2) Utopia
Ignorata da pubblico e critica, cancellata dopo appena due stagioni, inedita in Italia, Utopia (2013-2014) rappresenta una delle genialate incomprese più assurde della serialità. A differenza di Mad Men, punto di forza è sicuramente l’intreccio intrigante e carico di mistero. Un thriller cospirativo che vede protagonisti un gruppo ragazzi, una graphic novel e una misteriosa organizzazione segreta.
Da alcuni definita come un cult underground, Utopia aveva davvero tutti mezzi per imporsi nel gotha dei capolavori seriali. Ironia tipicamente british, iconicità di interpreti e situazioni, storia ben congeniata. Con una ossessiva domanda di fondo: “Where is Jessica Hyde?”. L’intreccio conquista per carattere avvincente e atmosfere stranianti. Eccezionale la costruzione della trama e coerente nel suo svolgimento (per quanto, pure, volutamente iperbolico).
Ma su tutto dominano gli interpreti. Unici nella loro gestualità e nella semplice potenza epifanica dei volti e delle silhouette. Jessica Hyde su tutti, una superba Fiona O’Shaughnessy. Attrice che non ha neanche lontanamente conseguito il successo che la sua carriera avrebbe meritato. Stessa, grama sorte è toccata ai suoi colleghi, che dopo questa maiuscola prova attoriale si sono eclissati dalla scena televisiva.
Difficile trovare una “colpa”. Prodotto da Channel 4 come Black Mirror, Utopia ha forse un difetto strutturale. È pensato espressamente come prodotto di nicchia e costruito come tale. L’ironia british è poco esportabile, l’amore per l’assurdo e l’iperbole troppo destabilizzanti per il vasto pubblico.
Insomma, Utopia rimane una genialata incompresa e, forse, non comprensibile. Già naufragata l’idea di un remake americano (HBO) datata 2015. Fresca è la notizia dell’acquisizione del progetto da parte di Amazon che ne ha affidato l’esecuzione a Gillian Flynn. L’attesa, come pure il rischio che venga tradita, è davvero alta.