Se c’è un vizio che non riusciamo a toglierci, è quello di considerare il progresso morale e civile come un fenomeno sociale in continuo miglioramento. Lungi da noi tediarvi con una lezione di sociologia per niente autorevole, proviamo però a capire in che modo la figura della madre di famiglia sia cambiata all’interno della situation comedy. Spoiler alert: più che un’evoluzione intesa come una progressione positiva in senso illuministico, ci troviamo piuttosto davanti a un’evoluzione a fisarmonica. Un eterno ritorno in cui delle figure cosiddette “tradizionali” convivono con quelle più “moderne”. Se è vero che da quando la serialità si è affrancata dal suo status di intrattenimento di serie C nascono personaggi femminili sempre più dinamici, è altrettanto vero che in ogni decade i personaggi di rottura hanno sempre convissuto a fianco di quelli tradizionali. Comprendere i processi evolutivi dei ruoli femminili nelle serie tv non è importante ai soli fini narrativi. Lo è anche per capire i mutamenti sociali stessi, che spesso sono mossi dalla necessità di confermare o ribaltare certi tabu e cliché (qui trovate 8 personaggi stereotipati delle Serie Tv degli anni Ottanta che sarebbe bello riscrivere oggi con maggiore profondità). Oggi, però, ci concentreremo su una sola figura: la madre nelle serie tv, la cosiddetta sit-com wife. Una figura immancabile di un genere comico apparentemente leggero e disimpegnato che, invece, ha contribuito a influenzare l’immaginario collettivo, compresi i ruoli di genere.
La madre nelle serie tv: Marion, la roccia che non può permettersi crepe.
Marion Cunningham, nata Kelp, incarna la classica moglie e madre americana degli anni 50-60, borghese e perbene, protettiva, devota e fedele ai valori morali e ai principi di una retta educazione. Casalinga a tempo pieno, la si vede quasi sempre all’interno di casa Cunningham.
Wikipedia
Ora, non ci proveremo nemmeno a stabilire se esista o meno la cosiddetta “famiglia tradizionale” nella vita reale. Una creatura mitologica che, forse, non esiste nemmeno tra coloro che la difendono tanto. Quella delle locuzioni che continuiamo a sentire ovunque, come “la famiglia di una volta” o “una madre per bene”. Espressioni di uso comune che implicano spesso un giudizio di valore positivo, ma che statisticamente trovano pochi riferimenti nella realtà. Eppure è innegabile che la “madre di famiglia” tradizionale esista nel nostro immaginario collettivo. Quel personaggio che sorregge la maggioranza delle sit-com familiari dagli anni Quaranta a oggi. Diciamo madre nelle serie tv e subito la nostra mente vola a effigi come quella di Marion Cunningham di Happy Days (1974 – 1984). Il personaggio interpretato da Marion Ross – siamo tutti d’accordo? – incarna la “tradizione”, la rappresentate di lista della madre ideale.
Marion è la casalinga tuttofare che non perde mai un colpo e sorregge stoicamente la famiglia; fa da psicologa, amica, badante, confidente, cuoca, cameriera, cabarettista, infermiera, supereroina, insegnante, amante, educatrice; dispensa amore e cure per 365 giorni, ma viene celebrata una volta l’anno. L’archetipo della casalinga degli anni Cinquanta ha preso vita grazie a personaggi come Donna Reed di The Donna Reed Show (1958-1966). Un incrollabile baluardo familiare, un esempio di virtù, saggezza e forza. Da non confondere con una figura apparentemente simile, ma profondamente diversa. Parliamo di I Love Lucy (1951 – 57) che presentava una sit-com wife che era piuttosto un’icona proto-femminista. Una casalinga che non si accontentava di una vita domestica anonima, rincorreva i suoi sogni e veniva punita dal marito per i suoi atteggiamenti “scorretti”.
Il formato tradizionale di sit-com per famiglie nacque intorno agli anni Trenta-Quaranta, in radio, con lo show di Gertrude Berg, The Goldbergs.
