6) Masters of the Air
In questo 2024 si è chiusa un’era cominciata nel 2001 grazie alla mastodontica Band of Brothers. A scrivere un punto è stata Masters of the Air, la miniserie Apple TV+ che, dopo The Pacific, chiude un cerchio fatto di storia e umanità. Riuscire a essere una degna erede di produzioni come The Pacific e Band of Brothers era difficile, difficilissimo, ma Masters of the Air riesce a farlo consolidando la tradizione, e dunque la sua eredità, non facendo però a meno di un approccio più attuale e in linea con il panorama televisivo di oggi. Con un cast che vanta attori dal calibro di Austin Butler e Barry Keoghan (qui la vera storia di questo fantastico attore, raccontata dal nostro Emanuele Di Eugenio), Masters of the Air si allontana dai campi di battaglia per svolgere la sua narrazione tra i cieli. A dispetto delle altre, infatti, la miniserie Apple TV+ si concentra prevalentemente sul combattimento aereo degli equipaggi.
Sospesa nel tempo, come se fosse ancora figlia dei primi anni duemila, Masters of the Air decide di restituire una narrazione più moderna, ma non facendo a meno di quella tradizione che ha fatto la fortuna delle due imponentissime produzioni che l’hanno preceduta. Gli ingredienti principali delle due opere madri ritornano infatti sul piccolo schermo, dando vita a una narrazione che ancora una volta decide di analizzare il profilo psicologico dei protagonisti. La paura di non tornare a toccare il terreno, la fragilità, il racconto del terrore: tutto questo è presente, ed è supportato dal profondo senso di fratellanza che unirà i protagonisti. Saranno l’uno la spalla dell’altro, l’uno la speranza dell’altro. Una parola di conforto che avrà l’unico obiettivo di restituire ai personaggi la carezza che non possono ricevere dai loro cari.
Masters of the Air ha convinto immediatamente sia critica che pubblico, che fin da subito l’hanno premiata riconoscendole non solo una struttura narrativa potente, ma anche delle qualità tecniche mastodontiche. La miniserie Apple TV+ s’impegna su ogni fronte, lavorando su ogni particolare, dando vita a uno spettacolo visivo di altissimo livello. Le battaglie aeree sono infatti una delle forze trainanti di questa produzione. Unendo all’effetto visivo anche un ottimo gioco di suoni, la miniserie ci dà la possibilità di immergerci totalmente all’interno della storia, vivendo i momenti più tesi con un forte senso di apnea. Vince, stra-vince. Va oltre ogni limite, rendendosi protagonista e una delle migliori miniserie del 2024. Ma mentiremmo se non dicessimo che inizialmente eravamo spaventati.
La paura che Masters of the Air potesse non essere all’altezza delle richieste era concreta, in discussione c’erano ben vent’anni di capolavori ed eredità, ma ha saputo come stravolgere ogni dubbio dando vita a una narrazione che, ancora una volta, ci ha consegnato un ritratto documentaristico, intimo, fragile e umano della guerra. Passato e presente, tradizione e innovazione, disumanità e umanità: Masters of the Air ha saputo come bilanciare ogni ingrediente, trionfando come una delle migliori miniserie del 2024.
5) Qui non è Hollywood
Proseguiamo adesso con una delle miniserie più discusse del 2024. Stiamo parlando di Qui non è Hollywood, uno dei titoli che più volte erano stati immaginati da critica e pubblico come uno dei peggiori di quest’annata. Ma Qui non è Hollywood è riuscita a mettere a tacere qualsiasi forma di pregiudizio, diffidenza o iniziale rifiuto. Nessuno era entusiasta, quando la miniserie fu annunciata. In molti si aspettavano solo un voyeurismo del dolore.
Qui Non è Hollywood ha raccontato il modo con cui il nome di una ragazzina di 15 anni venne dissacrato, scomposto, torchiato, ripetuto in modo meccanico, privandola della sua intimità, del suo valore, trasformato dai media in un mero, arido caso di cronaca di cui discutere dalla mattina alla sera.
Il regista Pippo Mezzapesa voleva raccontare questo. E lo ha fatto nel modo migliore con cui potesse farlo. Con sensibilità, rispetto. Restituendo a una tragedia del genere la giusta chiave di approccio, ricordando a chiunque criticasse questa idea il modo con cui fu trattato questo drammatico evento nella realtà. Lo strumento del cinema e del panorama televisivo non è solo intrattenimento. E‘ anche un mezzo comunicativo efficace capace di far riflettere, di portare il telespettatore a interrogarsi su se stesso e sugli altri.
Qui non è Hollywood ha deciso di utilizzare in modo preponderante questo mezzo, accendendo una luce che per troppo tempo è rimasta spenta. Non è un gioco tra il gatto e il topo. Non è la ricerca di un colpevole: Qui non è Hollywood è il racconto sociologico e familiare di una tragedia. Di una famiglia che si distrugge. Di una madre che che perde una figlia, di una figlia che perde la vita.
Pippo Mezzapesa ci ricorda che esiste solo un dolore che dovrebbe essere rispettato, e che qui viene raccontato attraverso espedienti crudi ma delicati. Una presa di posizione da parte del regista che ha un unico scopo: ricordare che Sarah, prima di essere una vittima o la protagonista di una storia di cronaca nera, era una quindicenne. Una ragazzina con ancora una vita da scrivere.
Era giunta su Disney+ con tante polemiche, addirittura con un titolo diverso dall’originale, ma ha saputo come eliminare ogni pregiudizio, diventando una delle migliori miniserie del 2024, ma anche una delle produzioni italiane più importanti degli ultimi anni. Qui, se volete, trovate la nostra recensione completa di Qui non è Hollywood.