Il medical drama è una serie tv che è ambientata in ospedale, tra le corsie del pronto soccorso, in sala operatoria, dove l’adrenalina è massima e ogni errore umano può costare la vita di una persona. C’è un motivo per cui i medical drama hanno avuto nel corso dei decenni una grande risposta da parte del pubblico: le storie raccontate toccano corde esposte, ci fanno male perché parlano di persone fragili, ci angustiano perché trasmettono un soffocante senso di precarietà, ma le adoriamo perché emanano un senso di solidarietà e di umanità che show televisivi di altro genere riescono ad ottenere con maggior sforzo. Tra le migliori serie medical della storia ci sono prodotti che ci hanno accompagnato per decenni: Grey’s Anatomy ha all’attivo ben diciannove stagioni, E.R. – Medici in prima linea si è fermata alla quindicesima, M*A*S*H è andata avanti per undici anni. Le ragioni del successo – e della longevità – di questa tipologia di fiction risiedono forse nella capacità di coinvolgere il pubblico e di creare con esso un legame profondo. Abbiamo voluto bene ai chirurghi di Grey’s Anatomy perché li abbiamo accompagnati passo dopo passo nel loro percorso, crescendo e maturando insieme a loro.
Tra le migliori serie medical della televisione spicca il format del procedural drama, ma nel corso del tempo abbiamo avuto anche prodotti diversi e più originali.
Un esempio può essere The Knick, presente nella classifica, o lo stesso M*A*S*H, che ha calato il materiale del medical drama nel contesto della guerra. Tra episodi strappalacrime, momenti di indimenticabile commozione, archi narrativi di personaggi che ci sono entrati nel cuore e tanto, tantissimo altro materiale, abbiamo estratto i titoli della classifica delle migliori serie medical di tutti i tempi, rendendoci conto dell’incredibile bagaglio drammatico che questo genere ha offerto alla televisione.
NB: quella che segue non è una classifica, ma una lista in ordine sparso delle migliori serie medical di sempre.
Chicago Med
Dick Wolf ha una certa dimestichezza con i procedural drama, avendo lavorato a Miami Vice e Law & Orders e ai relativi spin-off. Wolf ha prodotto anche tutte le serie tv collegate a Chicago Fire, lo show NBC su una squadra di vigili del fuoco di un dipartimento di Chicago. Da questa, nel corso dell’ultimo decennio, hanno preso vita altre tre serie tv, generando un vero e proprio franchise che negli Stati Uniti gode di una buona fetta di pubblico generalista. Chicago PD si concentra sulle vicende di una unità della polizia che cerca di decifrare gli indizi dei crimini che attanagliano le strade della città, Chicago Justice – ultima in ordine cronologico a fare la sua comparsa sui canali NBC – si trasferisce nelle aule di tribunale, e Chicago Med si svolge invece all’interno di un ospedale di Chicago e segue le giornate dei suoi medici e soccorritori. Il format è lo stesso per tutti i prodotti del franchise: si tratta sostanzialmente di un procedural drama che osserva da vicino il lavoro di un gruppo di professionisti, portandoci poco alla volta nella loro sfera privata e mostrandoci le loro vulnerabilità e le loro relazioni. La prima puntata della serie è andata in onda nel 2015, ma i medici del Gaffney Chicago Medical Center ci hanno accompagnato per ben otto stagioni, con un totale di 165 puntate già all’attivo. La formula della fiction in corsia ha dimostrato di funzionare bene ancora una volta, beccando ampie fasce del pubblico generalista, quello che più di tutti finisce per affezionarsi alle disavventure dei suoi personaggi.
M*A*S*H
Di diverso tenore è invece M*A*S*H, serie tv degli anni Settanta che negli Stati Uniti ebbe un clamoroso successo, aggiudicandosi diversi Emmy e Golden Globe e facendo registrare indici di ascolto piuttosto alti. Certo, l’offerta televisiva non era così vasta come quella attuale, ma la ricetta della serie è risultata efficace perché è stata in grado di coniugare il registro drammatico con quello comico-demenziale. M*A*S*H racconta la storia dei medici che prestarono servizio presso il 4077° Mobile Army Surgical Hospital, un ospedale da campo dell’esercito dislocato a Uijeongbu, in Corea, durante la Guerra del 1950-53. La maggior parte delle vicende raccontate sullo schermo non sono frutto della fantasia, ma prendono spunto da fatti realmente accaduti e raccontati dai veterani di guerra. M*A*S*H appartiene all’epoca dell’antimilitarismo e cerca di coniugare l’intrattenimento con riflessioni più sottili sul conflitto, utilizzando la comicità per esorcizzare gli orrori della guerra. Le sue undici stagioni furono seguitissime dal pubblico USA e sbarcarono anche in Europa, rendendo il prodotto CBS un’istituzione del genere.
