La fine dell’anno è sempre un ottimo momento per tirare le somme, soprattutto quando coincide con la fine di alcune serie tv. Il 2021 ci ha regalato non pochi finali: alcuni all’altezza delle produzioni giunte al capolinea e che ci hanno inevitabilmente spezzato il cuore – ma perché le serie tv devono finire, non possono durare per sempre? – altri che non sono stati gestiti nella maniera più esemplare e che abbiamo accolto con maggior freddezza, altri ancora ci sono sembrati una manna dal cielo, perché un’ulteriore continuazione avrebbe potuto aggravare ancor più il già evidente declino di una serie – ma perché le serie tv devono durare in eterno, non possono finire al momento giusto?– ogni riferimento a La Casa di Carta o Lucifer è puramente casuale. Cerchiamo dunque di fare il punto della situazione su alcuni show giunti al termine quest’anno e di capire se questo sia avvenuto per fortuna o purtroppo. Ma attenzione: non sempre le motivazioni per le quali si arriva alla medesima etichetta sono uguali, ogni produzione ha avuto una sua storia e un suo andamento che potrebbero portarci a urlare per fortuna anche nel caso di serie molto amate o purtroppo per produzioni che hanno sì avuto un ottimo finale, ma che avrebbero ancora avuto qualcosa da dire.
1) American Gods (per fortuna)
La storia della produzione Starz adattata dall’omonimo romanzo dell’autore Neil Gaiman del 2001 è stata travagliata fin dagli inizi: la prima stagione aveva ottenuto un buon debutto e sembrava aver incontrato il favore del pubblico, tuttavia i due creatori Bryan Fuller e Michael Green hanno lasciato lo show subito dopo e la palla è passata nelle mani dello showrunner Jesse Alexander per la seconda stagione, e poi è rimbalzata da Charles Eglee per la terza (con la supervisione dell’autore stesso). Questa discontinuità non ha di certo giovato allo show, che nella sua seconda stagione non ha convinto per via di numerosi buchi di trama e della confusione che ha contraddistinto le storyline dei personaggi. La terza stagione sembrava essersi ripresa, ma il caos della seconda ha comportato una notevole riduzione del pubblico. A questo si aggiunge l’allontanamento di Marylin Manson dopo le accuse che lo vedevano protagonista. Insomma, una grande baraonda che è sfociata nella cancellazione dello show. Niente quarta stagione, dunque, ma visto l’andamento della situazione probabilmente è un bene.
2) Atypical (purtroppo)
Nel caso di Atypical, il discorso è ben diverso. Questa commedia drammatica creata da Robia Rashid per Netflix ha avuto il grande pregio di mantenersi su un alto livello dalla prima all’ultima stagione, trattando in maniera schietta e originale una tematica che sulla carta non è per niente semplice da affrontare: la vita di un adolescente con la sindrome di Asperger. La quarta e ultima stagione della serie conferma la maturità che si era intravista nelle stagioni precedenti, portandola a uno step superiore, oltre a chiudere perfettamente il cerchio di tutte le situazioni personali dei protagonisti, sempre poste al centro della narrazione con grande onestà. Un ottimo finale, dunque, che però non fa mettere il cuore in pace: un prodotto di qualità così alta, veicolo di messaggi importanti e con la capacità di trasmetterli nel modo più giusto avrebbe di sicuro avuto ancora qualcosa da dire.
3) La Casa di Carta (per fortuna)
Se ai tempi della prima stagione avessimo dovuto ipotizzare quale etichetta avremmo messo a La Casa di Carta in un articolo del genere, non ci saremmo mai aspettati questa. Vero, non si tratta di una serie amata da tutti tutti, però la serie spagnola ha conquistato una fetta grandissima di pubblico, stupendolo con i suoi colpi di scena improvvisi e una sana dose di trash. Il problema de La Casa di Carta, però, è stato quello di non riuscire riconfermarsi stagione dopo stagione. Nel corso del tempo, la serie ha perso la sua verve e tutti quegli elementi che la rendevano accattivante. La sua conclusione con la quinta stagione, dunque, è da ritenersi una fortuna perché un ulteriore allungamento della trama avrebbe rischiato di far degenerare del tutto la serie e suscitare ancor più malcontento da parte dei fan. Tuttavia, è stato annunciato uno spin-off su Berlino, una soluzione che potrebbe soddisfare i fan de La Casa di Carta, senza creare danni al filone principale.
4) Lucifer (per fortuna)
La situazione di Lucifer non è molto lontana da quella de La Casa di Carta: un inizio bomba che ha addirittura portato i numerosi fan a ribellarsi in massa alla cancellazione attuata dalla Fox al termine della terza stagione. La serie sembrava avere tutte le carte in regola per guadagnarsi la fiducia totale del pubblico: una spiccata ironia, un interessante materiale mitologico, un attore protagonista di eccezionale talento e momenti intensi e drammatici a bilanciare le fasi più divertenti e leggere dello show. Lucifer però è stata portata avanti anche dopo aver terminato la propria vera linfa vitale e nonostante un finale abbastanza soddisfacente, nelle ultime stagioni si è sentita l’insipidità del brodo allungato. Di sicuro spiace lasciarsi alle spalle il diavolo interpretato da Tom Ellis, ma la sensazione è che anche solo una stagione in più avrebbe rovinato irrimediabilmente un lavoro senz’altro imperfetto ma sempre godibile.
