Attenzione: l’articolo potrebbe contenere spoiler su Jury Duty.
In tempi recenti, in cui la televisione non sembra passarsela nel migliore nei modi, tra piattaforme streaming inarrestabili, potenti e pervasive, frequenti cancellazioni, un pubblico sempre più infedele e un’apparente appiattimento creativo, la linfa vitale del mezzo pare essere in difficoltà. E’ da un po’ che la televisione risulta particolarmente ridondante, uguale a sè e incapace di rinnovarsi, soprattutto nel rapporto col pubblico. L’andamento generale dei reality show può esserne considerato un interessante indice: nonostante si tratti di uno dei generi paradossalmente più trainanti ed evergreen, anch’esso necessita di un’iniezione di creatività per sopravvivere alla progressiva scalata delle piattaforme Over The Top. Nel mare di contenuti rilasciati settimanalmente dai numerosissimi media a disposizione, è stato rinvigorente imbattersi in Jury Duty, un vero e proprio faro di speranza nel mondo dei reality show, pur essendo esso stesso un titolo originale Amazon Freeveee, portale SVOD statunitense posseduto dal colosso dell’e-commerce e streaming. Inedita ancora in Italia, e probabilmente ancora per molto tempo a venire, Jury Duty è una serie tv che ha scosso il paesaggio televisivo nordamericano con un’idea geniale alla base del concept da cui il racconto si dirama.
Si tratta di un reality show parodico che, nel suo assumere e rielaborare alcuni degli elementi cardine del genere, propone una frizzante satira sulle convenzioni e cliché classici del contesto di riferimento: dei reality e, in questo caso, delle giurie statunitensi composte per assumere un verdetto nei processi svolti nelle corti tribunali. Proprio col fine parodico, Jury Duty pone al centro Ronald Gladden, un ignaro individuo medio americano, residente a San Diego, in un contesto fittizio in cui il resto del cast si compone di attori. Egli è dunque parte di una trail jury, col compito di seguire e giudicare un insolito caso in tribunale assieme agli altri membri della commissione. In questo caso però, tutti recitano una parte, a eccezione del povero protagonista, vittima di uno scherzo ed esperimento che lo segue per ben diciassette giorni, in cui mantenere segreto il carattere non ufficiale della vicenda è una vera e propria sfida dai risvolti comici.
Il jury duty fa riferimento al diritto costituzionale che ciascun cittadino americano ha a un processo con giuria. Tra le giurie coinvolte nei processi, la trial jury è quella tipologia standard di commissione che si compone di un numero compreso tra sei e dodici cittadini statunitensi dalle eterogenee caratteristiche demografiche e anagrafiche. Essa è impegnata a ascoltare le evidenze presentate durante tutto il corso di un processo criminale, per poi essere incaricata di formulare un verdetto di colpevolezza o innocenza della parte accusata. Le deliberazioni della trial jury sono private, ma non nel caso dello show, sono seguite costantemente, segretamente, dalle telecamere nascoste per tutto il tribunale del Huntington Park Superior Court, nella contea di Los Angeles.
Per trovare un protagonista non attore per Jury Duty, la selezione ha avuto luogo tramite un annuncio su Craiglist, da cui è stato poi selezionato lo sventurato Ronald, destinato a essere vittima e spettatore di dinamiche surreali e grottesche.
Definire Jury Duty solo come reality show è riduttivo: è una vera e propria comedy parzialmente improvvisata e con stile di falsodocumentario. Con il pretesto di realizzare un fittizio documentario sullo svolgimento delle attività di una jury trial statunitense, i personaggi vengono seguiti esplicitamente dalle telecamere, a cui si raccontano persino in una sorta di confessionale, mentre ripercorrono le vicende di un bizzarro caso che sono chiamati a giudicare. Ovviamente, l’unico a raccontarsi nell’onesta della sua esperienza, è proprio Ronald, che non recita mai una parte a differenza di tutti coloro che lo circondano.
