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Gli 8 migliori “episodi bottiglia” mai realizzati nella storia delle Serie Tv

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A volte, gli episodi migliori delle serie tv sono proprio quelli che sembra non c’entrino nulla con il resto. I personaggi sono sempre loro, i dialoghi brillanti, ma l’ambientazione è ridotta all’osso. Un unico ambiente, nessun effetto speciale, nessuna nuova comparsa. Il tutto appare concentrato e semplificato, eppure, allo stesso tempo, più complesso narrativamente di quanto non lo siamo mai stato. Beh, si tratta di quello che viene definito in gergo episodio “bottiglia”.

Gli episodi “bottiglia” nascono con un obiettivo molto pratico: risparmiare. Alla luce di una stagione lunga e che prevede ingesti costi di produzioni, arriva un momento in cui gli showrunner inseriscano episodi leggeri e snelliti. Episodio la cui storia non ha bisogno di troppe location o troppi attori in scena. Ma adesso che abbiamo capito il perché esistano questi episodi, da dove deriva il loro nome? Il termine rimanda all’ idea di “intrappolare” i personaggi in un contenitore, proprio come le navi in bottiglia dei collezionisti o le palle di neve.

Come tutti noi innamorati seriali sappiamo bene, però, le puntate in questione si rivelano spesso uno dei punti più alti raggiunti nel corso della stagione. Se non addirittura nell’intera serie. Pensate a episodi iconici come “Fly” di Breaking Bad o “Baby” di Supernatural. In entrambi i casi si tratta di scelte motivate da necessità economiche, ma che rappresentano punti altissimi di sceneggiatura televisiva.

In questo articolo abbiamo intenzione di parlarvi di loro e di altri sei dei migliori episodi “bottiglia” delle serie tv mai realizzati!

1) Seinfeld – 2×11

Nessuna sottotrama, nessun cambio di location, nessuna gag assurda e politicamente scorretta. Solo tre amici, un ristorante cinese affollato e un’attesa che sembra non finire mai. Eppure, “The Chinese Restaurant” è uno degli episodi più rivoluzionari della storia della tv. Seinfeld ha sempre fatto della quotidianità il suo punto di forza, ma l’undicesima puntata della seconda stagione porta questa filosofia all’estremo. Jerry, George ed Elaine entrano in un ristorante cinese per cenare prima di andare al cinema. Vogliono solo un tavolo, ma l’attesa si prolunga, e nell’attesa… succede il nulla. O meglio, succede di tutto.

I tre si trovano bloccati in un limbo degno delle peggiori giornate alle poste, o di quei sabato sera in cui niente ma proprio niente va per il verso giusto e ti chiedi “chi me l’ha fatto fare a uscire di casa?”.

George ha un disperato bisogno di usare il telefono pubblico per chiamare la sua ragazza, ma ogni volta qualcuno gli ruba il posto. Elaine sta morendo di fame e cerca disperatamente di convincere qualcuno a cederle il tavolo o, peggio ancora, a dividere un involtino primavera. Jerry pensa di aver riconosciuto un uomo che non vedeva da anni, ma il rischio di sbagliare e fare una figuraccia lo blocca. Dopo venti minuti di battute fulminanti e la promessa costante che il tavolo sarà “pronto tra cinque-dieci minuti”, i tre si arrendono e se ne vanno… proprio quando il cameriere finalmente chiama il loro nome.

Larry David, il co-creatore di Seinfeld, dovette combattere per far andare in onda questo episodio. La NBC lo trovava “troppo strano” e senza senso, ma David rimane irremovibile. Arrivò addirittura a minacciare che si sarebbe licenziato se non lo avessero trasmesso. Il resto è storia. Oggi, “The Chinese Restaurant” è considerato un episodio rivoluzionario. Ha aperto la strada a una comicità più sofisticata, in cui la potenza espressiva e il tempismo comico giocano a braccetto. Soprattutto, Seinfeld ha ancora una volta dimostrato che le risate più amare, ma anche le migliori, derivano dalle disgrazie quotidiane. A volte, basta solo l’attesa di un tavolo che non arriva mai.

2) Homeland – 2×05

Homeland

Q&A è un episodio “bottiglia” quasi perfetto. 60 minuti puri di una tensione che si costruisce in maniera magistrale e incentrata tutta attorno all’interrogatorio di Nicholas Brody da parte di Carrie Mathison. Una sequenza di circa 20 minuti, uno scontro tra gladiatori all’interno di una arena fatta di parole e psicologia.

La regia di Lesli Linka Glatter mantiene lo spettatore dentro quella stanza soffocante, facendoci perfettamente sentire il fiato corto di Brody mentre la sua doppia vita si sgretola sotto la pressione di Carrie. Lei è metodica, intuitiva, spietata e fragile al tempo stesso. Lui è un animale in trappola, combattuto tra la fedeltà ai suoi segreti e il peso delle sue menzogne. Il risultato? Una partita a scacchi, tra due menti eccelse, in cui ogni mossa può essere fatale.

Si tratta senza dubbio di uno dei migliori episodi “bottiglia” mai realizzati in una serie tv. Henry Bromell, sceneggiatore della puntata, costruisce il dialogo con una precisione chirurgica. Ogni parola è carica di significati nascosti, ogni pausa è uno spazio che riempie la tensione.

Se da un lato la sceneggiatura costituisce l’ossatura salda su cui poggia la puntata, dall’altro i due interpreti sono il sangue che le dona la vita. Claire Danes si conferma un mostro di bravura, capace di passare dal tono accogliente a quello accusatorio in un battito di ciglia. Daniel Lewis, con il suo sguardo perso e la mascella serrata, ci fa sentire tutto il peso di un uomo che sta per crollare.

Q&A segna, inoltre, un punto di svolta nella storia di Homeland. Fino a quel momento, Brody è riuscito a mantenere un equilibrio precario tra la sua vita pubblica e i suoi segreti. Qui, però, tutto cambia. Carrie lo scompone, lo analizza, lo smonta pezzo per pezzo fino a portarlo a un’inevitabile resa emotiva. Si tratta di assistere alla lotta di un uomo con la sua stessa coscienza e alla determinazione di una donna disposta a tutto pur di far emergere la verità.

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