ATTENZIONE: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su This Is Us, Mr.Robot, Tutto può succedere, Game of Thrones, Peaky Blinders, Élite, Lost.
Quante volte discutendo con i nostri fratelli o sorelle pronunciamo o sentiamo pronunciare la frase: “Non ti ho scelto, mi sei capitato!”. Quante volte avremmo voluto spedirli su un altro pianeta o addirittura impacchettarli per bene e affrancarli con l’etichetta “Rispedire al mittente”. Emozioni che non hanno risparmiato le serie tv, come dimenticare la dolorosa rabbia di Cersei verso Tyrion con tra le braccia un figlio morente in Game of Thrones, l’apparente disgusto di Lu verso Valerio in Élite o il raggelante disprezzo di Kevin verso Randall in This Is Us.
Melodramma immancabili in ogni coppia di fratelli e sorelle che si rispettino. Anche se poi crescendo giungiamo alla consapevolezza che, per quanto cerchiamo di fuggire e vivere in modo autonomo la nostra indipendenza, gran parte della nostra personalità viene influenzata da loro, i nostri fratelli.
Attraversiamo come singoli la nostra evoluzione, il nostro cambiamento fino a giungere alla nostra definizione come esseri umani e il rapporto con i nostri fratelli percorre la stessa strada. Fino a farci rendere conto che essi stessi sono il motivo per cui noi siamo, il motivo per cui noi esistiamo.
E questo percorso non esenta di certo le serie tv. Perciò oggi analizzeremo sette coppie di fratelli e sorelle il cui complesso rapporto non caratterizza semplicemente le loro vite ma definisce e costruisce le persone che sono e saranno per sempre.
Game of Thrones, Peaky Blinders, Élite, Lost. Come l’intera esistenza di Harry Potter è legata indissolubilmente a quella del suo nemico più grande Lord Voldemort, dall’affermazione profetica della Cooman: “Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive”, per le nostre coppie possiamo ipotizzare la pronunciazione di un’altra profezia per definire il loro legame: “Nessuno dei due può sopravvivere se l’altro non vive”.
1) This Is Us: Randall e Kate
No, non parleremo del legame morboso quasi malato di Kate e Kevin. Non perché non presentino elementi complessi anzi ci sono eccome ma perché questi ultimi, nonostante le difficoltà causatesi a vicenda, riescono a scoprire e a costruire la loro personalità prescindendo l’una dall’altro. Anche se la loro ingombrante presenza influenza le rispettive vite in maniera significativa, la loro individualità rimane intatta.
Perché non è Kevin l’artefice plasmatore della donna meravigliosa e forte che Kate diventerà bensì il terzo dei “Grandi tre”: Randall Pearson. Nella triade dei “Big Three” Randall è sicuramente il fratello perfetto, il ragazzo il cui percorso di crescita ha toccato tutte le tappe che ci si aspettava toccasse: diplomarsi, andare al college, trovare un buon lavoro, sposarsi con la ragazza conosciuta all’università, mettere su famiglia.
Eppure per chi ha visto la serie, sappiamo che l’apparente perfezione della vita di Randall cela delle crepe dolorose, delle ferite rimaste aperte per troppo tempo. E tra queste ve n’è una rimasta nascosta fino alla penultima stagione, stiamo parlando del rapporto con sua sorella Kate. Kate Pearson, quanto di più lontano da Randall ci possa essere. Non ha istruzione, non ha un lavoro stabile, non ha un compagno, non ha una famiglia. Ma così come lei ha dei problemi di peso e quindi di autostima, Randall ha dei problemi di gestione del controllo e quindi di ansia.
Inizialmente distanti, sostanzialmente diversi sarà solo con lo scorrere degli episodi che riusciremo a capire quanto siano fondamentali l’uno per l’altra per la loro crescita ma soprattutto quanto siano stati la causa scatenante del loro disagio esistenziale.
Perchè come AJ.Brooks insegna (cit. Dawson’s Creek) “Per ogni pezzo di felicità esiste un pezzo d’infelicità, se non li racconti entrambi non stai raccontando tutta la storia” e il pezzo di infelicità nei nostri due fratelli ha un solo nome: Jack.
