5) Mad Men
Una serie, questa, apprezzatissima dalla critica e da certa parte del pubblico ma spesso bistrattata dai più e relegata a posizioni marginali. Mad Men ha subito spesso e volentieri l’handicap di una narrazione che acquista peso e assoluta rilevanza a distanza di tempo. Non è tanto nell’intreccio e nei singoli risvolti di trama che si concentra la forza della serie.
Non sono frequenti colpi di scena, clamorosi rivolgimenti o arzigogolati espedienti. Tutto ruota attorno ai personaggi e alle epoche che scorrono sullo sfondo. C’è un gusto raffinato, pacato, leggero. La semplicità di uno sguardo, di un’espressione compiaciuta o di una trovata pubblicitaria geniale.
Tutto va in secondo piano di fronte alla psicologia, sublime e contorta, dei protagonisti e, su tutti, di Don Draper. In lui si concentra il fascino dell’uomo d’altri tempi ma anche il vuoto interiore di chi rifiuta l’infelicità donandosi all’estemporaneità di un’emozione. Di chi non ama tirar fuori tutto quello che ha dentro, perché, molto semplicemente, non ha nulla.
Mad Men, insomma, non è per tutti. Si tratta di un’opera che necessita di una maturità culturale non comune. Muniti della giusta capacità interpretativa, però, Mad Men saprà emozionarvi in maniera inaspettata rivelandosi un incredibile capolavoro, prodotto del genio di Matthew Weiner. E quel finale…