The Knick
Più recente è invece la serie tv con Clive Owen ambientata nella New York di inizio Novecento. In Italia è apparsa su Sky Atlantic nel 2014 ed è diretta da Steven Soderbergh, alla sua prima esperienza seriale. Siamo nell’anno 1900, al passaggio di secolo, e al Knickerbocker di New York il dottor Thackery si cimenta con la sperimentazione di nuove tecniche chirurgiche. La sala operatoria è una specie di teatro in cui un uomo – Clive Owen – può diventare una sorta di Dio, ridando la vita per una seconda volta. Il dottor Thackery è geniale e arrogante, ma se da un lato si occupa di salvare delle vite, dall’altro si autodistrugge con l’accanimento di un tossicodipendente che manda giù eroina per liberare le sinapsi e dar sfogo al suo genio creativo.
Lo show è il più breve della classifica delle migliori serie medical: solo due stagioni e venti episodi totali, per una visione condensata e impegnativa.
The Knick ha unito il medical drama con il genere storico: racconta i passi avanti della scienza e della medicina, ma lo fa tratteggiando un contesto socio-politico caratterizzato da disuguaglianze e pregiudizi, lotte per l’integrazione e i diritti delle persone di colore, lancinanti contraddizioni e ansia del futuro che incombe.
New Amsterdam
Nel 2018, sulla NBC ha fatto la sua comparsa un’altra serie tv medical: New Amsterdam è la storia del dottor Max Goodwin (Ryan Eggold), che viene chiamato a dirigere il New Amsterdam, uno degli ospedali più obsoleti di New York. La storia è ispirata al racconto autobiografico di Eric Manheimer, per quindici anni medico del Bellevue Hospital, che ha messo su carta la sua esperienza come professionista costretto a confrontarsi ogni giorno non solo con complicazioni mediche e nuovi casi clinici, ma anche con ostacoli burocratici e logistici. Il protagonista di New Amsterdam cerca infatti di rivoluzionare l’ospedale per migliorare le condizioni dei pazienti e aumentare le loro possibilità di sopravvivenza. Anche questa serie risente dell’influenza dei procedural drama: accanto alla sfera lavorativa, c’è sempre la vita privata ad intrattenere il pubblico, tra traumi personali, lutti da superare, nuove relazioni da iniziare. La serie in Italia è stata trasmessa su Canale 5, guadagnandosi quindi l’interesse del pubblico generalista. È andata in onda anche durante la pandemia e ha trattato, dopo Grey’s Anatomy, la delicata materia del Covid-19. Goodwin è il personaggio più interessante dello show, ma anche qui è la narrazione corale a prendere il sopravvento attraverso il racconto delle vicende personali di ciascuno dei medici del New Amsterdam.
The Resident
Dello stesso periodo è anche The Resident, che in Italia è stata trasmessa in chiaro sulla Rai prima di approdare sulle piattaforme di streaming. La serie ci porta nelle corsie di un ospedale di Atlanta, seguendo da vicino un team di specializzandi impegnato giorno e notte nella missione di salvare vite umane. Il format di Grey’s Anatomy risulta ancora una volta la base di partenza da cui hanno tratto ispirazione la maggior parte delle migliori serie medical dagli anni Duemila in poi. Il focus di The Resident – che in inglese vuol dire appunto lo specializzando – è sulla competizione interna tra il dottor Conrad Hawkins, internista all’ultimo anno di specializzazione che dirige il team di chirurghi, e il giovane Devon Pravesh, fresco di laurea e approdato da poco nelle corsie del Chastain Park Memorial Hospital. La rivalità tra i due, i differenti punti di vista sulla gestione dei pazienti e i problemi personali del dottor Conrad infiammano la trama della serie, che passa da toni drammatici a toni più spensierati e alterna la narrazione del lavoro di gruppo con le vicende personali dei medici.