Quando Jack Pearson muore in un tragico incidente, all’improvviso sia Kate che Randall compiono involontariamente un errore che interromperà la loro crescita per moltissimo tempo. Essendo stato sempre etichettato come l’ “intruso” della famiglia Pearson, sia per il colore della pelle, sia perchè adottato, Randall vede nella morte di suo padre Jack, l’occasione di riscatto, la possibilità di essere finalmente degno della famiglia. Così prende il suo posto come uomo di casa, come marito di Rebecca e come padre di Kate.
Quest’ultima a sua volta lo investe di questo ruolo senza tirarsi indietro, dando così vita al primo rapporto complesso della nostra lista.
Questo processo avviene (casualmente) nel periodo più complicato di un essere umano, quello dell’adolescenza. Il periodo più delicato, il periodo in cui ognuno di noi cerca di capire chi è, cosa vuole essere, cosa vuole diventare. Ed è a causa della morte di Jack avvenuta in quel momento così sbagliato, che la ricerca d’identità dei nostri due fratelli viene interrotta sul nascere.
Con la morte di Jack il rapporto di Kate e Randall si trasforma irrimediabilmente, non saranno più fratello e sorella ma diventeranno padre e figlia. Da quel momento, rivestendo ciò che sono (ragazzi) di un simulacro di ciò che già erano (figli), la loro vita verrà influenzata in maniera quasi irreparabile.
La ricerca ossessiva della perfezione di Randall è legata a doppio filo con l’imperfezione autodistruttiva di Kate. Mentre lui inseguirà al limite della salute mentale e fisica, di emulare la completezza assoluta del padre, lei si sentirà sempre giudicata ma soprattutto rimproverata dal fratello. Perché in lui rivede Jack e in quanto tale cercherà di compiacerlo, cercherà di non deluderlo.
Un rapporto fallato sin dall’inizio, condannato ad essere compromesso da un’identità mai nata costretta al silenzio, un rapporto che vedrà la sua catarsi compiersi finalmente nella quinta stagione.
“Ti dispiace per cosa? Esattamente per cosa mi stai chiedendo scusa?”
“Mi dispiace per quello che sta succedendo nel paese, per la tua gente.”
“Ok. Ma non mi hai mai chiesto scusa prima e non è il primo afro-americano che viene ucciso davanti ad una telecamera”
“No. Non lo è. Ma questa volta sembra diverso.”
“Non per me. Non è mai stato diverso per me. Siamo cresciuti nella stessa casa e non se ne è mai parlato neanche una volta, neanche una volta in 40 anni.”
“Io non so cosa dire, non voglio dire la cosa sbagliata”
“Sai quando ero piccolo mi sono tenuto molte cose dentro proprio per non mettervi in condizione di dire la cosa sbagliata.”
“Hai ragione. Non ne abbiamo mai parlato da ragazzi, io non mi sono mai interessata”
“Odio tutto questo. Detesto vederti piangere e un tempo ti avrei abbracciato, avrei cercato di farti sentire a tuo agio ma se ora lo facessi, se ti dicessi che è tutto a posto che ne sarebbe di me? Mi dispiace ma non intendo dirlo, l’ho sempre fatto per tutta la vita e onestamente Kate mi sono stancato. Sono davvero stanco.”
“Ok. Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anch’io. Buon compleanno sorellina”
This Is Us 2×05
Ecco. In questo momento, con questo dialogo ha inizio la ri-nascita di Kate e Randall come esseri individuali. Randall ha preso coscienza di essere un uomo di colore cresciuto in una famiglia di bianchi e di non doversi vergognare di questo, di non doversi vergognare di essere imperfetto e noi saremo sempre dalla sua parte. Kate finalmente lo vede come un fratello, un fratello che ha sofferto e non più come un padre da non deludere, raggiungendo così la sua definizione non più come figlia ma come donna.
Avrebbero mai raggiunto la loro identità se non fossero entrati a far parte l’uno nella vita dell’altra? Probabilmente no.
2) Peaky Blinders: Tommy e Ada
C’è sempre stata una donna nella vita del leader dei f*****i Peaky Blinders.