Nel tempo si è consolidato uno standard che ritroveremo costantemente in tutte le sit-com. A volte viene confermato, altre viene rovesciato, ma mai distrutto. Da un lato c’è “la mamma tradizionale”, quella affettuosa, ma severa e forte. Lo schema è piuttosto simile in ogni decade: c’è il marito infantile, un assortimento variegato di prole e, ovviamente, la moglie e madre che illumina la scena con grazia, perseveranza e saggezza. Dall’altro lato, invece, c’è la “mamma non convenzionale“. Quella figura che fa l’opposto della controparte “tradizionale” e spesso viene additata come un cattivo esempio. Insomma, un’anti Marion. In un momento storico in cui Ronald Reagan sedeva nella Stanza Ovale, Margaret Thatcher s’imponeva come la Lady di Ferro, il Muro di Berlino si preparava a cadere e le sit-com familiari erano l’intrattenimento più popolare, l’immagine della casalinga in stile anni Cinquanta che sacrifica sé stessa in nome della famiglia era la più quotata in televisione. Se Marion rappresentava il lato chiaro della Forza, cioè la moglie perfetta e il buon esempio di madre nelle serie tv, doveva pur esistere un Dark Side. La signora dei Sith era dunque colei che, pur avendo dei figli e un marito, non si comportava “come avrebbe dovuto” (le virgolette sono più che doverose!).
Peggy, il cattivo esempio
Le mamme “non convenzionali” non sono mai mancate e continuano a convivere a fianco di quelle “tradizionali”. Nel 1985 arrivava quel gioiello ancora attualissimo di The Golden Girls a ricordarci che una donna può avere ancora una vita, anche se ha esaurito la sua funzione “primaria” di mamma e moglie. Tra il 1978 e il 1983 arrivava Ria Parkinson in Butterflies, una sit-com britannica che metteva in scena i dubbi e le frustrazioni di una casalinga che si interroga sul senso della vita. Un personaggio che si augurava di “venire stuprata” per essere riportata in vita. Una sit-com a tratti brutale e malinconica che raccontava l’infelicità vissuta da molte casalinghe dell’epoca. Eppure, ancora oggi, persiste quella tendenza piuttosto fastidiosa nel ritenere un cattivo esempio chi si oppone al “modello Marion”. Colei che cura più sé stessa che la propria famiglia. Colei che sceglie il lavoro e che non vuole vivere come una “one woman band” casalinga tuttofare.
Sul finire degli anni Ottanta, tra i tanti, c’è un “cattivo esempio” che merita di essere ricordato: Peggy (Katey Sagal), la protagonista di Married… with Children (Sposati… con figli), una sit-com in onda tra il 1987 e il 1997 che è stata anche oggetto di diversi boicottaggi. Secondo Wikipedia, Peggy Bundy era “la moglie e casalinga dalle acconciature anni sessanta, concentrata più sul suo look che sulle faccende domestiche; pigra, rifiuta di fare qualsiasi lavoro domestico o di trovare un lavoro”. Un cattivo esempio che coesisteva con le mamme ideali, come quelle de La famiglia Bradford (Eight is enough), 1977-1981; Quell’uragano di papà (Home Improvement), 1991 – 1999; Tutti amano Raymond (Everybody Loves Raymond), 1996 – 2005; ma che ritroviamo anche nelle sit-com più attuali e più progressiste, come Modern Family (2009 al 2020) fino a quel fiasco anacronistico chiamato Call Your Mother: una sit-com malauguratamente uscita nel 2021.
Se corressimo davvero lungo un orizzonte temporale lineare in cui, come società, inseguiamo la forma migliore di noi stessi, il punto di arrivo del processo di evoluzione del ruolo della madre nelle serie tv dovrebbe portare all’affermazione di un personaggio femminile che – se vuole – può essere anche una madre, ma è prima di tutto una persona. La serialità ci ha sempre offerto una rosa di personaggi femminili molto variegata. Eppure, soprattutto nelle sit-com, il loro sviluppo è sempre in relazione alla maternità. Così ci siamo ritrovati con delle figure estreme che esistono in riferimento alla sit-com wife.
