5. L’anarchia criminale: lo Stato è l’assassino (Romanzo Criminale)
“E a me nun me va de fa’ i favori a chi nun me s’è inc****o pe’ na vita, a chi me fa mori’ de fame e se me ribello me sbatte pure ar gabbio! A me dello Stato nun me ne frega ‘n c***o, hai capito, Libano?”
Questo accorato sfogo viene dal “Freddo“, un personaggio di Romanzo Criminale: quando un capo della Camorra chiede alla banda di aiutare i suoi uomini a ritrovare Aldo Moro, egli rifiuta con rabbia di prodigarsi per lo Stato, anche se il lavoretto potrebbe valere a lui e agli amici la riconoscenza dei Servizi Segreti.
Le sue parole e la sua condizione di fuorilegge rispecchiano il misero fallimento dell’autorità governativa e della legalità in generale: poichè il Freddo non è diventato un delinquente per arricchirsi senza faticare o per semplice passatempo… E’ stato il difficile background in cui ha sempre vissuto a spingerlo verso la criminalità; si dedica alla violenza e agli affari loschi per non essere schiacciato da una situazione di disagio cui gli organi governativi, con i loro codici e tutto il resto, non riescono a rimediare: per lui lo Stato è una madre che l’ha abbandonato, dalla quale non vuole più niente e alla quale non è disposto a dare nulla.
Attraverso lo stile di vita che ha scelto intende entrare in competizione con lo Stato, per vendicarsi dei torti subiti e per dimostrare a se stesso di non avere bisogno di leggi.
Quanto è realistico il quadro di anarchia dipinto da Romanzo Criminale…?