Nel corso dell’intera serie lo vediamo chiedere amore a Grace, elemosinare conforto a Liz, implorare un riconoscimento da Polly. Sembra che non possa esserci un Thomas Shelby senza una donna che lo identifichi come tale ma questo non accade per sua sorella, non accade per Ada.
L’unica donna in un clan di soli maschi, innamorata, sposata e rimasta vedova di uno dei più vecchi amici del fratello, il rapporto tra Ada e Tommy non si è mai mostrato come un rapporto di stima o almeno non lo ha fatto alla luce del sole. Vi è addirittura un momento nella serie in cui sembra non esserci alcun tipo di legame tra di loro tanto da scomparire l’uno dalla vita dell’altra.
Eppure tutte quelle donne da cui Tommy correva per ricordare a se stesso chi fosse, scompaiono, muoiono, impazziscono di dolore perché non c’è speranza di uscire vivi restando accanto a Thomas Shelby. E così al nostro leader resta solo lei, forse l’unica donna sempre presente nella sua vita, l’unica donna in grado di sopravvivergli, sua sorella Ada.
Come per Kate e Randall, il compimento come singoli individui di entrambi avviene verso la fine, nell’ultima stagione per essere precisi. Thomas impegnato a trovare una cura per salvare sua figlia Ruby dalla tisi, non può presentarsi all’incontro “politico” con Oswald Mosley e lo zio Jack. Ma Polly è morta così come Grace, sua moglie Liz è al capezzale della piccola ed Arthur è semplicemente Arthur, resta solo lei, resta solo Ada. Egli riconosce in quest’ultima le qualità per poter prendere il suo posto, per poterlo rappresentare in quel momento così importante.
Non una moglie, non un amante ma l’unica donna in grado di comprendere il momento che Thomas Shelby sta affrontando, l’unica donna in grado di riconoscerlo per ciò che è davvero. Non solo un leader ma anche un uomo e un padre. Forse il riconoscimento che Tommy ha cercato ed aspettato per tutta la vita.
Una consacrazione di cui egli stesso è stato artefice riconoscendo a sua volta la vera natura della sorella, dandole così l’opportunità di conclamarsi, permettendo al loro rapporto ma soprattutto a loro stessi di mostrarsi e di compiersi.
3) Mr. Robot: Elliot e Darlene
“Perchè hai parlato di Colin McCallister? Il pupazzo di neve. Perchè lo hai nominato? Ti è tornato in mente?”
“Era il giorno in cui papà mi ha spinto fuori dalla finestra.”
“Di cosa parli? Papà ti ha spinto fuori dalla finestra?”
“Era arrabbiato perchè avevo detto alla mamma del suo cancro e mi spinse fuori dalla finestra. Forse non te l’ho mai detto. Tu eri piccola.”
“Ma di che stai parlando Elliot! Guarda che c’ero anch’io, eravamo in camera tua, cercavamo la macchina fotografica e papà è tornato. Per qualche motivo ti sei spaventato e mi hai detto di nascondermi nell’armadio. Poi è entrato papà e all’improvviso tu hai dato di matto, agitavi la mazza da baseball e colpivi tutto.”
“No. Non è andata in questo modo.”
“Fidati. Me lo ricordo bene. Hai preso la mazza da baseball, hai distrutto la finestra e continuavi a dire che ti saresti buttato. Nessuno ti ha spinto. Ti sei buttato.”
“Non ricordo niente di questo.”
“Ci sono io a farlo per te.”
Mr. Robot 3×10
Elliot e Darlene Alderson. I due fratelli che volevano cambiare il mondo. Completamente immersi nelle loro visioni di realtà reciproche da restarne assorbiti, quasi intrappolati.
Completamente devoti l’uno all’altra tanto da affidarsi le loro stesse vite.
Una devozione che per molti episodi crediamo essere proveniente dalla condivisione di un progetto comune, un progetto illegale e quindi pericoloso che potrebbe condurli alla morte. Ma una devozione che in realtà ha radici molto più profonde, un legame impenetrabile nato in un momento specifico della loro infanzia.