Se guardiamo ai personaggi femminili nati tra gli anni Ottanta e i primi anni Duemila troviamo tre figure principali. Ci sono “le Xena“, cioè le superdonne che possono fare tutto e che non vedremo mai badare ai propri figli (se ne hanno) o cucinare un buon manicaretto; “le Cheryl”, la moglie ne La vita secondo Jim, cioè la madre e moglie tradizionale che, più o meno, è consapevole della sua condizione di madre-moglie-badante; analogamente, negli anni Novanta, troviamo Debra in Everybody Loves Raymond. Affiancata da un marito-bambino, almeno non perde occasione per farci notare che quella condizione non la soddisfa neanche un po’. Infine ci sono “le Peggy”, cioè i “cattivi esempi” che dovrebbero farci ridere per contrasto. Nel 1994, arrivava Friends a presentare tre personaggi femminili emancipati, eppure caratterizzati da tre diverse interpretazioni della maternità. Sebbene di larghe vedute, la sit-com non è riuscita a liberarsi del tutto da alcuni cliché e ha contribuito a crearne di nuovi. Basta vedere l’epilogo che gli sceneggiatori hanno pensato per Rachel, facendola scendere da quell’aereo.
Madri sì, ma a modo nostro.
Come abbiamo detto, più che un’evoluzione, ci troviamo davanti a una fisarmonica. Un universo seriale in cui si alternano spinte progressiste a quelle più conservatrici. Come se fosse una sfida, le Marion si scontrano con le Peggy. Nel 1989 arrivavano I Simpson a mostrarci le idiosincrasie della cosiddetta famiglia tradizionale mentre in tv spopolavano le sit-com ricolme di “mamme modello”. C’erano I Robinson (The Cosby Show), 1984 – 1992, in cui troviamo Clair, una donna quarantenne, avvenente ma divertente, molto assertiva che ha 5 figli. Sebbene sia un’avvocatessa di successo, la vediamo principalmente nel suo ruolo di educatrice ferrea e moglie devota. Clair è la personificazione reaganiana dell’idea di “avere tutto”: carriera, famiglia, figli, interessi, intelligenza e bellezza. Tra gli anni Ottanta e i Novanta, sebbene declinato in varie forme, si afferma quella sit-com wife con i superpoteri che continua ad abitare ancora il nostro immaginario collettivo. Rispetto agli anni Settanta, dove c’era più spazio per le narrazioni sperimentali, trionfava infatti una visione perbenista e leggermente bigotta della madre di famiglia che lavorava, faceva le faccende, badava ai figli, era avvenente e chi più ne ha più ne metta. Una donna forte, amorevole, solida e assertiva che comunque metteva tutto prima dei suoi bisogni personali. La troviamo in Casa Keaton, Super Vicki, Otto sotto un tetto, Baby Talk, Home Improvement, Alf e via dicendo.
La sit-com wife non può esistere senza una figura a farle da contraltare.
Per brillare, la madre modello ha bisogno di figure non convenzionali. Nello stesso periodo, infatti, troviamo diversi personaggi dirompenti che proponevano una visione in controtendenza, come ad esempio Roseanne (Pappa e ciccia) dell’omonima sit-com arrivata nel 1988. Roseanne Conner è l’anti Clair del The Cosby Show. Una moglie-madre-lavoratrice rumorosa, caustica e dominante che cerca costantemente di controllare la vita dei suoi familiari. Nonostante ciò, viene comunque dipinta come una moglie e una madre amorevole che lavora sodo e cerca di dedicare più tempo possibile alla famiglia. Nel 1997 arrivava Dharma & Greg, una sit-com incentrata su due innamorati, figli rispettivamente di due culture agli antipodi, hippy contro conservatori. Una storia che per certi aspetti prelude a Grace and Frankie, lo show che ha riscritto la narrazione della terza età. Nel 2000 arrivava, invece, Malcolm in the Middle in cui Lois si presentava come un personaggio rivoluzionario, abbattendo in un colpo solo molti cliché femminili onnipresenti delle sit-com familiari.
