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7 Serie Tv che hanno trattato in maniera delicata e realistica il tema della solitudine esistenziale

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Non importa quante persone abbiamo accanto a noi, la solitudine esistenziale continuerà comunque a essere la nostra migliore amica. Entrandoci nelle ossa, si insidia dentro di noi andando a compromettere sia il rapporto con noi stessi che con gli altri. Per quanto rumore possa esserci fuori, il silenzio che avvertiamo dentro non lo può fermare niente. E’ un silenzio rumoroso, un continuo ticchettio di parole non dette composte al 90% da vulnerabilità e dolori a volte incomprensibili per chi ci sta accanto. Questa sensazione l’hanno spiegata bene diverse Serie Tv che da sempre ci hanno fatto quasi da guida, che sono state capaci di guardarci dentro e di capirci spesso più di qualsiasi altra persona. Fleabag, ad esempio, è riuscita a raccontare la solitudine esistenziale di una donna di trent’anni impaurita dalla sola possibilità di rimettersi in gioco, ma profondamente consapevole della propria autodistruzione. Perché è proprio così che funziona: molto spesso chi soffre di solitudine esistenziale è anche perfettamente consapevole della sua condizione riconoscendosi come fautore stesso di quest’ultima. Fleabag questo ha saputo raccontarlo bene, ma non è l’unica Serie Tv ad averlo fatto. Vediamo insieme quali altri produzioni seriali sono state in grado di trattare questo argomento attraverso il perfetto equilibrio tra realismo e delicatezza.

Da Fleabag a BoJack Horseman: ecco 7 Serie Tv che hanno trattato in maniera delicata e realistica il tema della solitudine esistenziale

1) BoJack Horseman

BoJack Horseman
BoJack Horseman (640×360)

BoJack Horseman è forse il padre seriale della solitudine esistenziale, il personaggio che più ha fatto di questa condizione un vero e proprio simbolo di sé. Conscio della sua autodistruzione, BoJack continua a soffocare nella sua solitudine non trovando mai in se stesso una ragione abbastanza valida per cercare di riprendere il respiro. I suoi legami familiari hanno condizionato la sua vita a tal punto da portarlo a non credere mai nei rapporti. Ma la cosa peggiore, probabilmente, è che BoJack è incapace di credere in se stesso all’interno di un legame. Non pensa di poterlo sopportare, non si sente all’altezza, si dà per spacciato prima ancora di farne parte. Avete presente quella frase che dice che ognuno accetta soltanto l’amore che pensa di meritare? Il cavallo antropomorfo di questa grande serie pensa di non meritarne neanche un po’. Crede fermamente che chiunque si avvicini possa amarlo soltanto fino al momento in cui non lo conoscerà del tutto. Una volta fatto questo passo smetterà di amarlo. In questo modo BoJack Horseman non si rende conto dell’amore che gli altri provano nei suoi confronti, dei suoi punti di forza, di tutte quelle cose che potrebbero ancora salvarlo. Non importa se tutto quello che la serie ci racconta sia frutto di un immaginario mondo fatto da animali parlanti che convivono con persone umane, quanto narrato riporta sullo schermo uno spaccato di realtà in cui – chi conosce questa condizione – non può fare altro che riconoscersi.

2) Normal People

Normal People
Normal People (640×360)

Marianne e Connell vivono la vita nello stesso modo in cui li vediamo in questa immagine: vicini, ma non così tanto da toccarsi troppo, e in perenne sospensione. Complici di un rapporto puro ma molto spesso disfunzionale, i due protagonisti di Normal People non riescono mai a sentirsi al posto giusto nel momento giusto. Credono fermamente che qualsiasi cosa capiti abbia il solo scopo di allontanarli e fargli del male, e per tal ragione hanno smesso di fidarsi del mondo e di loro stessi. L’unica cosa che ancora gli restituisce un po’ di forza è il loro legame indissolubile, un legame che rimane anche quando loro cessano di avere un rapporto diretto. E’ nel silenzio che i due protagonisti si sono amati e riamati. E’ in quella lontananza che spesso si sono ritrovati. Da soli non riescono, sono troppo deboli e fragili, perennemente disillusi e stanchi. Il peso del mondo sembra totalmente schiacciato su di loro, e Normal People questo lo sa spiegare bene. La serie riesce infatti a narrare più di quanto fossimo pronti ad ascoltare. Perché non siamo di fronte a una produzione di genere sentimentale, ma a qualcosa di più. Normal People racconta la vita attraverso il loro legame, utilizza il mezzo dei sentimenti narrando quanto sia complesso vivere in un mondo così instabile e incostante. L’unica cosa che regge è il loro rapporto, anche quando tutto minaccia la fine. Anche quando credono, per l’ennesima volta, di non potercela fare.