5) Superstore (purtroppo)
Sei stagioni possono sembrare troppe, ma per una comedy del livello di Superstore non sono nemmeno abbastanza: questa serie creata da Justin Spitzer per NBC è contraddistinta da un’originalità che la rende facilmente distinguibile e da una comicità all’apparenza leggera, che però nasconde sempre una chiave di lettura più profonda. Il ritratto dell’America contemporanea che emerge da Superstore sembra davvero fedele, a tratti surrealistico e contraddittorio, ma reale proprio per questo. Nonostante questo ampio ventaglio di caratteristiche efficaci, la serie è spesso rimasta nascosta all’ombra di altre grandi comedy e ora è giunta al capolinea: è un vero peccato, perché ci troviamo davanti a uno dei pochi casi dove l’avanzare delle stagioni non ha intaccato per niente la qualità del prodotto.
6) Supergirl (per fortuna)
Dopo l’addio di Arrow, un altro frammento di Arrowverse ha raggiunto il sui culmine. Sembra che nel caso di Supergirl la pandemia abbia giocato un ruolo decisivo nella cancellazione. In ogni caso, è anche vero che la serie con Melissa Benoist nei panni della protagonista negli ultimi tempi stava seguendo proprio la scia che aveva portato al declino di Arrow: situazioni reiterate, vicende simili alle precedenti e stessi schemi narrativi riproposti in mille salse, ma con la stessa sostanza. Il rischio di un proseguimento sarebbe stato quello di spolpare all’inverosimile una storia che aveva ancora pochissime carte da giocarsi.
7) Brooklyn Nine-Nine (purtroppo)
Quando la qualità di una serie riesce a restare alta, il numero delle stagioni non si fa per niente sentire: è la ragione per cui l’addio di Brooklyn Nine-Nine dopo otto stagioni è stato accolto con rammarico. Un perfetto mix di risate, riflessioni e crescita ha contraddistinto la comedy statunitense dall’inizio alla fine, per culminare in una conclusione che non solo ha chiuso i vari filoni aperti della trama, ma ha anche saputo strizzare l’occhio ai fan con una serie di soprese dedicate proprio a essi. Ecco perché è un peccato che lo show sia giunto al termine, si sentirà la mancanza di un prodotto così ben costruito ed efficace sotto molteplici punti di vista. Ma siamo già tutti pronti a fare un rewatch.
8) Shameless (per fortuna)
Le vicende della famiglia Gallagher, sviluppate in uno stile dissacrante, irriverente, ma sempre onesto e carico di spunti di riflessione, hanno accompagnato gli spettatori per ben dieci anni e un totale di undici stagioni. Il pubblico ha spesso apprezzato la capacità della serie di trattare le tematiche più complicate e spinose senza edulcorare niente, restituendo un ritratto della vita quotidiana nella prospettiva di chi vive nel quartiere più basso e povero di Chicago. Col passare delle stagioni, tuttavia, Shameless ha perso la sua carica di ironia e sarcasmo e i fan di vecchia data sono concordi nell’affermare che gli ultimi episodi sono molto meno efficaci dei primi. La conclusione della serie arriva dunque per fortuna: è sempre brutto vedere un buon prodotto rischiare di naufragare e rendersi irriconoscibile.
9) Gomorra (per fortuna)
Gomorra ha avuto il pregio di portare sullo schermo una tematica complicata come quella della criminalità organizzata cercando di smarcarsi dai soliti prodotto che cercano di trattare l’argomento ed evitando il rischio di cadere nella banalità. Dopo cinque stagioni, la serie è giunta al termine e questo è un bene: da un lato, perché la qualità delle prime due stagioni non si è riconfermata nella seconda e la quarta, anche se la stagione finale sembra aver soddisfatto a sufficienza gli spettatori; dall’altro lato, Gomorra è riuscita a raccontare quello che aveva da dire e fermarsi al momento giusto, senza cadere nella tentazione di allungare il brodo per cercare di tenere in vita la serie oltre il suo tempo.
10) L’Uomo di Casa (purtroppo)
L’ultima tappa del nostro viaggio ci porta alla conclusione de L’Uomo di Casa, sitcom statunitense che si è fermata alla fine della sua nona stagione. Al centro di essa le avventure della famiglia Baxter, che cerca di andare incontro all’attualità e la modernità del mondo, ma è ostacolata dal protagonista, il padre di famiglia, ancorato ai valori tradizionali. La serie porta sullo schermo stereotipi e convinzioni, mostrandoli sotto vari punti di vista e accentuandone le sfaccettature, mettendo sempre alla prova lo spettatore che può partecipare attivamente alla visione prendendo posizione o elaborando le proprie idee a riguardo. La componente comica è molto forte e sempre efficace, in grado di smorzare la serietà di alcune tematiche trattate. La sensazione è che nuove stagioni avrebbero saputo mantenere lo stesso smalto delle prime e avrebbero potuto suscitare altre risate e situazioni. Invece, il 2021 ci ha fatto dire addio anche a questo show.