La nostra vita è scandita dalla musica. Possiamo trovare una canzone per ogni esperienza, ogni emozione, ogni momento. Il solo ascoltare quelle parole ci fa star bene perché comprendiamo di non essere gli unici a sentirci così. Questo succede quando ci lasciamo cullare dalle note dei Linkin Park.
Colonna sonora della vita di molti, le loro canzoni hanno aiutato e intrattenuto vecchi e giovani di tutto il mondo. Con quello stile originale tra rap e metal, la grande varietà nei loro testi e nel loro sound, la voce meravigliosa del compianto Chester Bennington. Perché lui:
Urlava come un demone, cantava come un angelo, viveva come un uomo. È morto da leggenda.
I Linkin Park ci hanno regalato canzoni immortali, dai molteplici significati e di cui riconosciamo immediatamente le parole, le quali rappresentano noi e questi 10 personaggi delle serie tv. Andiamo a scoprirli insieme.
1) In The End – Daenerys Targaryen
Una delle più belle canzoni dei Linkin Park, di quelle eterne che non muoiono mai.
In the End racconta di un lungo cammino. Lo abbiamo percorso per arrivare dove siamo con grande fatica e determinazione. Tutti gli sforzi compiuti, tutto il dolore e le umiliazioni, sono serviti per ottenere qualcosa di positivo. Come è successo a Daenerys Targaryen in Game of Thrones. È stata esiliata, venduta, stuprata, rapita, minacciata di morte più volte. Ha perso suo marito e suo figlio. Ciò nonostante è riuscita ad arrivare a Westeros.
C’è però un senso di insoddisfazione in quelle note, così come in Daenerys. Lei vuole di più, vuole quello per cui è nata: il Trono di Spade. Per ottenerlo dà tutto: il suo esercito, le sue navi, i suoi draghi. E perde tanto, troppo. Eppure non basta, non serve a niente perché tutti le voltano le spalle, venendo tradita dalla persona che le sta più vicino, quella di cui si fida ciecamente.
Tutto quello che ha guadagnato si è dissolto. Perché alla fine è morta e nulla ha avuto più importanza.
2) Numb – Mickey Milkovich
Tutto quello che desidero fare è essere più come me e meno come te.
Chi non si è mai sentito così almeno una volta? Schiacciato, oppresso da un qualcosa che non ci permette di essere noi stessi. Che sia la società oppure una figura vicino a noi, alla quale siamo molto legati. Proprio quella persona che ci giudica e ci oscura non ci lascia liberi di essere quello che vogliamo. La rabbia cuoce dentro di noi e vorremmo solo urlare. Come fa Chester in Numb. È proprio così che si sente Mickey Milkovich in Shameless.
L’oppressione di un padre omofobo lo porta a non sentire più niente, se non un odio verso il mondo, verso se stesso e verso Ian. Lo odia perché, pur amandolo, non può averlo. Essere un Milkovich inoltre comporta agire in un determinato modo. E se per tutta la vita vieni trattato come spazzatura, alla fine finisci per crederci.
Ian lotta per lui e questo gli fa capire molte cose, gli fa raggiungere l’amore. Perderlo è peggio che essere picchiati. Così si ribella. Al padre, alla società. E finalmente può esprimere il proprio io.
3) What I’ve Done – Spike
Riflettere su quello che abbiamo fatto e stiamo facendo per il mondo, per le persone che ci vivono, per quelle che amiamo. What I’ve Done fa proprio questo, mettendoci di fronte al male compiuto. Avremmo potuto agire diversamente? Avremmo potuto evitarlo? Domande che Spike di Buffy non si pone all’inizio. Era uno spietato vampiro che ha devastato Europa e America per più di un secolo. Uccidendo due cacciatrici, tantissimi innocenti, persino sua madre. Avrebbe fatto lo stesso con Buffy e i suoi amici. Ed è proprio nel suo tentativo di stuprarla che si rende conto di “quello che ha fatto”.
Perché con What I’ve Done i Linkin Park non parlano solo del male, ma anche di riscatto.
Affrontare il male compiuto permette di accettarlo e di ripartire da lì per cambiare, intraprendendo un percorso di espiazione per riscattarsi agli occhi di chi abbiamo ferito e di fronte a noi stessi. Ed è quello che fa Spike: ottiene la sua anima per poter dare alla donna che ama quello che merita. Per farsi perdonare e riparare la fiducia tradita.
