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Perché Friends condiziona ancora oggi la storia delle Serie Tv

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Negli anni ’90 le Serie comedy spopolavano. Erano gli anni di Seinfeld, I Robinson e Willy, il principe di Bel-Air. Erano gli anni della gioventù di alcuni di noi e dell’infanzia di altri. Anni leggeri e felici in cui il mondo realmente poteva apparirci come una gigantesca commedia dalle luci calde e sfavillanti. Eppure, già allora c’era qualcosa che non tornava, qualcosa che ci dava la sensazione che tutte quelle Serie Tv avessero un non so che di fittizio, irreale.

Per questo, quando nel lontano 1997 Friends fece il suo debutto in Italia capimmo che finalmente si era prodotto qualcosa di diverso. Capimmo che quella Serie ci avrebbe accompagnato nella nostra crescita e sarebbe essa stessa cresciuta con noi. Nel maggio del 2004 l’episodio che chiuse il cerchio e ci fece dire addio agli “Amici” del piccolo schermo fu visto da più di cinquanta milioni di persone. Una parte di noi rimase lì, piantata sul quadro di quel tubo catodico. Lì capimmo che la nostra infanzia era finita. Noi come Joey sentimmo più di tutti gli altri il peso del dover andare avanti e di come ogni cosa non sarebbe più stata la stessa. Quegli anni non sarebbero più tornati e ognuno avrebbe intrapreso nuove, autonome strade.

Non è facile descrivere cosa abbia reso Friends così importante nella serialità, cosa lo abbia fatto apprezzare talmente tanto dal pubblico da costringere anche la critica a riconoscerne l’indubbio valore. Bisogna scavare a fondo per comprendere la profonda novità che questa Serie ha restituito. Una novità che è stata anche innovazione, capace, ancora oggi, di influenzare in maniera determinante un intero universo televisivo gettando le basi per futuri, straordinari successi seriali.

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Quando durante la prima stagione facemmo la conoscenza di Joey, Ross, Rachel, Chandler, Monica e Phoebe trovammo persone reali.

Trovammo la vita di tutti i giorni e scoprimmo in ognuno di quei personaggi le nostre debolezze e le nostre ossessioni. La bontà un po’ farfallona di Joey, la pignoleria di Ross, l’ossessività di Monica, la frivolezza di Rachel, la leggerezza di Phoebe. Ognuno di quei personaggi ci apparve dannatamente reale e eccezionalmente credibile nei suoi modi. Pregi e difetti si accavallavano costantemente e si fondevano in un incontro-scontro tra un personaggio e l’altro. Per la prima volta scoprimmo cosa significasse “shippare” qualcuno, ci scoprimmo cioè a tifare per il lieto fine tra Ross e Rachel – anche se tra i nostri amici mai mancò chi si opponeva alla coppia -. E così un primo filone di trama scivolò via per dieci stagioni tra alti e bassi, tra speranze tradite e rinnovata fiducia nel buon esito della storia d’amore.

Ma contestualmente all’amore, a un amore per nulla scontato e facile quale fino ad allora i film c’avevano mostrato, Friends ci regalava anche altro. Naturalmente la leggerezza di sederci, calarci in quel mondo fatto di due appartamenti e un bar e sentirci protetti. Ma oltre a questo, oltre a quello che una qualunque comedy pure era già in grado di restituirci c’era dell’altro.

La forza della caratterizzazione dei personaggi. Per quanto bozzettistici essi pure fossero, immediatamente riconoscibili nella loro natura, c’era qualcosa di nuovo. Perché Monica non rimase sempre e solo la maniaca dell’ordine, materna amica e pragmatica ragazza. Chandler non era solo lo scapolo incapace, ironico e cinico. E perfino Joey non restò l’ingenuo e affascinante ragazzo di sempre. Ognuno di loro compì un percorso personale, di crescita e maturazione. Qualcosa che fino ad allora mai avevamo visto in una Serie Tv, tantomeno in una comedy. Qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la televisione.

Per la prima volta sullo schermo ci trovavamo di fronte a una dramedy, capace di unire profondità psicologica a leggerezza caratteriale.