Il dialogo riportato di sopra descrive l’attimo in cui Elliot e Darlene si sono fusi, sono entrati l’uno nel corpo dell’altra.L’attimo in cui Elliot è diventato parte integrante della sorella trasformandosi nei suoi occhi, dandole così la possibilità di guardare la realtà non solo come un cancro da cui è impossibile scappare ma come un virus da cui è possibile guarire. Un virus la cui cura è la speranza.
L’attimo in cui Darlene diviene la mente di Elliot, il suo cervello, la sua parte integra, quella non falsata da Mr. Robot, la sua parte reale. Diviene la guida in quella realtà artificiale costruita da lui stesso, l’unica persona a cui credere, l’unica persona in cui credere.
Allo stesso tempo pastore e pecorella, entrambi smarriti, entrambi ritrovati grazie all’esistenza stessa dell’altro. Il riconoscimento reciproco avvenuto nella scena disegnata come un finale ma dietro il quale si nasconde l’inizio.
4)Lost: Boone e Shannon
Ken e Barbie. Il giocatore di football e la cheerleader. Ci sono vari epiteti con cui potremmo chiamare Boone e Shannon. I primi due personaggi di Lost a fare una brutta fine, anche i primi due per cui abbiamo provato un certo fastidio ma badate bene, non è un caso che muoiano a distanza così ravvicinata.
Non esattamente i personaggi più simpatici della serie di J.J. Abrams e nemmeno i più intelligenti, quelli con cui empatizzare, gli immortali di Lost. Quindi cerchiamo di capire perché meritano un posto nella nostra lista.
Piombati l’uno nella vita dell’altro già adulti in seguito al matrimonio del padre di lei con la madre di lui. Potremmo definirli i Marco ed Eva della situazione ed infatti anche per loro il colpo di fulmine è pressoché immediato. Ma l’affetto reciproco nutrito supera l’attrazione sessuale per molto tempo.
Shannon incarna perfettamente il cliché della principessa bisognosa di essere salvata, salvata dalla matrigna cattiva dopo la morte del padre, salvata dai ragazzi da cui si lascia soggiogare, salvata dalla sua stessa insicurezza.
E chi può salvarla se non il fratellastro belloccio che spera di poter conquistare il suo cuore?
Sembrerebbe una storia già scritta con quello che potrebbe essere un lieto fine, se non fosse che come in ogni relazione tossica degna di nota, cerchino di attirare l’attenzione punzecchiandosi e ferendosi a vicenda. Boone pagando i ragazzi con cui la sorellastra instaura rapporti costringendoli ad abbandonarla e Shannon facendolo ingelosire scegliendone sempre di più.
E sono talmente impegnati ad alimentare questo eterno ritorno della tossicità da non rendersi conto di costruire contemporaneamente un’identità molto lontana da quella che in realtà possiedono. Si disegneranno reciprocamente come due persone inette, stupide, poco intelligenti e lo faranno in maniera così accurata tanto da arrivare a credere di esserlo davvero.
Solo una separazione potrà salvarli da questa costruzione priva di spontaneità, una separazione che vedrà la sua realizzazione sull’isola sulla quale il volo 815 precipiterà. Nei primi giorni la tossicità del rapporto tra Boone e Shannon si mostra in tutta la sua sgradevolezza e così anche la loro personalità, fino a quando non capiranno (e in questo Boone è il primo a realizzarlo), di dover vivere quell’esperienza in modo indipendente. Lontani l’uno dall’altra, sarà proprio in quel frangente che i due personaggi si mostreranno per ciò che sono realmente.
Per la prima volta nella sua vita Boone sarà degno di ammirazione, mostrerà coraggio, resistenza, intraprendenza, diventerà l’uomo che Shannon potrebbe amare. Allo stesso modo per la prima volta, Shannon troverà l’amore vero, incontrerà un uomo in grado di vederla interamente, in grado di carpire la sua intelligenza e la sua dolcezza, in grado di amarla come merita.
Ma sappiamo tutti come andrà a finire.
Ricordate la profezia all’inizio dell’articolo? “Nessuno dei due può sopravvivere se l’altro non vive”, in questo caso il significato è letterale. Perché nel momento in cui Boone muore, esso porta con sé una parte di Shannon. La priva della parte più preziosa, derubandola dei doni da essa scoperti sull’isola, lasciandola in questo modo smarrita, priva di identità, lasciandola in questo modo in pasto alla sua dolorosa follia.