Nip/Tuck
C’è Ryan Murphy invece dietro l’idea di Nip/Tuck, una serie dei primi anni Duemila che si è aggiudicata un Golden Globe come migliore serie drammatica. La quantità di sangue aumenta notevolmente rispetto agli show già menzionati, raggiungendo livelli da splatter. Il format è particolare e la storia è ambientata nel McNamara/Troy, un centro di chirurgia plastica di Miami. Protagonisti della serie sono i due proprietari del centro, Sean McNamara (Dylan Walsh) e Christian Troy (Julian McMahon), due personaggi dai caratteri molto diversi, che spesso andranno in rotta di collisione sulle decisioni da prendere a proposito della gestione del centro. Le relazioni amorose sono una componente rilevante dello show: le “clienti” del centro di chirurgia plastica a volte vengono adescate dai suoi proprietari e sono tante le scene di sesso e i diverbi che nascono a causa delle relazioni personali dei due protagonisti.
Nip/Tuck è una delle migliori serie medical di tutti i tempi.
Il procedural drama qui passa un po’ in secondo piano, mentre sono più marcati i tratti del thriller psicologico, della black comedy e del dramma familiare. Una serie che fa ridere, spaventa, fa balzare su dalla sedia e, spesso e volentieri, fa anche satira.
Scrubs
Scrubs è invece una serie tv che ha riscritto le regole di un intero genere. Partita come una parodia dei medical drama più famosi, come E.R. e Grey’s Anatomy, Scrubs ha poi subito un’evoluzione nel corso del tempo, che ha portato lo show a trovare un’identità tutta sua, perfettamente riconoscibile dagli spettatori. Il prodotto di Bill Lawrence è stata una delle gemme del genere comedy nei primi anni Duemila: intelligente, divertente, movimentata e commovente, Scrubs non è solo una delle migliori serie medical di sempre, ma anche una tra le commedie più spassose del nuovo millennio. La storia segue le vicende, narrate in prima persona, dei medici e specializzandi dell’Ospedale del Sacro Cuore, alle prese ogni giorno con casi clinici diversi. Il tono della serie è molto leggero, lontano dalle spinte emozionali di Grey’s Anatomy, dove i momenti drammatici superano di gran lunga quelli comici. Scrubs è più una comedy in cui si rintracciano passaggi più complessi, commoventi e spiazzanti. L’empatia con i protagonisti è il punto di forza dello show, che conta appunto sul legame che il pubblico riesce ad instaurare con i personaggi, uomini e donne con tante fragilità e insospettabili pregi.
Dr. House
E se i personaggi di Scrubs si lasciano amare e basta, il protagonista di Dr. House ha invece diviso il pubblico di riferimento, polarizzando le opinioni come pochi altri grandi personaggi della televisione. Il dottor House lo odi o lo ami, esattamente con la stessa intensità. Cinico, narcisista, arrogante e burbero, il protagonista di una delle migliori serie mediacal di sempre è uno dei personaggi scritti meglio e in grado di sorreggere da soli l’intero show. La serie – oggi visibile su Sky – è apparsa per la prima volta nel 2004, un anno prima di Grey’s Anatomy e quando E.R. mandava in onda la sua undicesima stagione. Dr. House ha ottenuto candidature a tutti i più importanti premi televisivi, aggiudicandosene diversi. Il modo di raccontare la vita in ospedale e, soprattutto, i metodi e l’approccio del dottor House hanno riscritto in parte i canoni del genere, elevandolo dal semplice procedural drama e collocandolo in una dimensione filosofica e psicologica molto più profonda. L’interesse scientifico si combina bene con l’elemento della fiction, che equipaggia i personaggi per un percorso tortuoso e complesso, che scava nella loro psiche e indaga il rapporto tra professionisti e mondo della medicina.
