In uno scenario creativo che sembra attingere sempre di più dal grande scrigno narrativo offerto dalla pratica delle trasposizioni, il panorama seriale si compone sempre di più di una pluralità di titoli che hanno origine da altre opere già esistenti. Come nel caso della recente serie tv di successo Netflix Maid, sono molti i contenuti dalla indubbia qualità che sono derivati da prodotti già esistenti. Quella dell’adattamento, da qualsiasi tipo di fonte che sia, é una pratica sempre più impiegata al giorno d’oggi con risultati più o meno soddisfacenti. A tal proposito, in alcuni casi lo show a episodi che ne deriva é talmente ben riuscito da far persino dimenticare l’opera da cui é originariamente tratto. Proprio per questa ragione, che si discostino o meno dalla trama originale, qui riportiamo alcuni esempi di serie tv talmente indipendenti e complete da non necessitare il recupero della traccia letteraria da cui sono ispirate. Possono essere tranquillamente viste senza alcun tipo di conoscenza preventiva. Non si tratta di una denigrazione del romanzo o graphic novel da cui ciascuno di questi ha tratto vita, ma semplicemente di opere audiovisive talmente ben realizzate e coerenti con sé stesse da esser capaci di reggersi e sopravvivere da sole grazie a una qualità tecnica e narrativa non indifferente.
Paradossalmente, negli ultimi anni proprio a fronte della grande quantità di adattamenti e trasposizioni, e della crescente conquista di popolarità da parte del panorama seriale, è quasi come se per la maggiore si scrivesse con l’ambizione di convertire l’opera in lungometraggio o storia a episodi. Anche per questo, spesso alcuni titoli hanno più la parvenza di una sceneggiatura che di racconto letterario.
1) Normal People
Quando la BBC Three prese ufficialmente la decisione di realizzare un primo adattamento seriale dall’opera dell’autrice irlandese Sally Rooney, molti si sono dichiarati delusi dalla scelta orientata su Normal People piuttosto che Conversation With Friends. Il disappunto era dovuto alla generale opinione per la quale la seconda opera letteraria sia ritenuta migliore della prima. Ciò nonostante, sin dal rilascio delle prime puntate, la serie tv si è da subito distinta per una raffinatezza tecnica dal forte contatto con la cinematografia. Normal People, nella sua versione a episodi, non è che la fedele trasposizione sullo schermo delle parole battute dalla scrittrice. La grande cura posta nella realizzazione della storia dà vita completa e organica alle parole, elevando il racconto e attribuendo a esso un carattere poetico e delicato. Complici le ottime performance di Paul Mescal e Daisy Edgar-Jones, Connell e Marianne si muovono in una storia travagliata e credibile nonostante in pochi possano effettivamente rivedersi in tutti i complessi intrecci di cui i due sono vittime e protagonisti.
Pur riprendendo fedelmente la storia proposta nel romanzo, grazie proprio all’eccellente lavoro posto in essere dal team, Normal People assume nuova forma pur non rinunciando alla propria essenza. Tutto ciò é valso allo show anche la candidatura a diversi tra i più importanti riconoscimenti, rilanciando l’opera letteraria stessa, che però non necessita obbligatoriamente un’attenzione importante come quella che consigliamo di rivolgere alla serie tv che ne é scaturita. La storia di Connell e Marianne segue i protagonisti a partire dagli anni del liceo fino a quelli del college, una storia che muove dalla relazione dei due per dare corpo a una vulnerabilità che può essere gestita e affrontata solo attraverso il deleterio ma propedeutico rapporto di amore e amicizia che intercorre tra i due.
Prima di parlare della sopracitata Maid, è bene segnalare Normal People, in quanto è uno dei più grandi e recenti esempi di un adattamento che supera di fatto l’opera originale.