È divertente notare come molti spettatori dell’epoca considerassero Lois una cattiva madre nelle serie tv. Forse perché oltre ad amare i suoi figli, tentava di amare anche sé stessa. Forse perché dimostrava che si può dare vita a un personaggio femminile che pur avendo figli ha anche qualcos’altro da dire. Una madre per essere una “mamma modello” può lasciarsi andare a dubbi, rabbia e perfino a crolli emotivi? Decennio dopo decennio, le madri nelle serie tv hanno iniziato a rivendicare il diritto di essere delle persone autonome. E come tali, di avere il diritto a essere imperfette, incerte, dubbiose, arrabbiate e difettose. Prima fra tutte, non possiamo non citare Mom di Chuck Lorre. Poi sono arrivati anche numerosi personaggi a dirci di non voler avere figli, sottolineando quanto la maternità sia ancora una scelta obbligata. Eppure, sebbene diversi personaggi abbiano dichiarato più volte di non volere figli, la tentazione degli sceneggiatori di fare restare incinte è sempre stata troppo forte (a patto che la donna non potesse averne, come vedremo in How I Met Your Mother). Pensiamo a Penny di The Big Bang Theory, alla quale gli autori hanno affibbiato una maternità incoerente e frettolosa rispetto al suo arco narrativo, pensando di farle un regalo di fine serie!
Auguri Penny!
Negli ultimi anni, sul piccolo schermo, sono arrivate sempre più madri bisognose di affrancarsi delle etichette e dai giudizi. Delle figure più o meno convenzionali che offrivano diverse interpretazioni del ruolo. Ma soprattutto, insofferenti dell’etichetta “madre modello”. Un giudizio ingombrante che condiziona ancora oggi molte donne che sono chiamate a fare una scelta tra tre opzioni: no figli, annullarsi, cattivo esempio! Nei drama, nelle comedy, nelle serie sci-fi o fantasy, invece, arrivano di anno in anno delle figure femminili sempre più interessanti, ben caratterizzate e tridimensionali che, pur avendo dei figli, non esistono solo in funzione di essi.
Tra gli esempi più riusciti troviamo Skyler di Breaking Bad, che è sì principalmente una madre, fa di tutto per proteggere i suoi figli, ma non esiste nella storia solo “dietro i fornelli”, passateci l’espressione piuttosto triste. Abbiamo conosciuto Cersei Lannister, che esiste come un personaggio a tutto tondo in cui la maternità è solo una delle tante caratteristiche. Per fortuna di esempi riusciti di madri che non sono solo madri ne arrivano sempre di più, da This Is Us, Sons of Anarchy, Stranger Things, Maid, The Marvelous Mrs. Maisel o Ozark.
Da Friends, Mom o How I Met Your Mother, nell’ultimo decennio è evidente il tentativo di portare in scena delle madri che non sono solo madri.
L’ascesa dei servizi di streaming e il desiderio di vedere sullo schermo dei personaggi non stereotipati in cui poterci riconoscere ha portato alla nascita di show sempre più diversificati e al superamento della cosiddetta sit-com wife, e dei suoi derivati. Nel 2021 è arrivata Kevin Can F*** Himself che ha fatto a pezzi le convenzioni imposte dalla sit-com familiare vecchio stampo, dimostrando tra l’altro l’influenza che uno show può avere sulla reale percezione del pubblico. Si tratta di una dramedy che fa partire la sua riflessione proprio dallo stereotipo consolidato nelle situation comedy: e se la sit-com wife a cui siamo abituati decidesse di prendere in mano la sua vita?
