Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Exit, Dirty Lines, Kamikaze, All creatures great and small, Derek
Spesso in Europa si tende a far passare le serie tv in secondo piano, anche se negli ultimi anni le cose stanno cambiando. La sensazione è che, oltre a quelle poche serie che fanno letteralmente il botto e conquistano ogni angolo del mondo, molte delle serie europee che escono non abbiano la giusta attenzione. Certo, è vero che molte di queste sono parecchio strane. Ma cerchiamo di definire meglio la parola stranezza: cosa è veramente strano? Cosa ci fa dire “quella serie è proprio strana”? Sicuramente un mood particolare; spesso le serie tv europee vengono male interpretate perché molto radicate alla cultura di appartenenza che, invece di venire considerato un plus, viene considerato come un elemento troppo riduttivo e troppo selettivo. O comunque, meno globale. Invece, le serie tv europee fanno spesso delle proprie radici un punto di forza e queste le spinge, il più delle volte, a raccontare storie bizzarre, con un linguaggio complesso, che le rende, per l’appunto, strane. Ma a ben vedere, della stranezza fanno una virtù (è il caso di Derek, serie di Ricky Gervais completamente improntata sulla stranezza) e fanno bene, perché molte delle serie stranissime che stiamo per elencare vanno assolutamente recuperate, anche solo per guardare un prodotto diverso dal solito e piuttosto unico nel suo genere.
1. Exit
Serie norvegese che definire strana sarebbe quasi riduttivo. Segue le vicende di quattro milionari sociopatici norvegesi che compiono alcune azioni, spesso anche terribili e sicuramente discutibili, nel nome dell’ironia e del divertimento. Ha due stagioni ed entrambe sono disturbanti su tanti livelli: è una sorta di moderno show degli scherzi, riletto in chiave narrativa. I quattro protagonisti non si limitano a far del male a se stessi, essendo tra l’altro consapevoli di farlo, ma non hanno alcun problema a ledere anche chi sta loro intorno, senza remore e senza ripensamenti. Il mood di Exit è provocatorio da una parte ma anche molto satirico nei confronti di una società, quella norvegese, che agli occhi del mondo è ligia al dovere. Il compito dei protagonisti è di sfaldare questo pensiero, arrivando ad esasperarne il suo contrario. La serie è divertente e dinamica, il linguaggio è semplice ma pensato. È la tipica serie che definiremmo, in maniera riduttiva, di intrattenimento. Exit è strana, di una stranezza quasi disturbante e indisponente che diventa, inevitabilmente, il suo punto di forza.
2. Dirty Lines
La trama di Dirty Lines, disponibili su Netflix, si basa sul mondo e sulla vita di una ragazza olandese che, alla fine degli anni Ottanta, decide di dare una svolta alla sua vita e intraprendere un lavoro presso una linea telefonica erotica, ad Amsterdam. La linea telefonica in questione è gestita da due fratelli che, ognuno con le sue peculiarità, entrerà nella vita della protagonista e avrà un ruolo attivo nella storia. Perché Dirty Lines è strana? Questo è uno di quegli esempi in cui la stranezza è più che altro soggettiva, data da un sentimento di disagio e di provocazione che non arriva a tutti. Infatti, la stranezza di Dirty Lines è una stranezza particolare, molto politica. Ci troviamo di fronte ad uno specchio della società olandese a fine anni Ottanta, quando i famosi club cominciavano a prendere piede e il sesso cominciava a liberalizzarsi davvero, rendendosi protagonista della scena culturale olandese. Il linguaggio, anche per questo motivo, è a metà tra l’adolescenziale e il politico e questo risulta molto strano, quasi confuso. Ma Dirty Lines ha la bravura di riuscire, nonostante questo, a convincere e a rimanere molto coerente con se stessa.
3. Kamikaze
È la prima serie originale danese, e già questo la rende una sorta di esperimento che inevitabilmente si porta dietro delle stranezze (anche solo per il fatto di non potersi confrontare con nulla prima di lei, in campo nazionale). Parla di una ragazza che rimane sola dopo un incidente aereo in cui rimane coinvolta e perde la vita tutta la sua famiglia (composta dai genitori e dal fratello minore). Rimane sola in una grande casa, per lo più isolata, a ripensare a cosa sia davvero importante nella vita. La serie ha un mood particolare e complesso ma anche stranissimo: molto freddo e allo stesso tempo dolce, un mood che è difficile da definire ma che rischia spesso di metterci a disagio. La protagonista è spesso da sola sulla scena, anzi lo è il più delle volte, e ha uno strano modo di parlare con sé stessa. Il tema di base è molto criptico e profondo, la ricerca di se stessa e delle cose che contano è un tema che non si affronta con leggerezza. Kamikaze, infatti, si riserva il lusso di rendersi strano, andando ad utilizzare quasi ogni tipo di emozione possibile, come se non volesse tralasciare assolutamente nulla dell’animo umano.
4. All Creatures Great and Small
Questa volta siamo di fronte ad una serie molto tenera, dal fascino tutto inglese. Ad un primo sguardo, infatti, non ci verrebbe naturale di definirla strana; eppure, la sua stranezza c’è ed è anche molto evidente, anche se solo andando avanti con le puntate. È una stranezza alla Wes Anderson, in cui la natura e i colori ci creano uno strano effetto e ci fanno sembrare di stare dentro un bellissimo sogno. Proprio per questo, convince fino in fondo nonostante il primo passaggio di turbamento visivo. Lo humour inglese non manca, a rendere tutto molto surreale: la location è un paesino inglese sperduto nel bel mezzo della campagna, dove arriva il nostro protagonista a sconvolgere un po’ gli equilibri. Ha appena finito la scuola di veterinaria ed è un vero e proprio appassionato del suo mondo. Trova dei personaggi cui inevitabilmente si affezionerà e con cui porterà avanti delle trame spassose e parecchio strane. A differenza delle altre, questa è forse più leggera, meno drammatica e molto più ariosa. La natura è una protagonista assoluta e i suoi colori ci danno un effetto talmente totalizzante da risultare onirico e stranissimo.
5. Derek
È la serie meno conosciuta e forse anche più sottovalutata di Ricky Gervais. Il protagonista è, appunto, Derek, un uomo di circa quarant’anni che lavora in una casa di riposo per anziani. Qui si relaziona, col suo modo già di per sé parecchio inusuale, con dei personaggi strambi ma anche molto dolci e comprensivi. Della stranezza Derek ne fa una costante. D’altronde Ricky Gervais non ha mai puntato sulla normalità, sulla risata facile o sulle storie scontate. I suoi lavori sono unici anche perché provocatori e complessi, anche se spassosissimi e molto strani. Con Derek siamo di fronte ad un tentativo palese di normalizzazione della stranezza, di sdrammatizzazione delle difficoltà. Derek è diverso da tutti, lo sa e ne va fiero. Chiunque incontri la sua via sa benissimo chi sia Derek, come parli, come rida, come faccia ridere. Derek va semplicemente bene così, stupendamente bene così. Con Derek, Ricky Gervais ci insegna a ridere anche di quello che ci mette a disagio, anzi soprattutto di quello che ci mette in imbarazzo. La normalità per Derek non esiste e, a poco a poco, noi che la vediamo impariamo a capire che ha ragione lui, che la normalità è noiosa e che la stranezza è molto più affascinante. E divertente.