Ecco, su questi due livelli Friends fu in grado di trovare la sua dimensione: da un lato restituendoci personaggi in cui riconoscerci ogni giorno, macchiettistici nei tratti esteriori; dall’altro dando a quegli stessi interpreti la forza di evolversi, di ragionare sui loro difetti e sulle loro paura. Chandler e Monica scoprirono l’amore: scoprirono la maturità di chi vuole crescere. Di chi riesce a gestire, grazie all’altro, nevrosi e insicurezze. Scoprirono l’affetto sincero e la gioia di costruire una famiglia. Chandler matura senza perdere quel suo bambinesco candore. Monica riesce a riequilibrare i suoi eccessi. Senza snaturarsi mai tutti i personaggi evolvono.

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Non c’è più quell’eterno ritorno caratteristico di ogni comedy che si rispetti. Quella rassicurante ricomposizione dell’ordine originario alla fine di ogni episodio. No. Assistiamo a cambiamenti, spesso irreversibili. A modifiche dell’ordine costituito. Gli autori corrono il pericolo di inquietare lo spettatore avvezzo all’immutabilità della commedia. Corrono questo pericolo ma vincono, restituendo un prodotto nuovo e fondamentale per i successivi sviluppi seriali. Da qui nasce l’indagine sui personaggi che tanta fortuna avrà nelle serie drammatiche. Quei flashback (ormai ben noti al pubblico contemporaneo) che ripercorrono il passato dei protagonisti sono introdotti per la prima volta qui, in Friends. In una – apparente – comedy.

In Friends c’è l’attento dosaggio di ogni elemento e una chimica inter-caratteriale fuori dal comune.

La coppia Chandler-Joey rappresenta forse il più riuscito modello di amicizia in una Serie Tv. La loro distanza dal punto di vista intellettivo si affiancava a una fanciullesca vitalità che li rendeva protagonisti di mille giochi e avventure. In loro riconoscevamo volta per volta quella sincera, naturale e irripetibile amicizia d’infanzia fatta di semplicità e leggerezza. In Monica e Rachel si contrapponevano passati diversi. Reginetta della scuola, lasciva e irresistibile a tutti la seconda, emarginata della classe, grassotta e introversa la prima. Eppure, nel presente, entrambe vedono rispecchiata l’una nell’altra l’indipendenza di chi costruisce da sé la propria carriera. Rachel evolve profondamente nella Serie: non è più la figlia di papà, ricca e viziata, riverita e a cui tutto è dovuto. Stagione dopo stagione diventa sempre più una donna matura, forte, emancipata e sicura di sé.

C’è questa meravigliosa storia di crescita e maturazione in Friends, in tutti i personaggi. C’è la forza di una storia concreta che regge alla prova del tempo. La profondità psicologica che ci fa apprezzare e legare emotivamente a quei ragazzi. Che ci fa crescere con loro. Friends è una storia d’amicizia, d’amore, di quotidianità e di cambiamenti. Fa ridere, piangere e commuovere. Ci fa partecipare attivamente a ogni episodio. Nella sua completezza rispecchia un quadro credibile dell’esistenza, ci cala in quel mondo senza garantirci che tutto andrà bene ma preparandoci anche ai dolori e ai cambiamenti della vita.

La sottile ironia si mescola alla risata più schietta senza cadere mai del volgare, mai nello sciatto. Sempre con quella delicatezza e quell’equilibrio che ha reso grande la Serie.Friends

Quel lontano anno del 2005, però, quando la programmazione italiana si riaccordò a quella USA, sapevamo che il tempo era maturo. Che dovevamo dire addio a Friends. Guardammo per l’ultima volta quegli amici che stavano per intraprendere le proprie, autonome vite. Guardammo quell’appartamento e scoprimmo qualcosa. Per bocca nostra parlò Rachel: “Lo sai sembra molto più piccolo così”. Ormai il percorso era compiuto. Friends non poteva restituirci altro. Ci aveva accompagnato per dieci anni regalandoci gioie, speranze, insegnamenti e leggerezza. Ma ormai come per i nostri “Amici” anche per noi era il momento dei saluti. Quella casa era diventata troppo piccola per la nostra storia. Era tempo di andare avanti. Era tempo di crescere.

“Guardatevi intorno ragazzi: questa è stata la vostra prima casa. Una casa felice, piena di amore e di risate”.

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