4) Bleed It Out – June Osborne
Il mondo descritto in Bleed It Out è permeato dalla violenza, dall’istigazione, dall’antipatia, dal male, dal sangue che ne inonda ogni parte. Non si può sfuggire a quella realtà e ai pericoli da essa portati. È lo stesso terribile mondo in cui si ritrova imprigionata June in The Handmaid’s Tale. Gilead è un regime totalitario e dittatoriale dove ogni libertà è soppressa, dove le donne sono oppresse, annullate, cancellate, ridotte a oggetti. Private dei loro diritti, persino del loro nome.
E allora che fare? Si rimane semplicemente a guardare? Si subisce in silenzio per paura delle conseguenze?
Non è quello che canta Bleed It Out, non è quello che fa June. Lei reagisce a una realtà che non le piace, in cui non può essere se stessa, in cui fondamentalmente non esiste. Non importa quello che perderà nel cammino, quanto sangue, sudore e lacrime dovrà versare. Perché la ricompensa è la sua libertà. E la sua reazione, come descrivono i Linkin Park, sarà violenta.
5) Somewhere I Belong – Annalise Keating
Le strofe di Somewhere I Belong raccontano di una sensazione di immobilità. Una sorta di blocco che ci impedisce di andare avanti e che si nutre del nostro dolore, della nostra tristezza, del nostro tormento. C’è la consapevolezza che qualcosa non va in noi: siamo malati, siamo sbagliati, siamo imperfetti. Annalise Keating di How to Get Away with Murder si è sentita spesso così, definendosi in modi orribili: un fallimento, una viziata, una sgualdrina, un essere disgustoso, un rifiuto, un mostro. E così è cambiata, talmente tanto da non riconoscersi. Entrando in una spirale negativa senza uscita.
Ma dopo ogni temporale spunta il sole. Ecco che vogliono dire i Linkin Park con questa canzone. Perché nonostante ci sentiamo sbagliati, vogliamo guarire una volta per tutte. Uscire dalla malattia, essere felici di nuovo, avere un posto da chiamare casa.
Questa volontà c’è in Annalise che trova dentro di sé la forza per curarsi, ammettendo chi è, che cosa ha fatto. Vincendo la sua battaglia più grande: amarsi di nuovo.
6) Leave Out All The Rest – Walter White
Tutti ce lo siamo chiesti almeno una volta: che cosa succederebbe se morissimo? La risposta conduce a un’altra domanda: che cosa lasceremo ai nostri cari? Se lo chiedono i Linkin Park in Leave out all the Rest, se lo chiede anche Walter White in Breaking Bad dopo la diagnosi terminale.
Che lascerà alla sua famiglia? A sua moglie, a suo figlio adolescente e a sua figlia che deve ancora vedere la luce del sole? Perché lui immagina ormai di non essere più di questa Terra. E allora decide di fare qualcosa per assicurare un futuro roseo ai suoi affetti. Non solo questo lo porterà a compiere azioni orribili, ma lo trasformerà completamente.
“Dimenticando tutto il male che ha dentro e che ha imparato a nascondere così bene”, come dicono i Linkin Park.
Eppure un barlume di umanità emerge in quella mosca che gli dà il tormento (qui il perché Fly è un episodio capolavoro). E lì vediamo che ciò che vuole è lasciare ai suoi cari un buon ricordo di sé. Che dimentichino il male e accettino il bene. Esattamente come descritto in Leave Out All the Rest.
7) Crawling – Celeste Wright
Crawling descrive in maniera fin troppo accurata la sensazione del disagio: è come se qualcosa strisciasse sotto la nostra pelle, rabbrividendoci e disgustandoci. E quello raccontato non è un disagio qualsiasi. È l’abuso sessuale che porta a provare quel sentimento. Le vittime sono perseguitate dai loro ricordi, sono confuse, arrivano persino a incolparsi. Sentono che “queste ferite non guariranno” e si vedono diverse. Arrivando davanti a uno specchio senza più riconoscere il loro riflesso.
