8) Boris
Spazio anche per l’Italia nella classifica di Hall of Series – Comunità di Recupero. All’ottavo posto arriva infatti niente di meno che Boris, il cult (disponibile su Disney+) tutto italiano e troppo italiano pungente e incalzante che ha saputo come raccontare il mondo della televisione e non soltanto. Boris è più o meno il risultato di una lastra che evidenzia tutte le ossa che si sono rotte dopo quella caduta. Che evidenzia che cosa non funzioni nel mondo di oggi. Attuale adesso come vent’anni fa – e la quarta stagione ne è una dimostrazione – Boris ha fatto della verità la sua forza, e il tutto senza mai esasperare o diventare un prodotto drama. E’ riuscita a parlare della malfunzionalità della società con quella satira e quel sarcasmo che l’ha resa unica, quantomeno, nel nostro panorama seriale italiano.
Deridendo le fiction da prima serata, la Serie Tv ha raccontato un mondo in cui la sfida tra qualità e share viene vinta, il più delle volte, proprio dalla seconda. Boris ribalta infatti gli stereotipi tipici della narrazione, dando vita a una storia in cui si i protagonisti lavorano a una Fiction televisiva che vede come protagonisti attori diversi tra di loro uniti però da un collante unico per tutti: non dovrebbero essere lì. Alcuni attori vengono scelti nonostante il loro talento sia predisposto per qualcosa di molto più grande, altri invece hanno scavalcato gli aspiranti attori e hanno raggiunto quel set a suon di raccomandazioni. E a guidare tutto questo c’è un regista consapevole non va bene niente. Ma che decide di fare lo stesso gioco degli altri.
Attraverso questo espediente narrativo, Boris diventa il teatro di una spietata critica sociale che sì, prende di mira alle Fiction, ma che si potrebbe estendere anche ad altri contesti. Minimo sforzo e massimo risultato: tutto funziona al contrario in questo modo, ma è altrettanto desolante. Boris è stata avanguardia pura. E’ arrivata quando ancora nessuno osava ammettere che la qualità avesse rotto il c***o. Che la meritocrazia è un’utopia. Il sogno di chi, guardandosi intorno, resta solo con ambizioni che vengono esaudite da chi non lo ha mai meritato davvero.
7) La Tata
Settimo posto per La Tata, la Serie Tv che ci ha consegnato negli anni ’90 la migliore amica che abbiamo sempre desiderato. Senza girarci troppo intorno, è stata proprio questa la forza di una delle migliori Serie Tv da vedere di genere comedy: desiderare di far parte di quel mondo. Di tornare a casa e vedere Francesca Cacace pronta per risolvere tutti i problemi, a tirarci fuori da guai. Abbiamo desiderato di averla accanto fino all’impossibile, e non importava chi ci fosse di fronte a quel televisore. Perché La Tata ha sempre attirato a sé un pubblico trasversale proprio perché ha saputo come leva su più esigenze. Da una parte c’era la comicità che rispondeva al bisogno di ridere, dall’altra c’era l’impatto emotivo e confortante di una comedy che ha saputo come scaldare il cuore di chiunque.
Nonostante la famiglia facoltosa protagonista della serie, infatti, La Tata racconta la voglia di rivalsa di un personaggio che ha saputo come diventare una super-eroina degli anni ’90. Un simbolo che è presto diventato iconico anche solo grazie alla sua apparenza curata in ogni minimo dettaglio e particolare, e di questo Francesca Cacace ne è un esempio lampante. I suoi abiti perfetti erano molto più di quel che si potrebbe immaginare perché lanciavano un messaggio ben preciso: non erano solo un sogno. Anche una persona normalissima poteva essere unica, poteva giocare con la sua semplicità.
Perché Francesca Cacace era, e continua a essere, una di noi. E questa è una sensazione che troppe Serie Tv si dimenticano di potere restituire, creando standard pressocché difficili da raggiungere. La Tata ha raccontato una storia inverosimile, spesso folle, divertente e scanzonata, ma lo ha fatto attraverso una protagonista che è riuscita a reggere tutto questo riuscendo comunque a portare la normalità in una storia straordinaria.
