4) Dark
Nell’immaginaria cittadina di Winden, la scomparsa del piccolo Mikkel Nielsen mette in moto una serie di eventi ineluttabili che cambieranno per sempre la vita degli altri abitanti e, in particolar modo, di quattro famiglie particolarmente legate le une alle altre: i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler ed i Tiedemann. Ciò che è accaduto a Mikkel è infatti già successo in passato, esattamente 33 anni prima, ma la polizia non è mai riuscita a ritrovare Mad Nielsen.
Piani temporali diversi si intrecciano e moltiplicano con il passare delle stagioni, andando a comporre una narrazione intricata, tortuosa e ai limiti del paradosso. Basandosi sul principio di autoconsistenza, i personaggi di Dark sono infatti capaci di viaggiare nel tempo senza però essere mai in grado di cambiare il proprio destino o di quelli che gli stanno attorno.
Pur essendo una serie tv davvero unica, le tre stagioni di Dark non riescono a tenere un ritmo costante portando la narrazione a perdere potenza con il procedere della storia fino a quel finale da “meh”.
3) Hannibal
E dopo Dark, arriviamo finalmente ad Hannibal. Basata sull’iconico personaggio protagonista dei romanzi di Thomas Harris, Hannibal è quella serie tv che non riesce a non lasciarti addosso sentimenti contrastanti. Se da un lato è piuttosto difficile resistere alla chimica tra i suoi due interpreti, dall’altro la lentezza narrativa rischia di inficiare sull’attenzione dello spettatore.
Will Graham è un profiler come pochi, in grado di immedesimarsi nelle azioni e nella psiche dei più efferati serial killer e svelarne così l’identità. Ma le capacità di Will sono anche un’arma a doppio taglio in grado di minare nel profondo la sanità mentale dell’uomo e lasciarlo in bilico tra ragione e follia. L’incontro con lo psichiatra Hannibal Lecter dà inizio a un rapporto morboso, ambiguo e insidioso. Ancora di più dato che Hannibal è un killer che si nutre della carne delle vittime.