E così, a causa di un incidente non casuale, la ragazza muore pochi giorni dopo Boone, rispondendo in questo modo all’ultimo richiamo del fratello. Quell’ultimo nome pronunciato dalla sua flebile voce in punto di morte: “Shannon”.
Il compiersi della vita attraverso la morte, l’origine dell’inizio per mezzo della fine, la nascita legata fatalmente alla distruzione.
5) Élite: Valerio e Lu
Fratellastri uniti da una relazione tossica. Vi ricorda qualcuno?
Ma questa volta non c’è nessun’isola ad aiutare, stavolta non c’è alcuna situazione che possa mostrare realmente la parte nascosta. Perché le fragilità di Lu e Valerio non devono essere ricercate ma sono lì sotto gli occhi di tutti.
La loro particolarità sta nell’essere custodi di quelle fragilità, sanno proteggerle, sono gli unici capaci a prendersene cura. Il problema è il modo in cui lo fanno, instaurando un rapporto sessuale e quindi una relazione tra fratellastri che, come abbiamo capito, non finisce mai bene.Entrambi indossatori seriali di una maschera adibita a nascondere quelle stesse fragilità che tanto vogliono preservare.
Arroganza, egocentrismo, superficialità, cattiveria vengono selezionate dai nostri hermanos di Élite come elementi costituenti della loro personalità. Scelti per celare a tutte le persone intorno un disagio per loro inammissibile: la solitudine.
Una solitudine le cui radici risiedono nell’infanzia, una solitudine da cui sono stati contagiati insieme e per questo insieme combattuta.
Innamorati di ciò che riescono ad essere grazie all’altro, bisognosi in maniera così viscerale da trasformare il loro amore in dipendenza reciproca. Solo per averne ancora, solo per continuare a credere di esistere davvero in quel modo, nel modo in cui essi si vedono, nel modo in cui essi in realtà SONO.
Una dipendenza di cui forse non abbiamo ancora visto tutto perchè sembra proprio che entrambi gli attori abbiano richiesto uno spin-off sui loro personaggi. Chissà quali sorprese ci riserverà questa coppia in futuro.
6) Tutto può succedere: Carlo e Giulia
Serie italiana remake di Parenthood, Tutto può succedere ruota attorno alle vicende di 4 fratelli e di tutti i parenti annessi e connessi: Alessandro, Sara, Giulia e Carlo. E con un Pietro Sermonti e una Maya Sansa rispettivamente interpreti di Alessandro e Sara, super mega sul pezzo, pochi si ricordano di Ana Caterina Moriaru e Alessandro Tiberi, alias Giulia e Carlo.
Ma non perché i due attori non riescano a reggere il confronto con i colleghi. Anzi, tutt’altro. Ma perché nel contesto familiare dei quattro, Carlo e Giulia sono i fratelli più piccoli. Quelli di cui si ascolta l’opinione, a cui si chiede qualche consiglio ma ignorati nel momento in cui bisogna prendere delle decisioni importanti.
Ed è proprio a causa di questa esclusione involontaria da parte dei fratelli maggiori, i nostri due fratellini si ricavano un bolla tutta loro in cui vivere il loro rapporto.
Caratterialmente sono quanto di più distante ci possa essere. Pignola, maniaca del controllo, apparentemente ossessionata dall’apparenza più che alla sostanza lei, spirito libero, burlone, con la testa tra le nuvole, lui. Carlo e Giulia rappresentano i classici fratelli i cui incontri si riducono alle cene di famiglia, Natali, Pasque e compleanni…ma sotto l’iceberg c’è ben altro.
Sì perchè i piccoli di casa Ferraro forse stanchi della presenza sovrastante dei due fratelli più grandi, stanchi della scarsa considerazione in cui incappano in ogni situazione, instaurano un legame molto più profondo di quanto in realtà appaia sullo schermo.
Una stima reciproca quasi invisibile, un rispetto appena percettibile, il rapporto di Carlo e Giulia passa attraverso frecciatine, rimproveri, segnali di gelosia per non essere ciò che l’altro è. Eppure riusciranno a donarsi a vicenda proprio quelle peculiarità che li contraddistingue e a far sì che quei dettagli li trasformino nelle persone che poi diventeranno, facendoli crescere.