2) Maid
Una delle più piacevoli sorprese dello scorso anno è stata proprio la miniserie televisiva di Netflix Maid. Dal riscontro positivo da parte di sia pubblico che critica, i più spesso ignorano il fatto che la storia televisiva di Alex abbia in realtà origine da un’altra opera letteraria, dal titolo Domestica: Lavoro duro, Paga Bassa, e la voglia di sopravvivere di una Madre. Il prodotto per la piattaforma streaming è infatti liberamente ispirato al racconto autobiografico di Stephanie Land e offre uno spaccato sulla vita di una giovane madre che fa di tutto in nome dell’amore della figlia. Maid racconta cosa possa voler dire vivere in condizioni di degradante povertà oggi negli Stati Uniti. Il sogno americano non è sempre brillante per tutti allo stesso modo: Alex vive alla giornata nel tentativo di garantire una qualche stabilità e sicurezza per la bambina. Soprattutto in quanto donna delle pulizie, la giovane protagonista affronta nel quotidiano una travagliata realtà economica e familiare che pare deteriorarne le chance di riscatto futuro. La protagonista di Maid si sente costantemente inadeguata e non all’altezza del ruolo di madre di cui non ha mai avuto un particolarmente grande esempio. E´ vittima e prigioniera di un contesto in cui è nata e da cui pensa di non avere probabilmente scampo.
Maid è un affresco di resilienza e umanità.
La storia che Maid propone sullo schermo è talmente spietata e realistica da dare anima e corpo al già complesso racconto della Land, tant’é che l’opera é così autosufficiente da bastare a sé stessa e permettere a noi innocenti spettatori di goderne a pieno anche ignorando beatamente l’esistenza dell’altrettanto profonda opera letteraria.
3) The End Of The F***ing World
Il black humor britannico è un marchio di fabbrica televisivo in grado di rianimare qualsivoglia tipo di racconto. Ed è così che prende corpo e identità stilistica l’acida graphic novel di Charles Forsman, The End Of The F***ing World. Più cruda nella sua versione in carta stampata, la trama assume un’aura nostalgica e vintage. A metà strada tra teen drama (solo per l’età dei protagonisti) e comedy, la storia di James e Alyssa è quella di due adolescenti che si sentono incompresi, pensano che il mondo ce l’abbia con loro e, con la prospettiva tipicamente fanciullesca, percepiscono tutto molto più amplificato. Con l’impavida decisione di scappare insieme di casa e compiere una serie di reati, i protagonisti capiscono che, se pensano di essere strani e difettosi, il mondo là fuori lo è ancora più di loro. In una realtà fatta di adulti incapaci e continue meschinità, James e Alyssa sono quanto di più puro e tormentato possa mai derivare da un contesto grigio di questo tipo.
Proprio seguendo la linea stilistico-editoriale britannica, The End Of The F***ing World si dota di una propria chiave narrativa fatta di violenza eccessiva, umorismo noir e situazioni esagerate. Il fumetto si anima attraverso una colonna sonora malinconica e rétro che alimenta il disagio interiore e esteriore dei protagonisti e che crea suggestione assieme a una fotografia che tanto richiama a quella di Wes Anderson. La serie tv prende tanto dall’opera originale pur distaccandosi altrettanto. Ponendosi a metà strada, lo show può tranquillamente essere recuperato senza avere una conoscenza fondata sul prodotto che l’ha preceduto: originariamente nata come miniserie Channel4, a fronte del successo riscontrato su Netflix, il gruppo (come da consuetudine) ha deciso di co-produrne una seconda stagione autonoma, slegata dunque da qualsiasi opera letteraria.
4) Good Omens
Nata come miniserie autoconclusiva, come nel caso della sopracitata The End Of The F***ing World, Good Omens è uno dei prodotti originali Prime Video più riusciti, ed è proprio per questo che tornerà con una seconda stagione fuori programma. Basata interamente sul romanzo del 1990 di Terry Pratchett e Neil Gaiman Buona Apocalisse A Tutti!, la prima stagione della serie tv verte attorno a due amici e nemici di vecchia data: il demone Crowley e l’angelo Aziraphale. Rappresentanti ciascuno le proprie fazioni (le forze dell’Inferno e quelle del Paradiso) sulla Terra, i due cercano di impedire quanto queste hanno in mente di fare: scatenare l’Apocalisse. La coppia di protagonisti totalmente diversi, eppure così simili, si allea per scongiurare la venuta dell’anticristo, quale fattore da cui tutto ha potenzialmente inizio.