3) Fleabag

Fleabag (640×360)

Il realismo con cui Fleabag affronta la solitudine esistenziale rimane tuttora uno dei regali più belli che le Serie Tv ci abbiano mai regalato, anche se doloroso. A trent’anni sai tutto e niente. Non sei così grande e non sei neanche così giovane. Sei nel limbo, un limbo in cui ti perdi e ti riperdi cercando un posto nel mondo che Fleabag crede di non avere il diritto di avere. Tra sensi di colpa e una pessima considerazione di sé, la protagonista cede ogni giorno al proprio istinto di autodistruzione, alla certezza di non meritare niente. Per questa ragione spesso scappa dai legami che chiedono qualcosa di più trovando stabilità soltanto nell’instabilità. La seconda stagione mette la protagonista nelle condizioni di dover provare a rischiare per un rapporto che finalmente sembra poter essere la sua via di fuga. E lo è, anche se nulla va come avremmo sperato. Eppure Fleabag lo accetta. E’ naturale per lei che le cose si distruggano, soprattutto se sono belle. Nonostante ciò, il rapporto impossibile con l’uomo che ha forse sempre aspettato riesce a restituirle qualcosa, a consegnarle la consapevolezza di essere ancora capace di amare. Le fa paura, ma finalmente dentro di sé sente qualcosa che non ha a che fare soltanto con il vuoto, ma con qualcosa che potrebbe colmarlo ridandole un nuovo punto di partenza.

4) Patrick Melrose

benedict cumberbatch patrick melrose
Patrick Melrose (640×360)

Patrick Melrose è un dramma senza tempo costituito da diverse linee temporali. All’interno della serie tutto è in movimento, tutto cambia e si rivoluziona coerentemente al percorso di vita che ognuno di noi compie, ma ciò che non riesce proprio a cambiare è il protagonista. Patrick Melrose, forse come BoJack Horseman, vive una vita completamente manipolata e condizionata dal suo passato turbolento. Non crede più in niente, neanche in se stesso. Cerca il disordine, perché questo è l’unico posto in cui riesce a riconoscersi. I suoi legami sono spesso disfunzionali. Per questa ragione il suo matrimonio, fatto di cose normali, non è il posto in cui riesce a riconoscersi. Durante gli anni con sua moglie cerca altro, una via di fuga che possa farlo sentire ancora libero di poter sbagliare come meglio sa fare. Rovinare tutto quello che ha attorno è probabilmente l’unica cosa che riesce a portare avanti senza errare, raggiungendo così il suo obiettivo. Patrick Melrose racconta il tema della solitudine esistenziale in modo estremo e realista, ma a volte perfino delicato. Non riusciamo a odiare Patrick perché ci riconosciamo in lui, nella sua storia senza lieto fine che giunge al termine con un accenno di luce che non vediamo entrare del tutto. Patrick, d’altronde, non è ancora pronto alla luce. Forzarla significherebbe cambiare l’essenza della serie, la sua natura così realista. Nessuno di noi si sveglia in un giorno qualunque decretando che sia quello buono per ricominciare a star bene. E’ tutto frutto di un percorso che Patrick sembra finalmente cominciare, e di cui noi non conosceremo mai il futuro.

