“Anarchia” è un termine che sentiamo nominare spesso, riferito per lo più alla sfera politica. Siamo abituati ad associare ai comportamenti anarchici giudizi negativi e concetti come la distruzione, la prevaricazione del forte sul debole, il caos.
Evidentemente c’è qualcosa di vero in tutto ciò, dato che la linea che separa l’esercizio della libertà personale dal sopruso può essere assai sottile, ma l’argomento è molto più complesso di quanto si pensi.
Anarchia significa autogestione; avere il controllo completo e diretto su se stessi e sulle proprie azioni.
Se dimentichiamo per un attimo l’ambito prettamente politico nel quale il vocabolo viene usato, ci rendiamo conto che tutti noi abbiamo atteggiamenti anarchici: per esempio nel momento in cui non permettiamo a nessuno di dirci cosa fare e cosa pensare, o quando prendiamo una decisione in totale autonomia.
I personaggi delle serie tv sono spesso degli anarchici. Non sono, almeno per la maggior parte, uomini e donne desiderosi di abolire le leggi e ogni parvenza di ordine, eppure presentano uno spiccato senso del libero arbitrio… Perchè questa parola difficile, anarchia, può avere innumerevoli sfumature.
Vediamone qualcuna insieme!
1. L’anarchia dell’uomo libero: le dimissioni del Mastino (Game of Thrones)
“Me ne frego della Guardia Reale. Me ne frego della città… Me ne frego del Re”. Con tali parole Sandor Clegane rassegna le dimissioni dall’incarico di protettore personale di Joffrey, e manda al diavolo la battaglia per il Trono di Spade e tutti i signori che la combattono. L’anarchia del suo cuore regna sovrana!
In questo caso il comportamento del Mastino denota il fallimento di concetti assai antichi, quali le regole dell’onore, della cavalleria e dell’obbedienza verso il re: egli è, se vogliamo, il prototipo dell’uomo moderno, che salvaguarda se stesso perchè ha capito che la sua vita non vale meno di quella di un sovrano. Per lui non vi sono nobili o reali, non esistono crociate suicide e guerre “giuste” o sante… Ammette un’unica ragione per cui valga la pena di combattere: per difendere la propria incolumità. E sa che dovrà farlo in un mondo cattivo e desolato.
Nel momento in cui abbandona la città, sente ormai che tutti gli uomini sono sulla stessa barca, ovvero destinati a lottare e a soffrire per sopravvivere; non chiede il perdono, non chiede il permesso. Semplicemente, sceglie.