È trascorso poco più di un anno da quando abbiamo pubblicato l’intervista agli autori de “Il mio primo dizionario delle serie tv cult” ed eccoci di nuovo qui, pronti a confrontarci su questa seconda opera (alla faccia di chi dice che gli addicted non fanno altro che guardare Serie Tv. I veri fan hanno tempo di svolgere numerose attività tra una Serie Tv e l’altra: ad esempio, scrivere di Serie Tv).
Sfogliando il volume in questione notiamo che è formalmente speculare al primo. Gli autori hanno architettato un sistema efficace e divertente per strutturare il dizionario. Prendiamo allora in prestito proprio le loro sezioni per delineare anche questa chiacchierata a presentarvi il libro.
Iniziare
Diciamo che i libri iniziano dalle copertine e noi abbiamo intenzione di rispettare l’ordine cosmico. Mettendo a paragone quelle del primo e del secondo volume possiamo renderci conto che le uniche differenze sono cromatiche e contenutistiche: mi spiego meglio. Appena sotto il titolo e il nome degli autori, il primo su uno sfondo senape, il secondo verde, campeggia quello che può essere considerato il trono di un addicted: il divano. Emblema della comodità, esso è la porta dell’ubiquità: ogni amante delle Serie Tv sa che l’accesso al regno della fiction principia lì; così ci ritroviamo seduti in questo mondo, con gli occhi che ne guardano un altro. Magia. Ma non tergiversiamo. In entrambe le copertine c’è un divano, ma se il primo ospita Walter White, Sheldon Cooper, Daenerys Targaryen, Hugo Reyes e appaiono qua e là indizi che ci rimandano a Doctor Who, Boris, Twin Peaks, X-Files ecc., nel secondo i protagonisti sono altri e un certo signor Holmes se ne sta spalla a spalla con una compostissima Violet Crawley, sul muro dietro lo schienale le lettere illuminate dalle lucine natalizie (sia mai che Will voglia comunicare con la mamma dal Sottosopra).
Arriviamo dunque alla prima domanda. Come spiegate nell’introduzione, la scelta delle Serie Tv trattate non segue un ordine temporale, anzi possiamo dire che sono parallele (vi cito “E quando si scopriva chi aveva ucciso Laura Palmer, Brandon aveva da poco avuto la sua prima volta”), al di là del loro essere “cult” avete seguito un criterio preciso nella scelta e nella divisione delle Serie Tv nei due libri?
Claudio: Siamo contenti che ti sia piaciuta la nostra architettura! Sì, abbiamo seguito più criteri intrecciati. Oltre a essere serie di cui avevamo visto tutte le puntate, dovevano spaziare dal 1990, epoca dell’inizio di una nuova golden age, ai giorni nostri, quindi ci trovate dei classici come Beverly Hills ma anche cose più recenti o ancora in corso, come Black Mirror, a volte instant cult impostisi come tali proprio mentre stavamo scrivendo (Stranger Things). Inoltre cerchiamo sempre di metterci dentro titoli rappresentativi dei più svariati generi: fantascienza, horror, poliziesco, sitcom, medical, teen, thriller. Infine anche la nazionalità: gli USA la fanno da padrone (sono i più bravi, non c’è niente da fare), ma non mancano paesi come Regno Unito, Francia, Danimarca, a dimostrazione della globalità del fenomeno. E l’Italia? Tanto per evidenziare il parallelismo di cui parlavi, se l’anno scorso c’era Boris, il suo analogo questa volta è I promessi sposi del Trio…
Matteo: Abbiamo insomma seguito un filo logico perché il libro risultasse il più possibile vario e trasversale, ma l’ultima parola su quali serie inserire ce l’ha avuta sempre il cuore. Ah, e anche il numero di pagine. Non potevamo andare troppo oltre le 500 e mantenere lo stesso prezzo del primo dizionario! Ma ci siamo riusciti, e ci sono 100 pagine in più.
Personaggi – Firme
In questo caso le due categorie coincidono. Matteo Marino, Claudio Gotti e Daniel Cuello sono infatti, al contempo, i protagonisti e gli autori di questo bel lavoro.
Passo la palla a voi, presentatevi.
Matteo e Claudio: Nasciamo come critici cinematografici. Scriviamo a quattro mani da più di quindici anni, gli stessi da cui dura la nostra collaborazione a «Filmcronache», su cui abbiamo fatto le “prove generali” per i dizionari. Claudio è membro della giuria del David di Donatello. Matteo ha scritto un libro su Friends e uno su Peter Jackson, ha creato davidlynch.it, attorno alla cui pagina facebook si raccoglie la più grande community italiana di fan del regista di Twin Peaks, e in questo momento è impegnato proprio nella scrittura di un libro tutto dedicato a Lynch, sempre per BeccoGiallo. Le accattivanti illustrazioni all’interno dei dizionari sono di Daniel Cuello, attivissimo sul web e di recente autore completo di una graphic novel per Bao, si intitola Residenza Arcadia, ed è imperdibile. Come abbiamo provato a fare noi con i testi, Daniel è riuscito ogni volta a catturare l’essenza delle serie trattate e reinterpretarle.
Marchio
Qual è, dunque, il vostro marchio distintivo? Cosa vi rende riconoscibili, definisce il vostro stile nell’analisi seriale che fate?