Celeste Wright di Big Little Lies conosce la sensazione di essere chiusa in una relazione malsana dalla quale non riesce a uscire. Confondendo amore con abuso, perché questo succede alle vittime di violenza. Pensano che il loro amore possa cambiare il partner, il loro e quello dei figli. E allora subiscono. In silenzio. Si costruiscono una bella bugia per non affrontare il dolore.
Ma il muro prima o poi cade e Celeste non deve più nascondersi nell’ombra. Ci vorrà del tempo perché, una volta uscita, in qualche modo le mancherà, soprattutto i momenti felici. Perché quella era diventata la sua realtà, seppur tossica. E abbandonarla non è poi così semplice.
8) Papercut – Elliot Alderson
C’è un volto nascosto in ognuno di noi. Un’altra persona, quasi completamente indipendente, con emozioni proprie e una voce graffiante che urla nelle nostre orecchie. E quell’individuo non vuole lasciarci in pace. Ci conduce a scelte sbagliate, ci fa pesare gli errori commessi, non importa quanto tempo sia passato. Forse vuole distruggerci o semplicemente metterci di fronte ai nostri sbagli. Come farebbe la voce della coscienza. Ci mette continuamente alla prova, ora e per sempre. Eppure dobbiamo combatterla, non lasciarci abbattere, non farci condurre alla follia.
Ecco in breve il significato profondo di Papercut dei Linkin Park.
Una canzone che sembra essere stata scritta per Elliot Alderson. Il protagonista di Mr. Robot è un ragazzo tormentato. Mille voci ci sono nella sua testa e non vogliono lasciargli vivere la sua vita in pace. Quelle voci assumono un corpo, una mente, delle emozioni. Che lo influenzano, che lo rapiscono e non gli permettono di essere se stesso. Sta a lui scegliere: ascoltarle, soccombere o combatterle?
9) Castle of Glass – Jessica Jones
Un castello è resistente, duro, impenetrabile. Il vetro invece è fragile, volatile, debole. Un castello di vetro è un qualcosa di bellissimo, stupefacente, forte all’apparenza ma che in realtà si rompe facilmente. Come l’essere umano che vuole essere forte, ma che al suo interno è lacerato da un conflitto infinito. Vuole solo arrivare alla fine, ritrovare le cose belle ed eliminare il veleno dalla sua pelle. Essere di nuovo completo. Perché in quel castello di vetro c’è una crepa, simbolo della sofferenza e dell’imperfezione umana. E quella crepa potrebbe minacciare l’intera struttura.
Una metafora perfetta per descrivere Jessica Jones. Ha una super forza, eppure è segnata dagli avvenimenti della sua vita. La morte dei genitori, la solitudine, un potere che non ha chiesto, Kilgrave. Soprattutto quest’ultimo ha contribuito a creare quella crepa, quel tormento che ha portato Jessica all’alcolismo.
Perché, seppur fortissima, lei non basta per contrastare Kilgrave. Che ha fatto con quello che voleva. L’ha usata per uccidere, per il suo divertimento. E sono cose che non si dimenticano, che ci rompono. Per sempre.
10) One Step Closer – Jax Teller
Alle volte le canzoni non devono avere significati nascosti o complicati. One Step Closer è la pura espressione di un sentimento: rabbia. È il grido di dolore quando si raggiunge il limite e la frustrazione ci “porta un passo più vicino all’orlo del baratro”. E allora, in quel momento, non ce la facciamo più. Perché nessuno ci ascolta. Perché la pressione è troppa. Perché veniamo traditi, derisi, umiliati. Perché quello che siamo non è abbastanza e allora cambiamo. In peggio.
E se si scopre di essere stati manipolati dalla persona di cui più ci fidiamo, allora il cambiamento è inevitabile. Questo succede a Jax Teller in Sons of Anarchy. Lui ha una precisa visione di quello che dovrebbero essere i SAMCRO. La stessa portata avanti dal defunto padre sulla cui morte sta indagando. Ciò che affronta, la scoperta della verità su John Teller, il vero volto della madre, lo trasformano: da leale e coraggioso diviene spietato e crudele. Il mostro da cui cercava di sfuggire.
Ci sono solo due cose da fare una volta raggiunto il limite: reagire o crollare definitivamente. E Jax, completamente svuotato, sceglie la seconda.