Cercando su Wikipedia, alla voce Mary Stue e Gary Stu, troverete questa definizione: Mary Sue, a volte abbreviato in Sue, è un termine adoperato per descrivere un personaggio immaginario, solitamente il protagonista della vicenda e in genere femminile (per i personaggi maschili solitamente si adopera Gary Stu o Marty Stu), che si attiene alla maggior parte dei cliché letterari più comuni, ritratto con un’idealizzazione eccessiva, privo di difetti considerevoli e le cui capacità e abilità eccezionali non ricevono alcun tipo di spiegazione, o, nei rari casi in cui spiegati, la giustificazione è debole e vaga, e si traduce nella volontà di autocompiacimento dei desideri dell’autore. Tra le varie Serie Tv abbiamo incontrato tantissimi personaggi che si identificavano perfettamente in questa definizione. Lo abbiamo visto con le ragazze e adesso lo vedremo anche con i ragazzi. I Gary Stu per eccellenza delle Serie Tv.
I personaggi maschili, infatti, non sono esclusi da questa definizione. Nel loro caso il nome appropriato è Gary Stu. Il personaggio maschile che più, da sempre, corrisponde a questa categoria è Harry Potter. Il prescelto che, non si sa come, riesce sempre a farla franca, anche con un incantesimo che non dovrebbe mai essere in grado di annientare un Avada Kedavra. Leale, onesto, valoroso, ma spesso anche fastidioso ed estremizzato in ognuna di queste caratteristiche. Questo è quel che riguarda il mondo del cinema. Ma nelle Serie Tv da vedere, chi è che corrisponde alla definizione di Gary Stu? Andiamo a scoprirlo insieme!
Da Derek Shepherd a Jon Snow: ecco i 7 Gary Stu delle Serie Tv che sono risultati spesso insopportabili!
1) Fitzgerald Grant III – Scandal
Cominciamo partendo da uno dei personaggi forse più forzati di Scandal, una Serie Tv in cui nessuno è come sembra. E nessuno corrisponde davvero all’idea di morale o immorale. Sono tutti in competizione verso qualcosa di più grande di loro, una meta che deve essere raggiunta a qualunque costo. E così si prende parte a lotte al potere scorrette, elezioni truccate e tradimenti sempre giustificati. In mezzo a tutto questo si nasconde Fitz, il Presidente degli Stati Uniti che fin da subito viene mostrato come la reincarnazione di un santo sceso in terra. Colui che viene disegnato come il buono. L’unico Presidente che saluta qualsiasi dipendente della Casa Bianca e che chiede loro come vada la vita in casa.
L’unico a non macchiarsi del peccato di aver truccato le elezioni. Ad amare realmente qualcuno, in questo caos in cui tutti ambiscono solo al potere. E l’unico, forse, anche a non volerlo più detenere. Perché è troppo. Perché alla fine, su quella poltrona, non può avere l’unica cosa che vuole: Olivia. Fitz è un Gary Stu che ci ha creduto davvero, ma a cui noi abbiamo smesso di credere con l’andare avanti delle stagioni. Perché pur di salvare quel che solo per lui è necessario, è anche stato disposto a fare cose che superano di gran lunga ogni legge morale. Si è sporcato le mani, ha sacrificato un’intera nazione per il suo unico desiderio sentimentale. Ma non c’è mai stato un momento in cui la serie non l’abbia in qualche modo giustificato, facendo passare un messaggio che diceva a chiare lettere che Fitz doveva fare così.
Doveva essere una specie di Harry Potter ma senza magia, almeno secondo Shonda Rhimes. E invece, niente. Ma questo lo scopriremo soltanto episodio dopo episodio. E a quel punto, non esisteranno più giustificazioni. Solo il rumore delle unghie nello specchio di Scandal che, in tutti i modi, proverà a giustificare ogni cosa. Il suo dovere, il suo compito, il peso che si porta dietro. Quando guardiamo i primi episodi crediamo che sia Melly, la first lady, la cattiva. Ma soltanto con l’andare avanti della narrazione capiremo che, se c’è qualcosa di buono in quel matrimonio e nella Casa Bianca, quella è lei. Un personaggio che non si è mai piegato all’ipocrisia, tirando fuori ciò che suo marito, in sette stagioni, non è mai stato. Fitzgerald non è il martire di Scandal. E’ soltanto il personaggio che ci ha sempre provato, senza mai riuscirci davvero.
2) Wes Gibbins – How to Get away with Murder
Non importa cosa stia accadendo: Wes Gibbins manterrà comunque questa espressione. Inevitabile e forzata, serve per ricordare al mondo che lui è quello spaesato. Il personaggio venuto dal niente che sogna un lavoro nel diritto per difendere i più deboli. Che lui possa far parte dei Gary Stu lo capiamo più o meno dalla prima puntata. Non abbiamo alcuna necessità di spingerci oltre e di vedere come vada a finire, perché – almeno in questo caso – è tutto chiaro. Wes Gibbins viene infatti disegnato come la vittima per eccellenza, il personaggio dal passato complicato che cerca una rivalsa ma sempre senza pretenderla. Con timidezza, insomma. Lo capiamo fin dalla prima puntata, quando arriva impreparato alla prima lezione di Annalise.
Alla prima domanda non sa rispondere. Ma poverino, non aveva ricevuto l’email. Ma quell’email c’era, solo che era stata ricevuta troppo tardi insieme alla sua ammissione. Povera anima. Lo capiamo ancora una volta quando ottiene un posto tra i cinque ma, dai grandi valori morali, invece di goderselo corre da Annalise per chiedere se lo sia davvero meritato o è solo un modo per farlo star zitto riguardo al segreto che ha scoperto. E lo comprendiamo ancora un’altra volta quando lo vediamo intraprendere una relazione con Rebecca, la vittima designata della prima stagione di How to get away with Murder. Colei che deve salvarsi dall’accusa di omicidio e a cui lui, fin da subito, presta una mano d’aiuto, sacrificando ogni cosa.
Un aspetto che inizialmente potremmo confondere con la determinazione, con l’impegno nel volere ritrovare giustamente la persona amata. Ma già alla seconda stagione, ci ritroveremo così: saturi. Sentiremo la sua voce dentro la nostra testa. Chiederà che fine abbia fatto Rebecca perfino a noi. Allucinazioni collettive dovute alla sua spesso fastidiosa ostinazione. Il prescelto di Annalise, il quinto arrivato nel gruppo a cui la Keating è più legata, il martire dal passato traumatico sempre pronto a mettersi in prima linea per difendere solo quel, secondo lui, va difeso a prescindere da qualsiasi conseguenza esterna. Un bravo ragazzo, senz’altro, ma non il Santo in Paradiso che tutti potrebbero pensare.
Lo guardiamo fare tutte queste cose, ma sempre senza mai spiccare troppo. How to get away with Murder cerca di dipingerlo come uno dei più intelligenti che, con il solo ausilio della buona volontà, dà una lezione a tutto il gruppo dei cinque. Lo guardiamo anche mentre cerca di assicurarsi che tutto vada secondo le leggi della moralità, leggi che – quando si tratterà di Rebecca – sembrerà dimenticare. Un personaggio di certo importante nel mondo delle Serie Tv, ma non di certo così perfetto come vuole mostrarsi. Perché fa parte di una storia in cui niente è perfetto, e i personaggi sono tornadi di caos che non possono conoscere alcun ordine. Un ordine che Wes sembra sembra voler prediligere, ma a cui non è destinato. Neanche se prova a ostentarlo.