In un rapporto di stima e rivalità che si spalma nel corso dei secoli, Crowley e Aziraphale trovano finalmente un comune obiettivo, scandito dall’entusiasmante colonna sonora basata soprattutto sui pezzi del gruppo britannico Queen. Good Omens è ritmata, irriverente, accattivante e dal sapore rétro, ragione per la quale non sorprende il ritorno con una seconda stagione inedita. Infatti, oltre all’intrigante realizzazione e raffigurazione di ciascun personaggio, la scelta di estendere la storia oltre il contesto del romanzo è un’ulteriore ragione che ci consente di goderne tranquillamente senza fruire o conoscere l’opera originale a cui si ispira.
5) Anna
Anna non è la prima trasposizione di un’opera dello scrittore italiano Niccolò Ammaniti, ma è la prima serie tv che ne trae origine. Realizzata per Sky con un totale di sei episodi, la miniserie ispirata all’omonimo romanzo si ritaglia uno spazio interessante e pressoché inedito nel panorama italiano.
Ambientato in Sicilia in uno scenario post-apocalittico, il racconto segue le vicende della tredicenne Anna e suo fratello Astor, abbandonati a loro stessi come tutto il resto dei bambini in circolazione a seguito di un virus, La Rossa, che colpisce gli adulti e che ne ha provocato la morte. Senza genitori o alcun tipo di figura adulta in generale, i bambini superstiti riversano in condizioni primordiali: hanno dimenticato ogni regola (se mai l’hanno imparata) in nome della sopravvivenza individuale nell’ostile e povero contesto di cui sono trappola nell’attesa di crescere e prendere anch’essi il virus mortale.
Anna è una serie tv sulla perdita di innocenza, sull’egoismo e sulla speranza, vera o falsa che sia.
Una serie tv crudele e ricca di violenza dove le figure tradizionalmente più pure, i bambini, sono ritratti con malvagia e bellica ferocia. Non c’è scampo per nessuno: dolore e sofferenza colpiscono ognuno dei poveri orfani in una rappresentazione simbolica, ritualistica e cinematografica. Una Sicilia spesso lontana dal contesto seriale internazionale assume vita sullo schermo attraverso le sembianze di un posto decadente e da cui non c’è via di fuga. Così come si pone storicamente la scrittura di Ammaniti, Anna é una favola cruda e spietata che diventa ancora più violenta e estrema nella sua versione a episodi. Spesso la rappresentazione grafica rende ancor più vivida un’immagine dapprima solo mentale. Nessun bambino dovrebbe vivere in una realtà così desolante e amara che sullo schermo assume un’atmosfera ancora più macabra e organica di quanto già non fosse nelle pagine dell’autore.
6) Sweet Tooth
Tratto dall’omonimo fumetto di Jeff Lemire, una delle trasposizioni più interessanti, e paradossalmente passate inosservate (contrariamente a quanto avvenuto con la trasposizione seriale dello stesso anno già citata, Maid), di Netflix è Sweet Tooth. Fortunatamente rinnovata comunque per una seconda stagione, la serie tv verte anche in questo caso attorno a una strana pandemia detta Il Grande Crollo, che ha quasi sterminato la razza umana. Ciò nonostante, la più grande conseguenza di tale catastrofe coincide col fatto che, dopo di questa, siano iniziati a nascere bambini ibridi tra umani e diverse specie animale, a cui i pochi integri uomini rimasti danno la caccia.
Il protagonista è Gus, metà ragazzo e metà cervo, che dopo anni di infanzia in isolamento nella foresta decide di partire per un viaggio pericoloso alla ricerca della madre. In una storia fantasy e d’avventura, il giovane inizia a prendere contatto con la realtà da cui è sempre stato lontano: la generalità degli umani lo teme, odia e dà la caccia a chiunque sia come lui. Le vicende televisive di Gus e Sweet Tooth sono probabilmente solo all’inizio e non vediamo l’ora di saperne di più proprio perché non è vitale conoscerne l’opera alla base per apprezzarne le storyline e surreali (ma neanche troppo) conseguenze di un mondo in cui il diverso spaventa ed è spesso impiegato come capo espiatorio.