J.J. Abrams è un nome “ingombrante“, un nome che conta; è il principale ideatore di Lost. Egli è senza dubbio uno dei registi più geniali e visionari, nonchè uno dei migliori maestri di sempre nel genere di fantascienza, ovviamente insieme ad altri notissimi personaggi quali Stanley Kubrick (che rientra in un genere e categoria a parte), Christopher Nolan, Steven Spielberg, James Cameron giusto per citare quei nomi impossibili da omettere.
I film, le produzioni, le sceneggiature e le serie tv targate, firmate o semplicemente “sfiorate” dal marchio J.J.A. sono sinonimo di successo, di attesa spasmodica e di grande aspettativa ( e paradossalmente, lo sono anche quando non hanno successo).
Rapportandoci alla sua brillante e visionaria regia nel panorama seriale, dobbiamo citare almeno tre grandissimi e straordinari lavori : Alias, Lost e Fringe. Ognuna di queste serie, ha letteralmente “squarciato” e rinnovato il modo di concepire e rappresentare una storia per la televisione. Lost, è senza dubbio, il diamante della sua immensa e ancora giovane carriera; sarebbe lecito partire dalla domanda, forse, più abusata dalla critica e dai suoi fan:
“Cosa ha rappresentato il fenomeno televisivo Lost ?“.
La classica domanda che paralizza all’istante, rendendo la risposta, cosa quasi proibitiva. Lost , non è una serie perfetta (anche se la perfezione è un’idea astratta), ma è di sicuro il fenomeno televisivo che ha rivoluzionato, stravolto, ribaltato il modo di scrivere e rappresentare una serie.
Lost (2004-2010), si alimenta con il “fuoco della curiosità“, con la capacità di immaginazione e con la riflessione introspettiva dello spettatore; tre “ingredienti” che combinati tra loro, diventano sinonimo e sintesi, di un raro e inarrivabile successo. Una serie che crea enigmi su enigmi, voglia di scoprire l’essenza e la storia dell’isola, la forza della visione e del ricordo, il desiderio non sempre soddisfatto di conoscere la verità (anche se per ogni personaggio è divergente). Molti enigmi nella serie non saranno risolti, la verità si frappone tra il reale e la finzione, lasciando nella serie quasi tutto eternamente sospeso, creando dei varchi tra ciò che si comprende e ciò che sfugge.
Viene sviluppata un’idea di singolare curiosità, valida e appagante anche quando non soddisfatta, una curiosità autosufficiente che non deve portare sempre ad un sapere o una conoscenza. In Lost c’è una marea sterminata di enigmi senza risoluzione e domande senza risposta, il fumo nero, la (s)fortunata sequenza dei numeri di Hugo, il miracolo medico di John Locke, le rivelatorie visioni di Desmond Hume, l’apparizione del padre di Jack , la storia di Sawyer, l’ingresso in scena di Mister Eko, il progetto Dharma, l’ambigua figura di Benjamin Linus, la vicenda della Rousseau, la natura di Jacob ed infinite altre cose.. Chi non ha visto Lost è difficile, anzi, assolutamente impossibile che capisca; ma di sicuro inizierà già ad ardere nel suo cuore, il “fuoco della curiosità” (anche soltanto a leggere i cognomi di filosofi, scrittori e scienziati accostati ai nomi dei personaggi) finendo nella spirale che J.J. Abrams, D. Lindelof e J. Lieber hanno magistralmente disegnato.
La componente emotiva è ben marcata dal triangolo Sawyer-Kate-Jack e dal continuo odio e amore tra Jack e J. Locke.. John Locke è, a mio avviso, il miglior personaggio della serie, è un nuovo Ulisse, si lascia trasportare dal vortice della curiosità, non riuscendo sempre a salvare i membri del gruppo, anzi, il più delle volte è proprio lui a metterli in serie difficoltà. John è l’incarnazione dell’intuizione, del desiderio e dell’ intelligenza. Questi due intrecci “sentimentali“, concorrono indubbiamente, a tenere la serie sempre viva e appassionante. Lo spettatore si divide di continuo, scegliendo ora la leadership di Locke improntata alla scoperta e all’azione, o quella del dottor J. Sheppard, che per prima cosa tende a salvaguardare il gruppo e a mantenere la calma e il controllo.
In Lost non sono solo i superstiti ad esser persi e smarriti, spesso e volentieri, lo siamo anche noi. Nella serie è come se ci fosse una frantumazione e chiusura continua della narrazione, spezzata dal flashback, ripresa dagli eventi sull’isola e dalle tragedie che accadono a molti personaggi.
La tipica puntata della serie presenta i noti flashback sulla precedente vita dei personaggi, l’azione e il tempo mossi di continuo tra presente e passato; l’isola che propone un nuovo mistero; la curatissima e mutevole interazione tra i personaggi e soprattutto la nostra differente interpretazione, molti fattori e trame sono infatti per noi le stesse, ma innumerevoli altri fatti non possono essere confrontati. Una serie che riesce anche a riproporre vecchie immagini e idee legate alla classica sopravvivenza su un’isola e rimaste indelebili nell’immaginario collettivo : il classico messaggio nella bottiglia, un nascondiglio segreto, la forza della natura selvaggia, l’ immancabile costruzione della zattera, vecchi superstivi-nativi.. Una serie che presenta spunti letterari molto cari ai fans di Stephen King (La Torre nera e The Dome) e qualche piccolo parallelismo con “La Tempesta” di W.Shakespeare.
La fantascienza è un genere complesso, che non riesce sempre ad entusiasmarmi, anzi in molte circostanze per me è addirittura noiosa, e poco appagante, ma quando è ideata e rappresentata da un grande maestro come J.J.A. rappresenta sempre un’innovazione e qualcosa di insolito, anche quando non è propriamente un successo globale (caso emblematico è il film Super8 , regia di J.J. Abrams e produzione S. Spielberg).
Lost, Star Wars-Il risveglio della Forza, Super8, Star Trek (2009), Alias, Fringe sono i suoi lavori più noti ed apprezzati, ma spesso molti dimenticano la sua grande regia in uno dei film d’azione per eccellenza, ovvero Mission Impossible III con l’eterno Tom Cruise, nei panni dell’agente Ethan Hunt e la sua brillante sceneggiatura nella trilogia Radio Killer, thriller apprezzatissimo nel globo, ma non molto noto in Italia.
La visione di Lost è per ogni spettatore qualcosa di non paragonabile, non “sovrapponibile” con un’altra opinione, ecco il grande merito di quest’opera : la differente chiave interpretativa. L’episodio in Lost trascorre sempre con entusiasmo e l’immancabile voglia, mai appagata, di scoperta. Sei stagioni televisive non sono poche, ma a Lost, lo concediamo a pieno titolo. Lost è un immenso mondo divergente, o semplicemente, quel fantastico mondo di idee e immagini (reali e non), che viene a crearsi in noi.