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Com’è possibile che questi “mostri” ci piacciano così tanto?

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La galassia delle Serie Tv è un corpo celeste che possiamo definire “recente” nello sconfinato universo delle produzioni artistiche. Questa giovinezza cronologica fa sì che essa stia vivendo ancora una fase ricca di creazione di nuove stelle (da Lost a Breaking Bad, da True Detective a Sons of Anarchy e così via). Inteso non solo dal punto di vista attorale, ma anche e soprattutto stilistico, drammaturgico e narrativo. A contraltare di ciò, però, vi è anche un lieve ritardo rispetto ad alcune tematiche che in altri generi d’intrattenimento hanno raggiunto già una loro maturità. L’esempio più evidente è il concetto di “antieroe” che come vedremo è strettamente legato alla percezione del pubblico.

Nell’ultimo decennio o poco più, l’industria delle Serie Tv ha vissuto una vera e propria epifania degli antagonisti. Questo è accaduto sull’onda di un rinascimento degli antieroi avvenuto nel mondo della celluloide che a sua volta deriva da quello letterario.

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La ragione per cui l’arte, e di conseguenza il nostro gusto, ci invoglia a esplorare i nuovi orizzonti del “lato oscuro” è strettamente legata all’evoluzione della nostra società. Se, infatti, i “cattivi” hanno smesso di essere cattivi a tutto tondo, mostrando un arcobaleno di sentimenti complessi, anche i “buoni” non sono più gli eroi integerrimi a cui ci aveva abituato la letteratura e la cinematografia degli anni ’30 e ’40, ma presentano inedite zone d’ombra.

La letteratura, ovviamente, è stata la prima a sondare questo elemento.

Lo è stata dai tempi ancestrali. Senza dover scomodare l’archetipo di questo concetto, ovvero il “Tersìte” dell’Iliade di Omero o il “Don Chisciotte” di Cervantes, possiamo rifarci a qualcosa di più leggero ma comunque affascinante come “Elric di Melniboné“, protagonista dei capolavori di Moorcock a cavallo tra gli anni ’70 e ’90. O ancora più in basso il Deadpool dei fumetti Marvel o Rorschach della DC Comics.

Poi viene il cinema. Dal dopoguerra a oggi ha sondato, sfornato e plasmato una moltitudine di antieroi leggendari. In ordine casuale: L’uomo senza nome di Sergio Leone ne Il buono, il brutto e il cattivo, Il drugo Alex Delarge di Arancia Meccanica, il Padrino Don Vito Corleone, fino ad arrivare al meraviglioso Darth Vader. L’elenco potrebbe durare per ore, ma sarebbe superfluo.

Questo lungo preambolo serve per capire che la passione per l’antieroe ha le sue radici ben affondate nella nostra storia e nella nostra cultura. Nelle Serie Tv degli ultimi vent’anni ha preso sempre più piede l’esaltazione di questa tipologia di personaggio. Da Tony Soprano a Sawyer di Lost. Da Gregory House a Walter White.

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Sayid, un altro tormentato antieroe di Lost

L’impatto che questa quantità di personaggi ha avuto sulla nostra percezione e accettazione dell’antieroe è enorme. Ci affascinano. Ci piacciono. Arriviamo a immedesimarci nella loro finitudine e limitazione perché più vicini a noi e ai nostri limiti. In ultima analisi sono più “umani” degli ormai superati “eroi”. Ai quali siamo decisamente assuefatti.

Però tutto questo ha un prezzo. Siamo arrivati ad accettare l’antieroe in modo indiscriminato. Abbiamo rinunciato allo sguardo critico per lasciarci trascinare dall’impatto emotivo. Siamo arrivati ad accettare la follia come paradigma di vita. Nella sua evoluzione culturale e artistica, la differenza che sottende al rapporto eroe, antieroe e pubblico è data dalla posizione di quest’ultimo rispetto ai primi.

L’eroe da sempre contiene in massimo grado la somma delle migliori qualità umane. Questo comporta che egli sia sempre posizionato al di sopra dello spettatore (o del lettore).

Quando invece viene introdotto l’antieroe questo rapporto muta drasticamente. Essi infatti sono generalmente inferiori al pubblico come intelligenza, dinamismo o motivazione sociale. Rappresentano cioè la rivalsa sociale delle limitazioni. Hanno problematiche, dubbi, paure che li avvicinano “dal basso” agli spettatori.

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L’antieroe è quindi in generale inteso come un personaggio oggetto della simpatia e dell’immedesimazione del fandom. E questo nonostante sia solitamente portatore di tratti negativi.  Anche se assume il ruolo di personaggio cattivo, non è mai realmente o completamente malvagio. Ma si è opposto al bene per altre ragioni, mascherando una personalità originariamente positiva. Dunque l’antieroe, anche quando riveste il ruolo di antagonista, si distingue dal cattivo che invece si oppone al protagonista nella vicenda per scopi puramente malvagi.

Vediamo dunque come anche le Serie Tv, in un percorso artistico culturale mutuato dalla letteratura, dal cinema e dai fumetti, stiano cavalcando questa tipologia di personaggi. La profondità e le sfaccettature che ruotano attorno agli antieroi permettono di avvicinare ulteriormente il pubblico al proprio prodotto. Anche le trame che fungono da sostrato alle loro Serie Tv hanno il vantaggio di risultare più vicine e affascinanti.

Le ragioni che muovono le loro azioni sono più variegate e complesse di quelle comunemente affibbiate agli eroi.

C’è dunque la possibilità di cercare dei protagonisti sempre più dark, impegnati in una costante battaglia con i propri demoni che, spesso, hanno la meglio. Basti pensare a successi di critica e pubblico come Mad Men, la storia di un creativo che nonostante la fortunata carriera non riesce a tenere insieme i pezzi della sua vita privata. O ancora a Breaking Bad, in cui un professore e padre di famiglia dopo aver scoperto di avere un tumore si dà alla produzione di metanfetamina, prima per provvedere economicamente ai propri cari e poi, andando avanti nella storia, solo “per sentirsi vivo”. O Lost per dirne un’altra.

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Queste scelte di trama, tuttavia, non corrispondono a un azzeramento della morale. Anzi, in molti casi i protagonisti hanno ben in mente le regole etiche che stanno andando a infrangere e la discesa verso il lato oscuro non è mai priva di conseguenze. Che questa avvenga nel corso della serie o invece ne funga da antefatto. Il vero punto di forza non è posto solo sulle infinite sfaccettature emotive degli antieroi, ma anche e soprattutto sugli effetti dei loro demoni e delle loro cadute.

Ci seducono e ammaliano anche quando sbagliano e, nonostante tutto, non fare il tifo per loro è quasi impossibile. Prevalentemente, soprattutto nei prodotti americani, sono uomini come quelli appena citati, ma vi sono anche personaggi femminili che entrano in modo prepotente in questa visione antieroica.  Da Skyler White a Claire Underwood solo per fare gli esempi più immediati.

È la discesa nel loro vortice interiore che ci cattura come un buco nero nel grande spazio dei personaggi più amati. Veniamo risucchiati dai loro demoni che talvolta, magari in modo più edulcorato, sono i nostri. Da un lato speriamo in una redenzione finale. Dall’altro, il più delle volte, finiamo per invidiare la loro spinta interiore che li porta a reagire e ad affrontare la realtà. Con una forza e un cinismo che la società, fortunatamente, non ci concede di avere.

Da Lost a Dexter, da Breaking Bad a Game of Thrones passando per Prison Break e True Detective. Preferiamo i “cattivi” ai buoni!

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