sessanta, è meglio dare un’occasione a Mad Men) e una caratterizzazione incisiva dei personaggi, abbozzati a più riprese all’interno dei soliti stereotipi, tra troppi dialoghi e poca sostanza.

Woody Allen ha fatto di Crisis in Six Scenes un pretesto per mettere in scena ancora una volta un alter ego alle prese con una situazione surreale. La genialità non si guida mai con il pilota automatico, e persino un mostro sacro come lui ha un prezzo da pagare per la necessità esistenziale di rapportarsi con il pubblico almeno una volta all’anno. Due, in questo caso, se si pensa che il 30 settembre è uscito anche Café Society. Questo non vuol dire che l’esperimento televisivo segni il suo tramonto, affatto: Woody Allen è dato per morente da almeno trent’anni, e solo nell’ultima decade ha creato dei capolavori del calibro di Match Point, Midnight in Paris e Irrational Man.

Ma Woody Allen è sempre Woody Allen 

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Quanto detto finora, tuttavia, non deve far pensare che le due ore circa dedicate a Crisis in Six Scenes siano tempo perso. Non lo sono. Perché Woody Allen è un genio assoluto e scrive divinamente anche dopo aver superato gli 80 anni. Perché il citazionismo letterario, seppure ridondante, offre sempre degli spunti notevoli. Perché si ride, semplicemente, tornando in parte alle sue radici. L’ultimo episodio, in particolare, è esilarante nel suo essere grottesco, e l’omaggio ai fratelli Marx di Una Notte all’Opera è una chicca che merita il prezzo del biglietto.

Woody Allen, nell’essere solamente se stesso, strappa sempre la sufficienza, nonostante tutto. Anche quando regala una prova mediocre ed entra nel mondo delle serie tv dalla porta principale per poi uscire dalla finestra un minuto dopo. Lui lo sapeva fin dall’inizio, e aveva avvisato Amazon, oltre che noi: “Io non so come mi sono infilato in tutto questo. La mia ipotesi è che Roy Price rimpiangerà tutto ciò“. I rimpianti ci sono, e resta il sapore amaro di un’esperienza frettolosa che rimarrà tale. Provaci ancora, Woody. Sei indispensabile, al cinema.

Antonio Casu