5) Lovecraft Country
Creata da Misha Green per HBO e basata sull’omonimo romanzo di Matt Ruff, Lovecraft Country si colloca a metà strada tra il dramma storico e l’horror soprannaturale. La serie affronta temi come il razzismo e l’identità attraverso un immaginario ricco e inquietante. Il primo episodio, “Sundown”, si apre negli anni Cinquanta con Atticus “Tic” Freeman (Jonathan Majors), giovane veterano della guerra di Corea, che torna a Chicago dopo aver ricevuto una misteriosa lettera dal padre scomparso. La trama si sviluppa rapidamente in un road trip che Tic intraprende con sua zia Hippolyta, suo zio George e la sua amica d’infanzia Letitia. Il loro viaggio li porta nel profondo sud degli Stati Uniti, dove devono affrontare un doppio nemico. Da una parte il razzismo sistemico, dall’altra le creature soprannaturali ispirate alle storie di H.P. Lovecraft. L’unicità della puntata risiede nell’intreccio perfetto tra realtà storica e fantasia.
L’orrore non deriva solo dai mostri tentacolari che emergono nel climax dell’episodio, ma soprattutto dall’oppressione razzista. Questa è rappresentata, in modo palpabile, attraverso le interazioni con i poliziotti, gli abitanti locali e leggi discriminatorie. L’agghiacciante scena dell’inseguimento al tramonto, in cui il gruppo deve fuggire da uno sceriffo intenzionato a ucciderli prima che cali la notte, è uno dei momenti più tesi e memorabili dell’episodio. Visivamente, l’episodio è straordinario. La fotografia utilizza contrasti marcati. I colori caldi e nostalgici dominano le scene iniziali ambientate a Chicago, che evocano una falsa sicurezza, mentre le tonalità fredde e opprimenti permeano le sequenze di tensione. La colonna sonora contemporanea, con brani come “Whitey on the Moon” di Gil Scott-Heron, sottolinea l’impatto sociale della narrazione. Con “Sundown”, Lovecraft Country stabilisce subito la propria identità come serie che non ha paura di affrontare questioni profonde attraverso il filtro del fantasy.
6) Room 104
Room 104 aveva tutte le carte in regola per diventare una delle migliori serie tv HBO. La prima puntata, intitolata “Ralphie”, è un debutto enigmatico che stabilisce fin da subito l’identità unica della serie. Creata dai fratelli Mark e Jay Duplass per HBO, la serie antologica è ambientata interamente all’interno di una stanza di motel anonima. Questa diventa teatro di storie che spaziano tra generi e toni. Con “Ralphie”, la serie dimostra la sua capacità di mescolare il quotidiano con l’inquietante, trasformando un’ambientazione ordinaria in un luogo dalle sconfinate opportunità narrative. L’episodio segue Meg, una babysitter che arriva nella stanza 104 per prendersi cura di un bambino di nome Ralph, mentre il padre di quest’ultimo è a un appuntamento. Quello che inizia come un incarico di routine si trasforma presto in una situazione carica di tensione psicologica. Ralphie si rivela un bambino problematico, apparentemente afflitto da una personalità scissa. Da un lato appare timido e vulnerabile, ma dall’altro sembra nascondere un lato oscuro e pericoloso.
La storia si sviluppa in un crescendo di paranoia e culmina in un finale sorprendente e disturbante. Ciò che rende unica questa prima puntata di Room 104 è la sua capacità di creare un’atmosfera di costante incertezza. L’ambientazione è minimalista, quasi claustrofobica, ma ogni dettaglio della stanza sembra carico di significato. Lo spettatore è costretto a concentrarsi sui dialoghi, sulle espressioni dei personaggi e sui piccoli movimenti della telecamera, i quali aumentano il senso di disagio. L’episodio gioca abilmente con i toni del thriller psicologico, sovvertendo le aspettative. Non ci sono risposte chiare o spiegazioni definitive, e proprio questa ambiguità è il punto di forza della puntata. L’interpretazione di Melonie Diaz, interprete di Meg è impeccabile: la sua progressiva perdita di controllo riflette perfettamente la tensione crescente della narrazione.