ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Il Simpatizzante, la miniserie disponibile in Italia su Sky e NOW!!
Essere la metà di ogni cosa: un tassello reciso, un mosaico frammentato, un pezzettino incompleto, che non si incastra mai veramente a niente. Agganciarsi al perdurante senso di incompiutezza, farne una corazza con cui circumnavigare le proprie manchevolezze. Sentirsi inadatto, imperfetto, incompleto, difettoso: è questa la gravosa croce che “il Capitano” si è ritrovato sulle spalle. Non per scelta, non come conseguenza delle proprie azioni. Semplicemente per caso, per un fortuito incastro di cromosomi. Per natura. Il protagonista de Il Simpatizzante, la serie tv andata in onda su Sky a partire dal 20 maggio, è un mezzosangue: vietnamita per parte di madre, francese per parte di padre.
La sua è una vita spaccata: la metà di tutto. O, come gli ricordava con dolcezza sua madre, il doppio di ogni cosa.
Un’esistenza sdoppiata come è sdoppiato tutto in questa miniserie tratta da un best seller (Il simpatizzante di Viet Thanh Nguyen) vincitore di un Premio Pulitzer. Il tema del doppio è centrale nella storia. Doppia è la natura del suo protagonista, doppio è il suo ruolo nella guerra, doppie sono le anime messe costantemente a confronto, quella vietnamita e quella occidentale, portatrici di valori opposti e antitetici. Spaccato in due è anche un Paese, protagonista defilato della vicenda. Siamo nel Vietnam degli anni Settanta, quello della guerra civile e della contrapposizione tra Nord e Sud. Il nord comunista e il sud sostenuto dagli americani. Il capitano è un giovane vietnamita assoldato da un generale del sud e al servizio della causa americana. Dopo un apprendistato negli Stati Uniti, entra nei ranghi dell’esercito collaborando con la CIA per stanare le spie comuniste. Questo è almeno quello che dimostra di essere agli altri.
In realtà, il Capitano lavora segretamente per il controspionaggio.
È una spia comunista che si mimetizza perfettamente nel fronte opposto. Pranza con gli americani, discute di strategia con il nemico e poi riferisce il necessario ai superiori. Sta un po’ da una parte e un po’ dall’altra. Per necessità e per natura. Troppo comunista per abbracciare appieno la causa del Sud, troppo occidentale per conformarsi ai dettami dei capi rivoluzionari del Nord. È un animo scisso, perennemente in trambusto emotivo, scosso da fremiti contrapposti. Il simpatizzante è quindi innanzitutto il racconto della lotta interiore del suo protagonista, un uomo catapultato nel bel mezzo di un conflitto fratricida che non si sente adatto a nessun luogo. Sempre nel posto sbagliato. Meglio ancora: sempre sbagliato per ogni posto. Il dramma di un mezzosangue è appunto questo: il sentirsi perennemente inadatto nel mondo.
Non c’è un posto che possa davvero chiamare casa, perché ogni posto gli richiede di essere qualcosa al 100%. Un frammento non basta, la metà del tutto non occupa mai l’intero. La dualità è anche doppiezza ne Il Simpatizzante. Bugie, inganni e falsità fanno parte del tessuto malleabile sul quale Park Chan-wook (la sua Old Boy sta per diventare una serie) ha costruito la trama della serie. La storia è un racconto a ritroso, filtrato dai ricordi del suo protagonista. Nella prima scena, lo troviamo in un campo di rieducazione nordvietnamita, alle prese con la ricostruzione scritta degli eventi. I sette episodi dello show sono un lungo flashback che racconta le vicende dei personaggi dai giorni antecedenti la caduta di Saigon a svariate settimane più tardi, quando il nuovo assetto governativo si è già insediato nel Paese.
Nel mezzo, c’è tutto quello che è successo nel frattempo.
Costretto ad imbarcarsi di fretta e furia su un aereo durante la presa di Saigon, il Capitano è uno dei membri scelti dell’entourage del generale che finiranno in America. Radunati come esiliati nell’assolata California, gli esuli formano una vera e propria comunità che cerca di integrarsi nel contesto. I vietnamiti scoprono i vantaggi del vivere all’americana. Si adattano al nuovo stile di vita, cercano di trarne dei benefici. La figlia del generale scopre la passione per lo spettacolo, altri iniziano ad investire sul mercato. Ma il sogno di rinvigorire la causa e tornare in patria non svanisce mai del tutto. Il generale prova a riorganizzare l’esercito (o almeno quello che ne è rimasto) elaborando un piano suicida per tornare in Vietnam e scacciare il regime comunista.