Claudio: Da un punto di vista formale abbiamo cercato di mantenere una scrittura pop, ironica, non accademica, attenta a non usare troppi concetti astratti, eppure – e questa è anche una serendipità – capace di toccare questioni profonde e di farsi, volta per volta, analisi sociologica, filosofica, psicologica, estetica, etica, musicologica, eccetera. Il tutto, però, sempre dall’interno del linguaggio specifico delle serie tv, senza (speriamo!) sovrainterpretazioni. Abbiamo cercato di entrare sempre più nei meccanismi sia dei racconti, sia della loro percezione da parte nostra in quanto pubblico.
Matteo: Secondo me si sente che ci divertiamo. Cerchiamo ogni volta di inventarci qualcosa che restituisca l’atmosfera della serie in questione, e la struttura ci permette di giocare con tanti punti di vista diversi, alternando complessità e leggerezza, analisi e narrazione. Credo si instauri una complicità con il lettore, come quando tra amici fai una battuta che cita una serie e vi capite al volo. Il nostro nerdismo si è scatenato con Stranger Things: abbiamo compilato per i personaggi delle vere e proprie schede di Dungeons & Dragons e stampato capovolte e in negativo le pagine riguardanti il Sottosopra…
Salto dello squalo
Come ci ricordate voi stessi, quando si parla di “Jumping the Shark” s’intende un escamotage per salvarsi dal declino narrativo e non è detto che questo trucco sia dei migliori, insomma. A me non pare proprio, ma avete dovuto saltare qualche squalo o non è stato necessario?
Claudio e Matteo: Siamo al secondo dizionario, quindi forse ancora no! Ma dacci tempo…
In un trip post Black Mirror ho pensato che fosse in qualche modo controcorrente produrre qualcosa di cartaceo per parlare di un tipo di fruizione totalmente differente. Uscendo un po’ dagli schemi, dunque, dobbiamo dare ancora fiducia alla carta? Perché?
Claudio: Assolutamente. La storia della comunicazione ci insegna che l’arrivo di un nuovo mezzo non ha mai soppiantato il precedente. È accaduto nel passaggio dall’oralità alla scrittura, dal teatro dal cinema, dalla radio alla televisione, dal pc al cellulare, dall’analogico al digitale. Il mezzo precedente non è mai morto, anzi nel confronto con il nuovo ha potuto concentrarsi meglio sulla propria più genuina specificità. La carta ci aiuta a farci prendere più distacco da una serie e paradossalmente farcene riappropriare in maniera nuova, inaspettata. In altre parole, ci consente un approfondimento impensabile per i tempi estremamente ristretti della rete. Il libro resta ancora un oggetto tangibile, fisicamente affettivo in un mondo in cui tutto è volatile.
Matteo: E vuoi mettere avere le copertine di Cuello in mostra sulla libreria?
Delle Serie Tv citate in questa seconda opera, quali sono le vostre preferite?
Claudio: Downton Abbey per la capacità di trasportarci di peso in un altro mondo salvo poi scoprire che parla del nostro più di quanto non saprebbe fare un racconto ambientato nella contemporaneità. Black Mirror per l’alto grado di stregamento nonostante i pugni allo stomaco. Sense8 per il senso di nostalgia e il desiderio d’amore che riesce a instillare. Transparent per il fortissimo invito a non lasciarsi morire.
Matteo: Sherlock, perché è una reinvenzione del personaggio di Conan Doyle stratificata, che non riposa mai sugli allori, evolve, cambia, ti manda in pappa in cervello, ti esalta, ti delude, ti conforta, ti tortura, ti diverte, ti commuove. E ti fa tornare a leggere Conan Doyle. How I Met Your Mother, perché Barney è leggendario e perché non sempre le cose finiscono come vogliamo. Will & Grace, perché fa ridere, perché è intelligente, perché parla a tutti, perché c’è Karen. Ma potrei continuare (c’è per esempio The Good Wife, che forse non l’avete vista perché vi sembrava che boh, e invece è una serie che wow, o The Killing: scoprire chi ha ucciso Rosie Larsen vi farà venire i brividi – ma ovviamente nel libro non lo riveliamo, neanche sotto spoiler).
Ora una domanda davvero molto banale: perché mai uno dovrebbe comprare il vostro libro?
Claudio: Perché non è mera informazione enciclopedica. Anche se si chiamano “dizionari” semplicemente per la presenza di schede in ordine alfabetico, l’aggiunta di quel “mio” suggerisce la sua natura di opera sentimentale. Infatti si può leggere dall’inizio alla fine come un romanzo che racconta una passione condivisa da milioni di persone. O anche a spizzichi e bocconi. Come uno preferisce. E trattando di serie differenti, i due volumi sono autonomi, si possono leggere in qualsiasi ordine.
Matteo: Perché vale sia come approfondimento sulle serie del cuore, sia come suggerimento di visione per le serie mai viste (con spoiler ben segnalati). E perché è una lettera d’amore nerd alle serie tv e a tutti coloro che, come noi, ne cercano sempre una nuova di cui innamorarsi.
Serendipità
Questa categoria ha un nome bellissimo che indica un evento ancor più bello: quando si cerca qualcosa e si trova qualcosa d’altro. La spiega meglio Julius Comroe Jr. “La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino”. Ed è quello che succede con questo lavoro: uno cerca un Dizionario delle Serie Tv e trova una lettura densa, divertente, acuta, intelligente e piena di spunti di riflessione. Un libro davvero unico!
Elisa Belotti