Ammettetelo. Nel momento in cui avete letto il titolo di questo pezzo nella vostra mente è risuonata la voce gracchiante di René Ferretti: “alla Lars von Trier! All’olandese! Nudo!“
Che poi il maestro del cinema sia danese e non olandese è un dettaglio. Di poca importanza. Quello che conta è che il nostro regista preferito prenda come esempio un luminare per cercare di mettere a proprio agio i suoi attori. E poco importa che questo luminare non sia proprio famoso per mettere a suo agio gli attori con cui gira.
Insomma, tra René e Lars von Trier non c’è molta affinità. Del resto il primo ha vinto il Baule d’oro per Passami il sale mentre il secondo svariati premi a Cannes per alcuni film davvero molto interessanti.
Ma al di là dell’obbligato accostamento tra due geni della regia vorremmo spendere due parole anche sul maestro danese, nato a Copenaghen nel 1956, creatore insieme a Thomas Vinterberg del manifesto cinematografico Dogma 95 il cui scopo è quello di “contrastare una certa tendenza del cinema attuale“. Al di là dell’incipit provocatorio Dogma 95 propone diverse regole cinematografiche che lo stesso regista è riuscito ad applicare alla lettera soltanto in Idioti, del 1998. Del resto il regista definisce se stesso come “un uomo che non può mai fare due volte la stessa cosa, anche seguire le proprie regole“.
Controverso, Lars von Trier lo si ama o lo si detesta. Per restare in tema Boris probabilmente Stanis lo definirebbe “esempio di instabilità artistica“ avendo affrontato differenti generi. Dall’horror al thriller, dal drama al fantascientifico, dal musical al quasi pornografico il regista danese non si è fatto mancare assolutamente nulla dando modo ai fan di definirlo genio e ai detrattori di chiamarlo bluff.
Lars von Trier oltre al cinema si è dedicato anche alla televisione scrivendo e girando una miniserie suddivisa in tre parti conosciuta come The Kingdom (Riget il titolo originale), iniziata nel 1994 e terminata lo scorso 2022. The Kingdom ha riscosso un grandissimo successo in tutto il mondo ricevendo il plauso della critica e l’apprezzamento del pubblico. Persino Stephen King ne è rimasto incredibilmente affascinato tanto da sviluppare una serie di tredici puntate simile, trasmessa dalla ABC nel 2004 (e su Italia1 nel 2006).
The Kingdom è una serie ambientata all’interno di un ospedale psichiatrico danese dentro il quale accadono cose strane. Una serie girata con filtri che danno alle immagini un inquietante color seppia. Apparentemente un classico medical drama The Kingdom è arricchito da personaggi fuori dal comune, fantasmi e medium.
Proprio The Kingdom, con la sua narrazione claustrofobica, le sue trame contorte, i suoi personaggi al limite del grottesco e, soprattutto, i suoi temi dolorosi, ci hanno convinti che fosse arrivato il momento di proporvi cinque serie da vedere se siete fan di Lars von Trier. Siete d’accordo con la nostra scelta? Ditecelo nei commenti!
1) Twin Peaks
L’indiscusso capolavoro di David Lynch non poteva mancare. Anche perché proprio nei titoli di coda di The Kingdom Lars von Trier cita Twin Peaks come fonte di ispirazione (insieme a Belfagor, una miniserie francese del 1965). Lo stesso regista danese, in una intervista, afferma di esser stato affascinato dalla prima stagione di Twin Peaks ritenendola una serie che ha cambiato il modo di fare della televisione.
Uscita nel 1990, quattro anni prima rispetto alle prime puntate di The Kingdom, Twin Peaks è, effettivamente, una serie che ha stravolto le regole del gioco. All’interno delle sue puntate, infatti, David Lynch è riuscito a inserirci praticamente qualsiasi cosa: il sogno e la realtà, il dramma e la commedia, l’assurdo e il sensato.
La cosa che colpì di più l’immaginario di Lars von Trier fu il fatto che proprio questa quantità di elementi così particolari, il quasi eccessivo dettaglio, creasse nello spettatore una crescente tensione e con essa l’improrogabile desiderio di una conclusione inimmaginabile, mastodontica, fuori da ogni logica umana. E invece “abbiamo immaginato che Twin Peaks ci avrebbe portati a qualcosa di più grande di noi. E invece, in maniera geniale, non è stato così. E la mancanza di un finale ci ha lasciati di stucco. Che fosse volontario o meno chiudere un capolavoro come questa serie in questo modo va al di là di ogni più ragionevole immaginazione“, spiega il regista danese.
Se amate Lars von Trier e avete visto The Kingdom non potete perdervi Twin Peaks perché ritroverete le stesse atmosfere inquietanti e gli stessi deliranti personaggi, capaci di regalarvi più di un brivido lungo la schiena.
2) Black Mirror
Nel 2011 Channel 4 trasmette la prima di tre puntate di una nuovissima serie ideata e scritta da Charlie Brooker, già creatore dell’intrigante Dead Set del 2008. La sconvolgente prima puntata, intitolata The National Anthem (Messaggio al Primo ministro, in Italiano) è uno shock per gli inglesi e lo sarà per il resto del mondo quando la serie approderà su Netflix qualche tempo dopo.
Senza fare spoiler dei terroristi piegano il Premier inglese a compiere un atto immorale in diretta televisiva pena la morte di un membro della famiglia reale. Inizialmente l’entourage del Premier cerca in tutti i modi di fregare i terroristi ma nessun escamotage è possibile. Proprio i cattivi impongono linee rigidissime per la diretta molto simili a quelle del manifesto cinematografico di Lars von Trier.