Al capitano vengono affidate varie mansioni in questo lasso di tempo: selezionare i membri dello staff, aiutare a stanare eventuali talpe ed eliminarle. Infine, diviene persino il consulente asiatico di un regista di Hollywood impegnato a girare una pellicola sulla guerra. Ma, al di là dei compiti ufficiali, il protagonista deve riferire ad Hanoi i piani segreti del generale. Se questa doppia vita all’inizio sembra sostenibile, perché votata ad una causa più grande, con il passare del tempo i dilemmi morali del capitano si fanno sempre più logoranti. Lontano da casa, è dura ricordarsi del perché si accettano determinati compromessi. Lo stile di vita occidentale diventa una sorta di morbo contagioso che affligge anche le coscienze più salde. Il rischio, specie per un mezzosangue che non si è mai realmente adattato al mondo, è di dimenticare le ragioni che ti spingono a comportarti secondo determinati codici morali.
Il ritmo della serie è sostenuto e c’è una buona dose di umorismo a condire le scene. L’idea de Il Simpatizzante è quella di riprendere un topos – la Guerra in Vietnam – su cui si è costruita una buona fetta di cinematografia americana, assumendo però il punto di vista vietnamita.
L’ironia di fondo della serie alleggerisce anche i passaggi più cruenti e drammatici, rendendo questo prodotto un ibrido, esattamente come i personaggi che ne sono protagonisti. Troppo “pesante” per essere una comedy, troppo leggero per essere un dramma puro. Anche le scelte della regia enfatizzano la doppiezza della serie. Il rumore del proiettore, le sequenze convulse, i continui salti temporali, le citazioni cinematografiche, sono tutti espedienti che tendono ad accentuare il comportamento ambiguo del protagonista, l’unico personaggio che non sembri una caricatura all’interno della serie. Se le scene sono confuse e le inquadrature instabili è perché è innanzitutto il protagonista ad essere instabile e sfuggente. La regia segue il suo racconto degli eventi – parziale e filtrato -, ma cerca di catturarne anche l’animo corroso e dimezzato.
I personaggi che gli ruotano attorno sono per lo più caricaturali ed esagerati. L’universo occidentale è praticamente fagocitato da Robert Downey Jr.– fresco di Oscar con Oppenheimer – che interpreta addirittura quattro personaggi (qui le sue migliori interpretazioni di sempre). È Claude – un agente della CIA che fa da chioccia al Capitano -, Robert Hammer – un professore di studi orientali -, Ned Godwin – un deputato della California meridionale che cerca di accattivarsi le simpatie della comunità vietnamita – e Nicos Damianos – un bizzarro regista di Hollywood che vuole realizzare un film sulla Guerra in Vietnam -. Il perché di questa originale scelta del cast non è chiaro. Robert Downey Jr. riesce però a mostrare ne Il Simpatizzante la sua natura istrionica. Interpreta personaggi parodistici, a volte un tantino grotteschi, accomunati dall’essere esponenti della cultura patriarcale occidentale.
I suoi quattro personaggi rappresentano un’America conservatrice che si misura con gli strascichi della Guerra in Vietnam.
Sono sicuri di sé, accecati dal proprio punto di vista, convinti di essere latori di valori superiori. Claude, il professor Hammer, Ned Godwin e il regista Nicos sono tutte facce della stessa medaglia. Personaggi speculari, archetipi presi a prestito per controbilanciare la contrapposizione tra due mondi messi costantemente a confroto. A muoversi a metà tra una sponda e l’altra c’è appunto il Capitano, interpretato da Hoa Xuande, che dà vita a un personaggio estremamente credibile e complesso. Il resto del cast è composto principalmente da attori asiatici- soprattutto vietnamiti – sui quali spicca la presenza di Sandra Oh (che qualche tempo fa ha spento le speranze dei fan di Grey’s Anatomy), che è qui l’assistente giapponese del professor Hammer e, per un periodo, l’amante del Capitano.
Il Simpatizzante potrebbe essere in definitiva una spy story con tanti elementi umoristici, ma manca della necessaria componente thriller.
Malgrado i colpi di scena, non si salta mai dalla sedia mentre si guardano i sette episodi della serie. Non c’è mai veramente tensione, il pathos si mantiene superficiale. Il prodotto creato da Park Chan-wook e Don McKellar non vuole essere un thriller spionistico. I suoi autori lo hanno pensato come un racconto ibrido a metà strada tra il resoconto drammatico degli eventi e una parodia umoristica. Il Simpatizzante è però anche una storia di amicizia, quella di tre ragazzi che crescono insieme in un Paese spaccato e che si ritroveranno sballottati sui lati opposti della barricata. La grande cinematografia americana sembra aver già detto tutto sulla guerra in Vietnam e probabilmente questa serie non aggiunge molto altro ad un tema già trattato e ritrattato da diversi punti di vista. La serie non avrà probabilmente l’impatto avuto dal best seller da cui è tratta, ma offre un punto di vista particolare sugli eventi. Li sfiora, li sorvola, ce li filtra dal punto di vista del protagonista, ma non ci entra mai veramente dentro.