Negli ultimi anni, i personaggi femminili con figli stanno acquisendo maggiore profondità. Eppure è ancora facile imbattersi in giudizi di valore – sia da parte del pubblico che degli stessi sceneggiatori – che considerano una “madre esemplare” quella che somiglia alla sit-com wife mentre la mamma non convenzionale, quella fuori dagli schemi, è spesso accusata di essere un cattivo esempio. Questi giudizi esistono perché quel modello di riferimento popola ancora il nostro immaginario collettivo. Negli ultimi anni il formato della sit-com familiare ha perso il suo primato e con la diversificazione dell’offerta sono arrivati anche nuovi standard e personaggi. Tuttavia, sebbene in forme e quantità diverse, continuano a venire al mondo decine di sit-com familiari solo in apparenza vestite di nuovo, che confermano i soliti luoghi comuni, come Kevin Can Wait, Outmatched, Grandfathered, Dad Stop Embarrassing Me!, Dads, Mom’s friends, Full-time dad o Call Your Mother. Si respira la volontà di creare una situation comedy più attuale, ma spesso il risultato è quello di trasformare la sit-com wife nel sit-com husband, o peggio. La mamma non convenzionale non viene più additata come un cattivo esempio, eppure le dinamiche restano intrappolate in una rete di cliché stantii.
La sit-com familiare è morta?
No, non ancora. Mentre numerosissime sit-com familiari si ostinano a presentare ancora certe dinamiche anacronistiche, arrivano numerosi show in cui il ruolo della madre nelle serie tv viene esplorato con intelligenza, attualità e sensibilità. Pensiamo a Maggie di The Ranch (2016 -2019 ) oppure alla già citata Mom, intenzionata a mostrare l’essere umano, in tutte le sue fragilità, dietro quella figura a cui per decenni abbiamo chiesto di essere una roccia incrollabile. E ancora, nel 2015 è arrivata Catastrophe, la sit-com che ha analizzato le dinamiche matrimoniali con grande onestà mentre nel 2010 Mike & Molly proponeva una rivisitazione più attuale e realistica della classica sit-com familiare. Pensiamo anche a WandaVision che ha sfruttato il cliché della sit-com wife come un carburante creativo meraviglioso. E ancora Arrested Development, The Office US, The Big Bang Theory, How I Met Your Mother, Fresh Off the Boat e Modern Family che hanno saputo offrire una rappresentazione più umana e onesta della madre-moglie. Il culto a stelle e strisce della madre di famiglia in stile anni Cinquanta, la cosiddetta sit-com wife, ha influenzato, e continua a farlo, la nostra percezione. Fortunatamente, a giudicare dalle tendenze seriali più attuali, stiamo costruendo un universo di mamme dove non abbiamo più bisogno di mettere Lucy contro Donna, Claire contro Roseanne, Rachel, Robin e Penny contro Lily o Bernadette, le Marion contro le Peggy. Un universo in cui lentamente non parleremo più di brave o cattive madri, di madri di una volta contro madri ribelli e anti conformiste. Abbiamo bisogno di una narrazione libera dagli stereotipi. Ma soprattutto, libera dai giudizi qualitativi, in cui un personaggio femminile – sposato e con figli – non venga più rapportato a un ruolo predefinito, irrealistico e dannoso.
Se fossimo davvero in una progressione lineare, dunque, sarebbe il momento di dire addio alla sit-com wife, la “classica” madre nelle serie tv, per dare il benvenuto a personaggi che possono o meno avere figli, ma non per questo vengono definiti, e incasellati, in uno schema rigido. Una forzatura che non fa altro che appesantire la percezione che abbiamo delle donne nella società. Purtroppo, però, non siamo in una progressione positiva e la sit-com wife, come abbiamo visto, è sempre pronta a tornare, spesso sotto mentite spoglie. Siamo forse nell’era del sit-com husband?