Carlo da buon libertino poco preoccupato per il futuro metterà su famiglia, si sposerà ed avvierà una carriera nel campo musicale. Giulia al contrario imparerà a seguire più le sue emozioni e il suo istinto e tutto questo sarà possibile grazie alla presenza e all’aiuto reciproco che si daranno in momenti complicati e non a caso fondamentali.
Il nucleo del loro rapporto è nel bisogno costante di rassicurazioni e di conferme, conferme però non ricercate dagli altri due fratelli bensì da loro stessi proprio perchè portatori della parte che manca all’altro. Quella parte di cui sono disperatamente alla ricerca e che alla fine troveranno.
7) Game of Thrones: Tyrion e Cersei
Non potevano mancare al nostro appello loro. Come non poteva mancare la serie che di rapporti complessi tra un fratello e una sorella ne ha da vendere. Stiamo parlando di Game of Thrones.
No. Non saranno Jaime e Cersei ad essere presi in considerazione, per quanto riguarda i rapporti incestuosi tra fratelli abbiamo già dato. anche se per definire Tyrion e Cersei un accenno a Jaime va necessariamente fatto.
Un rapporto quello tra i due con un’unica sfumatura: l’odio.
Per tutta la durata di Game of Thrones, non c’è mai una scintilla positiva ad attraversare i nostri due Lannister. O Almeno non c’è in maniera evidente, sì perché il rovescio della medaglia del disprezzo tangibile di Tyrion e Cersei ha un nome e quel nome è Jaime Lannister.
Il bel biondo di Game of Thrones è legato ad entrambi in maniera particolare, ama sua sorella e ama suo fratello incondizionatamente. Ed è proprio la stima e la devozione nutrita nei confronti di entrambi anche se in modalità diverse, a far sì che questo odio tra i due rimanga solo in forma platonica senza degenerare mai in qualcosa di tangibile. Perché diciamolo, Cersei è la regina dei Sette Regni, le sarebbe bastato scoccare le dita se avesse voluto uccidere davvero Tyrion e invece la calma tra i due anche se apparente, resiste.
La nostra regina dal cuore di pietra, una delle vere protagoniste di Game of Thrones, non cede mai alla tentazione neanche quando l’occasione l’avrebbe giustificata (vd. morte di Joffrey). E tutto perché la figura di Jaime è una costante, non solo nella vita di Cersei ma anche nel rapporto che essa stessa ha con il fratello più piccolo.
Legati l’uno all’altra dal terzo fratello, un cordone ombelicale unico il quale impedisce a Tyrion e Cersei di mostrare realmente quei sentimenti di distruzione nutriti reciprocamente. Un cordone che in realtà costruisce il terreno sul quale entrambi si mostreranno. Due facce della loro personalità emerse grazie all’esistenza dell’altro. La malignità, la cattiveria, la parte oscura di Cersei vede la sua massima manifestazione con Tyrion, il quale allo stesso modo si mostrerà, anche se sporadicamente, cattivo, vendicativo e rancoroso a causa della sorella.
L’uno la kryptonite dell’altra, la loro vicinanza provoca emozioni deformanti, è artefice di un virus creatosi da un legame di sangue. Quello stesso legame però in grado di ricavarne la cura, e rappresenta per certi versi uno degli elementi chiave di Game of Thrones. E la cura sia per Tyrion che per Cersei è la stessa: Jaime Lannister. Il terzo fratello, l’unico in grado di risvegliare la parte non frammentata e non malata di entrambi, l’unico in grado di risvegliare la femminilità e la maternità di Cersei e il coraggio e la lealtà di Tyrion.
Ma per fare in modo che la luce risplenda è necessario che il buio richieda la sua presenza. Perciò senza Tyrion e senza Cersei, in grado di tirar fuori il peggio tra loro, l’esistenza stessa di Jaime, fondamentale per lo sviluppo della personalità dei due, sarebbe alla fine stata superflua. E probabilmente anche Game Of Thrones alla fine avrebbe raccontato una storia diversa.