5) Rectify

Rectify (640×360)

Daniel è ha vissuto all’interno di quella cella del carcere penitenziario per ben 19 anni. La solitune esistenziale, insomma, è stata quasi un processo naturale. All’interno di quelle mura è rimasto da solo con se stesso sentendo come unico rumore solo quello dei suoi pensieri. E che rumore che facevano. Considerato colpevole per l’omicidio della sua fidanzata Hannah, Daniel vive per 19 anni con il peso della sua innocenza, con la consapevolezza di aver visto morire la sua fidanzata senza poterla in alcun modo aiutare. Perché tra quelle sbarre è andato lui, non il vero colpevole. Questo drammatico evento porterà il protagonista a sviluppare un senso di sfiducia nei confronti di quel mondo che condanna gli innocenti e lascia liberi i colpevoli. Il momento più difficile probabilmente si concretizza quando Daniel deve lasciare il carcere e tornare alla vita vera. Ma qual è davvero la vita adesso? Quella che ha vissuto dentro quelle mura strette o quella che lo aspetta fuori? Sono troppe le domande senza risposta che Daniel ogni giorno si pone, e il ritorno alla vita vera non lo aiuterà a tirarsi fuori da questo loop. Rectify non tratta soltanto la tematica della solitudine esistenziale: Rectify è la solitudine esistenziale. La serie non fa infatti sconti portando il telespettatore a interrogarsi, a riflettere e a mettersi in discussione, ponendosi forse le stesse domande di Daniel. Come reagiremmo se tutto quello che abbiamo ci venisse tolto? La solitudine esistenziale di Daniel ci dimostra che questa condizione non ha a che fare con quante persone abbiamo accanto, ma con tutto ciò che ci portiamo dentro.

6) After Life

After Life (640×360)

After Life è una Serie Tv estremamente realista e drammatica, ma anche delicata. Attraverso il tema del lutto, la serie riesce infatti a raccontarci la solitudine di un uomo che non riesce più a vedere la luce. Non crede che sia soltanto questione di tempo o di abitudine. Quella morsa così dolorosa farà sempre male. Lisa non tornerà, e questo è un gran problema. Lei era l’unica capace di stargli accanto, di leggere la sua solitudine come nessun altro. Era il pilastro della sua vita, e adesso che non c’è più tutto sembra pronto per cadere. After Life non racconta come prepararsi a un lutto, ma affronta direttamente la tematica privandoti di qualsiasi tipo di consolazione. Non ci sono speranze, non ci sono punti di appoggio. L’unica cosa che sussiste ancora sei tu insieme a un dolore che si ancora a te e con cui nutri un legame disfunzionale. Perché ti fa male, ma è forse l’unica cosa che ti rimane per sentire ancora vicino chi non c’è. Hai paura di dimenticare, e così te lo tieni stretto più vicino che puoi finendo per viverci dentro, per alimentarlo, per non farlo andare via. La solitudine esistenziale in questo caso arriva dritta nello stomaco, passa dalle ossa e ti si ficca in testa, non lasciandoti più vedere quell’ipotetica luce che potrebbe ancora accendersi.

7) The End of the F***ing World

The End of the F***ing World (640×360)

Ci si può salvare anche quando i presupposti sono totalmente diversi, chiedetelo a James e Alyssa. I due adolescenti non nutrivano alcuna pulsione nei confronti del mondo. I loro sentimenti erano spenti e privi di strumenti capaci di riaccenderli. Il loro rapporto è cominciato nel modo più singolare possibile e, proprio quando non se lo aspettavano, gli ha restituito la meraviglia di un legame. Loro sono ancora gli stessi di un tempo. Credono che l’intera popolazione si affanni inutilmente per il raggiungimento di obiettivi superficiali e inutili, ma almeno sono insieme. Nella loro disgrazia, nella loro solitudine, si sono ritrovati provando per la prima volta qualcosa capace di andare oltre l’apatia. Anche se sembra surreale, The End of the F***ing World parla della solitudine esistenziale della nuova generazione, raccontando come la disillusione sia diventata la peggior nemica di chiunque. La serie riesce a parlare della salute mentale senza mai edulcorare o romanticizzare quanto sta accadendo, riuscendo così a parlare di questo tema così delicato in modo realista e rispettoso.

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