5. CSI
C’è un prima e un dopo CSI per la serialità televisiva dei procedurali polizieschi. Era il mese di ottobre del 2000, il primo anno del nuovo millennio, quando è andata in onda sulla CBS la prima puntata della squadra della scientifica di Las Vegas del turno di notte. Quella che adesso può essere categorizzata come una serie tv vintage, ha creato un nuovo modo di raccontare il crimine. Prima ancora che la squadra di CSI venisse fuori con le idiosincrasie di ogni personaggio, abbiamo imparato a seguire il percorso delle pallottole nei corpi delle vittime, gli effetti dei traumi sulle ossa dei poveri malcapitati, effetti visivi che drammatizzavano lo studio dell’evento criminale. La telecamera ci offre effetti cinetici di cosa succede nei corpi delle vittime, uno slalom del proiettile che squarcia i tessuti, scheggia le ossa fino a fermarsi e uccidere.
Per questi effetti c’è un precedente cinematografico. Three Kings del 1999, un anno prima di CSI. Il fim di David O. Russel (con George Clooney e Mark Wahlberg) è stato il primo a inventare questo tipo di ripresa (diventata in seguito CSI Shot)
L’ammissione viene solamente alcuni anni dopo la fine della serie tv nel 2015, diventata nel frattempo vintage, direttamente dall’ideatore Anthony Zuicker che l’ha saputa utilizzare e personalizzare per drammatizzare gli aspetti scientifici e non renderli noiosi. D’altronde ogni prodotto audiovisivo è frutto di quanto l’ideatore, il regista ha visto finora, miriadi di influenze, citazioni anche inconsapevoli. L’importante è saperle fare proprie e reinventarle. CSI non si è fermato al metodo di ripresa ma ha lavorato sui personaggi rendendoli peculiari, unici, punti di riferimento per altre serie o film. Gil Grissom (William Petersen) e le sue larve, Catherine Willows (Marg Helgenberger) col suo passato di danzatrice esotica, Warrick Brown (Gary Dourdan) e la sua ludopatia, Nick Stokes (George Eads) vittima di molestie da bambino, Sara Sidle (Jorja Fox) in cerca di uomini sbagliati fino a Grissom.
6. Blue Bloods
Blue Bloods è ancora in corso, si concluderà definitivamente questo autunno. È una serie tv vintage per mancanza di innovazione. Rimanda a serie tipo NYPD, come se The Wire non fosse mai esistita nel mezzo (ne parliamo qui). Tutti episodi sono autoconclusivi, non ci sono veri e propri archi narrativi, buchi di trama sparsi qua e là. Il sangue è blu non per nobiltà ma per il colore della divisa che è condivisa dalla famiglia Reagan al completo. Il capostipite Henry (Len Cariou) e il figlio Frank (Tom Selleck) sono entrambi commissari, due uomini alfa a confronto. I figli di Frank hanno seguito ovviamente la tradizione di famiglia. Jamie (Will Estes) è un poliziotto alle prime armi, il fratello maggiore Danny (Donnie Wahlberg) invece è un detective navigato, che applica una sua legge personale, la figlia Erin (Bridget Moynahan) ha scelto di servire la legge diventando procuratore distrettuale.
Gli episodi seguono una sorta di scaletta interna, una routine che si ripete rendendo le storie prevedibili. Che le serie tv siano vintage o meno non hanno l’obbligo di essere reali ma plausibili.
Irrealisticamente ogni singolo crimine che accade a New York passa per le mani della famiglia Reagan, per uno o più di un suo componente, senza tenere conto della territorialità che perfino noi che non abitiamo a New York conosciamo. Il detective Danny Reagan passa da investigare su terroristi, alle tratte dei bambini con digressioni sulla mafia russa. Come nelle serie tv vintage del secolo scorso, le immagini ravvicinate di particolari di oggetti all’inizio dell’indagine e quindi dell’episodio, telefonano la soluzione. Come ogni famiglia patriarcale che si rispetti, non può mancare la cena in cui tutti i componenti della famiglia si ritrovano coi loro casi e le varie elucubrazioni su questioni etiche. Immancabilmente qualcuno si arrabbia particolarmente durante lo scambio di idee e abbandona la tavola. Da vedere se non si è allergici agli stereotipi.