Proprio Dogma 95 sembra essere il fil rouge che accompagna le storie di Black Mirror. Nel manifesto, infatti, è dura la critica alla tecnologia che democratizza il cinema rendendolo, di fatto, una farsa, un’illusione. Attraverso la tecnologia viene a mancare la verità, spazzata via dall’inganno dei sensi.
Per questo i terroristi chiedono che non ci siano imbrogli né controfigure. Che l’atto immorale venga effettivamente compiuto dal capo di governo e sia diffuso, senza censure, nel mondo intero. E il rapporto, forse malsano, tra la tecnologia e lo status intellettivo della società moderna, approfondito attraverso le stagioni di Black Mirror sono certamente un valido motivo per guardare questa interessante serie.
3) The Leftovers
Nel 2009 il regista danese scrive e dirige Antichrist con Willem Dafoe, nei panni di Lui, e Charlotte Gainsbourg, nei panni di Lei. Il film, diviso in quattro episodi, racconta la storia di due genitori obbligati ad affrontare il lutto derivato dalla perdita del proprio figlio piccolo, ciascuno a modo proprio.
Il lutto è anche uno degli argomenti trattati in The Leftovers, serie creata da Damon Lindelof e Tom Perrotta e andata in onda tra il 2014 e il 2017 per un totale di 28 puntate spalmate su tre stagioni.
Secondo Lars von Trier “i veri valori comportano sofferenza“, “la malinconia non è altro che la dimostrazione che più rappresenta la nostra vera natura” e “l’accettazione di quello che è reale non alleggerisce il peso del dolore ma ne cambia semplicemente la sua natura“. The Leftovers racconta proprio del dolore della sopravvivenza e della difficoltà di accettare la natura dell’individuo e dei suoi sentimenti per quello che sono. Attraverso la difficoltosa dell’elaborazione del lutto troviamo in The Leftovers temi cari al maestro danese che ben ricordano il suo film. Fede e simbolismo, senso della vita ma anche il libero arbitrio: tutti sentimenti che lasciano un segno sullo spettatore, partecipe del dolore dei protagonisti sullo schermo. Dolore che, nel caso del film risulta concentrato mentre nella serie, invece, diluito e, forse, più facile da gestire.
4) The Rain
The Rain è una serie danese andata in onda su Netflix tra il 2018 e il 2020. Racconta l’avventuroso viaggio di due ragazzi, sorella e fratello, attraverso mille insidie in una Danimarca colpita, attraverso la pioggia e l’acqua, da un virus misterioso che ne ha decimato la popolazione.
Il tema dell’apocalisse è affrontato dal maestro danese nel suo Melancholia, del 2011. In questo film un pianeta è in rotta di collisione verso la Terra e i protagonisti, due sorelle con le rispettive famiglie, sono alle prese con le conseguenze della fine del mondo e la depressione di una delle due. Tra le due c’è un rapporto conflittuale e al tempo stesso incredibilmente profondo.
In The Rain l’apocalisse è già arrivata ma quello che resta dell’umanità sembra non aver compreso nulla e ripercorre, in maniera più violenta e aggressiva, gli stessi errori commessi. Tra i due protagonisti, c’è un intenso rapporto basato sugli ordini ricevuti dai propri genitori e ai quali si attengono diligentemente fino a un certo punto.
La realizzazione di sé, il senso del dovere e del compiacere gli altri, il difficile rapporto tra congiunti sono alcuni temi che si ritrovano nella serie e che sembrano prendere spunto, in maniera forse più soft, proprio dal film di Lars von Trier.
5) Copenaghen Cowboy
Copenaghen Cowboy è una miniserie danese creata e diretta da Nicolas Winding Refn, figlio di Anders Refn, montatore tra le altre cose di Le onde del destino e Antichrist, proprio di Lars von Trier.
A parte questa coincidenza la miniserie di Nicolas Winding Refn sembra incarnare bene lo spirito del maestro danese soprattutto per via delle atmosfere cupe spezzate dai colori fluorescenti che ricordano un po’ un cyberpunk prima maniera. Proprio in questa ambientazione fosca e appiccicosa si dipanano le avventure di Miu (Angela Bundalovic), ragazza serba dotata di particolari poteri del tutto inspiegabili. Miu è considerata una sorta di mascotte della mala ma riesce a liberarsi e intraprendere una sorta di ricerca di sé attraverso la fuga e i combattimenti contro personaggi onirici.
Inseguita da killer professionisti e da una versione cattiva di sé, soltanto nello scontro finale riuscirà a ottenere, indipendentemente dal risultato, la redenzione e la sublimazione dei suoi peccati.
Post Scriptum.
Per la cronaca, l’episodio di Boris dove viene citato Lars von Trier è il numero 6 della prima stagione intitolato, appunto, “Come Lars von Trier“. È quello nel quale René deve girare una scena d’amore tra Corinna e Stanis mentre sul set è presente Fabio, fan di Occhi del cuore, figlio di un senatore dei Verdi e bullizzato dagli attori e dalla crew per questo motivo. È anche quel meraviglioso episodio in cui i tre autori, causa un calo disperato di tensione nella puntata che stanno scrivendo, decidono di farli scopare, così de botto, senza senso. Un modo dire che ormai è diventato comune nel nostro quotidiano parlare, sinonimo di quanto questa seria sia entrata dentro ciascuno di noi.