The Good Doctor
David Shore, il creatore di Dr. House, ha lavorato anche a un altro progetto simile, portando sullo schermo The Good Doctor, un nuovo medical drama apparso per la prima volta negli USA nel 2017. Anche in questo caso, il fulcro della narrazione della serie è la caratterizzazione del suo protagonista: Shaun Murphy – interpretato da Freddie Highmore – è un giovane chirurgo, autistico e affetto dalla sindrome di savant sin dalla nascita. Dopo aver vissuto un’infanzia traumatica ed essere scappato insieme a suo fratello da un padre violento, Shaun è stato accolto dal dottor Aaron Glassman, che diventa il suo mentore, riconoscendone le innate qualità. Specializzato in chirurgia, il protagonista di The Good Doctor decide di abbandonare la sua comfort zone e di trasferirsi al San Jose St. Bonaventure Hospital, nella California del Nord, per mettere al servizio di quel reperto le sue doti di chirurgo. La particolarità del personaggio di Shaun Murphy ha spinto il pubblico a voler proseguire la visione di The Good Doctor per conoscerlo meglio. Il talento fuori dal comune, la memoria fotografica, l’intelligenza sottile, ne fanno un personaggio interessantissimo, con un background familiare da approfondire, che lascia nello spettatore la curiosità di scavare nel passato del giovane chirurgo.
Al pari di Dr. House, The Good Doctor deve il suo posto nella classifica delle migliori serie medical all’originalità del suo personaggio, attorno al quale ruotano poi tutte le altre storie.
Giunto alla sesta stagione, The Good Doctor ha avuto un remake coreano che in patria è stato apprezzatissimo e pluripremiato.
E.R. – Medici in prima linea
Un’altra istituzione del genere medical drama è E.R. – Medici in prima linea, andata in onda per tutti gli anni Novanta e ancora nel Duemila, fino al 2009, quando venne trasmesso l’episodio numero 331 dello show, l’ultimo dopo quindici stagioni. La serie è ambientata in un pronto soccorso, tra i corridoi del County General Hospital di Chicago, dove un gruppo di medici e infermieri prova ogni giorno a salvare vite umane tra stress test, situazioni al limite, casi disperati ed emergenze varie. E.R. – Medici in prima linea è una serie adrenalinica e mai piatta. Alle situazioni lavorative si affiancano gli archi narrativi dei personaggi, ciascuno con le proprie relazioni, i propri problemi e le proprie insicurezze.
E.R. è senza dubbio una delle migliori serie medical di tutti i tempi.
E il fatto che sia sopravvissuta per quindici anni lo conferma. Lo show ebbe grande risonanza anche in Italia, dove sbarcò nel 1996, andando a finire sui palinsesti della tv pubblica, su Rai 2. Con oltre centocinquanta riconoscimenti ricevuti, E.R. Medici in prima linea è la terza serie tv più premiata della storia, dopo Game of Thrones e I Simpson.
Grey’s Anatomy
Il più longevo tra i medical drama, una serie tv che è riuscita a sopravvivere per diciannove stagioni e che è ancora in produzione. Grey’s Anatomy uno degli show medici per eccellenza, ed è quello che ci ha fatto amare – e odiare – i medical drama. Quello che ci ha fatto compagnia per quasi vent’anni, devastandoci con i suoi episodi – forse pure troppi – strappalacrime, ma portandoci anche nelle vite di un gruppo di ragazzi che, la prima volta che li abbiamo visti sullo schermo, erano giovani specializzandi e, diciannove anni dopo, sono personaggi completamente diversi, passati attraverso un ventennio di storie raccontate sempre con un certo trasporto dalla penna di Shonda Rhimes. Grey’s Anatomy lo si può amare o odiare, ma resta un pilastro della storia della televisione, una serie che ci ha tenuti incollati allo schermo, muniti di fazzoletti bianchi, e che ha segnato un pezzetto della nostra vita. Se pensiamo agli ultimi vent’anni, ogni fase della nostra vita possiamo associarla alla stagione di Grey’s Anatomy che stavamo guardando. Quando uno show riesce a restare in vita per tanto tempo, diventa un po’ parte di noi, delle nostre giornate, dei nostri ricordi, delle nostre sensazioni. Dopo aver visto tutti i 420 episodi della serie – ma, attenzione, il contatore è ancora attivo! -, potremmo tenere un esame di medicina con buone probabilità di uscirne indenni. Anche se Grey’s Anatomy non è più quella di una volta, per qualche misteriosa ragione, non riusciamo mai a lasciarla andare sul serio.