Oltre a tutti gli attori, impegnati ad interpretare il giudice del caso, le parti coinvolte in esso e tutte le forze dell’ordine della corte, a Ronald si affiancano gli undici compagni di giuria, a cui si somma l’alternato in caso di assenza di uno di questi. E l’alternato altri non è che James Marsden, che interpreta una versione egoriferita ed eccentrica di sè stesso, come una vera, fastidiosa, celebrità. Proprio col pretesto del coinvolgimento della popolare star cinematografica nella giuria, i dodici vengono costretti a non avere contatti con l’esterno, seguiti per i diciassette giorni di processo e obbligati a risiedere in un hotel senza la possibilità di impiegare device personali e con la comunicazione coi propri contatti limitata. Tale limite è la scusa ideale per impedire a Ronald di rendersi conto della non ufficialità del contesto.
Durante i diciassette giorni di processo di Jury Duty, gli attori coinvolti danno vita a situazioni cringe e commiche, a tratti surreali che, sommandosi, mettono alla prova il povero Roland, ignaro di essere protagonista di una delle situazioni più folli della sua vita, manovrata ad hoc dall’esterno.
Gli attori che circondano il protagonista non sono noti nel panorama mediale mainstream, per impedirne ovviamente l’identificazione, e hanno dato prova d’esser dei brillanti comici e abili improvvisatori. Gli undici orientano le vicende, le scelte e le azioni di Ronald, mantenendo il segreto a tutti i costi e risolvendo le situazioni con prove di ferrea improvvisazione. Il che rende il tutto esagerato, brillante ed esilarante, soprattutto nel prender nota delle impressioni dell’ignaro, messo alla prova da dinamiche tutt’altro che semplici. Nei diciassette giorni di processo, Ronald si interfaccia con folli sfide che ne provano il valore e ne mettono in ridicolo la non-conoscenza; mentre al processo si affiancano dinamiche quotidiane e sceneggiate tra i personaggi, che contribuiscono a rendere lo show una brillante comedy parzialmente scripted. Così, Jury Duty è un esperimento comico al confine con la cringe comedy: come se l’umorismo di sitcom come The Office prendesse forma nella vita reale per testare la percezione e pazienza altrui. Per metterlo alla prova, gli attori spostano la giuria in contesti esterni ed estranei, tra feste di compleanno finite male, cocktail night in cui si sforano i budget e inappropriate relazioni interpersonali che si sviluppano tra i membri-attori. La giuria diventa un vero e proprio cluster di individui legati tra loro: condividono esperienze, aneddoti e quotidianità, al punto da diventare amici sinceri, nonostante il muro del ruolo interpretato.
Ronald viene persino nominato portavoce della giuria, il che lo rende necessariamente un elemento di congiunzione tra i folli individui con cui condivide l’incarico.
Oltre a un ingombrante Jason Marsden, la giuria si compone di personaggi fortemente caricaturali: l’insicuro e timido Noah Price, che si perde la vacanza con la fidanzata a causa del processo, e la promiscua e cinica Jeannie Abruzzo, con una cotta per il giovane; l’anziana Barbara Goldstein che non può fare a meno di addormentarsi ogni qualvolta ne abbia l’occasione; l’insegnante Ross Kubiak nel bel mezzo di una crisi matrimoniale; l’inopportuno e goffo Todd Gregory, appassionato di tecnologia e socialmente imbranato. La rigida Inez De Leon, che ambisce a portare a termine il lavoro nel più professionale dei modi; e poi anche Vanessa Jenkins, Lonnie Coleman, Pat McCurdy, Ken Hyun e Ravi Chattapodhyay. Tutti nomi fittizi di interpreti che, per diciassette giorni, non hanno mai smesso di ricoprire il proprio ruolo nel comico esperimento.
Tutto è finto, tranne Ronald Green, autentico fino alla fine e in grado di districarsi tra le esitazioni e le prove in un calderone di colleghi sregolati e fuori controllo, e di un processo tutt’altro che ordinario.
Tra le bizzarrie, che seguono la giuria persino durante il macchinoso processo, il gruppo è un assortito ensamble di grotteschi personaggi in grado di dare vita a una delle sitcom più interessanti dell’anno, proprio grazie all’elemento di realtà che contraddistingue Jury Duty. Un’irresistibile commistione di elementi, generi e assurdità per un titolo di grande successo negli Stati Uniti, e che sicuramente farà discutere, meritatamente, a lungo.