Andy Bernard (The Office)
“Credo che di aver voluto alternare la commedia con la serietà. Poi noi sceneggiatori abbiamo constatato che Andy Bernard fosse molto più divertente quando era uno st****o. (…) L’abbiamo fatto in parte perché sarebbe stato via per circa dieci episodi nel bel mezzo della stagione, e in parte perché abbiamo pensato: cosa facciamo se non ci sarà per metà stagione? Dobbiamo pensare qualcosa anche per Erin”.
Greg Daniels, autore di The Office, si era espresso così a proposito della sorprendente evoluzione di Andy Bernard nella nona e ultima stagione di The Office. O meglio, una sorprendente involuzione. Un ritorno alle origini, sgradito da gran parte del fandom. Come evidenziamo anche nell’articolo dedicato appena riportato, d’altronde, Andy nasceva per essere un personaggio piuttosto negativo. Seppure in un contesto prettamente comico, Andy si presentava con tratti spigolosi, spesso fastidiosi. Fastidiosi ed estremi, al punto da rappresentare un contraltare ideale per i solidi equilibri della serie. Una vera e propria spina nel fianco per i personaggi preferiti, esasperata per generare situazioni surreali e divertenti.
Poi, nel tempo, il personaggio era cambiato profondamente ed era diventato uno dei più amabili: generoso, romantico e gentile, Andy aveva ribaltato le prospettive. Nell’ultima stagione, però, il nuovo switch: per esigenze di trama, a quanto pare concordate anche con Ed Helms (assente per buona parte del tempo per via di altri impegni lavorativi), Andy è tornato quello dei primi tempi, subendo un destino spiazzante e inadatto alla natura ormai consolidata del personaggio. Un peccato, vero: in nome di alcune gag e di un rimescolamento dello status quo, si è rovinato un personaggio d’alto profilo. Se si parla di finali alternativi per i personaggi delle serie tv, la sua presenza è imprescindibile.
Charlie Harper (2 uomini e mezzo)
Piaccia o non piaccia, Charlie Harper è considerabile senza alcun problema uno dei personaggi più iconici degli ultimi vent’anni di serie tv. Non mancano le rivalutazioni a posteriori, figlie di una sensibilità diversa da parte del pubblico contemporaneo, ma il punto resta: è un personaggio che ha lasciato un segno profondo. L’ha fatto per anni grazie al successo di Due uomini e mezzo, in gran parte trainato dalla sua vis comica. E l’ha fatto, soprattutto, grazie all’interpretazione carismatica di Charlie Sheen. Poi, però, qualcosa si è spezzato irrimediabilmente: i problemi sul set sono diventati sempre più importanti e Charlie Sheen avrebbe palesato, secondo molte ricostruzioni, un carattere piuttosto complesso da gestire.
Tutto ciò è culminato nell’interruzione del rapporto nel 2011, al termine dell’ottava stagione. Due Uomini e Mezzo, tuttavia, è andata avanti per altre quattro stagioni. Il grande successo delle prime annate era ormai alle spalle, ma la serie ha comunque retto botta con sorprendente caparbietà. Di Charlie non si è più vista l’ombra, se non attraverso alcuni riferimenti più o meno diretti. Fino al finale, andato in onda nel 2016.
A pochi istanti dal termine di un finale piuttosto bizzarro, ma tutto sommato interessante, ricomparve Charlie. Charlie Sheen non c’era e quella che vediamo è una sua controfigura, di spalle. Si ripresentava alla porta della sua villa, ma all’improvviso il suo pianoforte gli crollava sopra, probabilmente uccidendolo. La serie si conclude con un’inquadratura allargata che arriva poi a Chuck Lorre, autore della serie, mentre sorride sardonicamente. Lo showrunner sembra essersi così vendicato dopo aver avuto tanti problemi con Charlie Sheen, finendo per coinvolgere il personaggio.
Un personaggio che avrebbe meritato un destino diverso, senza ombra di dubbio. Un finale qualunque tra i finali alternativi possibili per personaggi del genere. Ma non questa roba, affatto.
“Una vendetta infantile”, scrivemmo. Ecco, appunto.