9. Criminal Minds
Hannibal Lecter è un dilettante a confronto dei serial killer coi quali hanno a che fare nell’Unità di Analisi Comportamentale dell’FBI. Criminal Minds è una serie tv vintage che seguiva le investigazioni su efferati delitti seriali della squadra di questa unità in giro per gli Stati Uniti. In questa serie la parte procedurale è totalmente psicologica. Le poche informazioni che hanno servono quasi da cornice. Quello che veramente conta è capire cosa succede all’interno del quadro, nella mente del serial killer, perché utilizza un certo modus operandi. La parte più buia dell’essere umano viene scandagliata attentamente per vedere se nel setaccio resta qualche sassolino. Da questo inizia l’indagine.
Volutamente la serie tv vintage non ha nessun meccanismo di spunto comico. L’unica concessione è la simpatia del personaggio di Penelope Garcia (Kirsten Vangsness) e i suo essere Nerd.
Per il resto, non ci sono sconti. Neanche le stravaganze di Spencer Reid (Matthew Gray Gubler) aiutano. Criminal Minds è totalmente focalizzata sulle menti dei serial killer sui quali investigano. L’atmosfera è spesso cupa e angosciante. La serie indulge apertamente alla violenza perpetrata sulle vittime, sia psicologica che fisica. I bersagli dei serial killer sono in percentuale maggiore donne ed è per questo che l’attore Mandy Patinkin, che ha interpretato il capo della squadra Jason Gideon per due stagioni, ha deciso di abbandonare la serie. Più violenza viene mostrata e più lo spettatore si desensibilizza. Criminal Minds cerca di arginare questo rischio trasferendo sui vari membri della squadra le conseguenze della vicinanza costante a violenze inenarrabili. Ognuno paga il conto coi propri demoni interiori. Resta la domanda. Quanto diventiamo complici di questo meccanismo continuando a vedere la violenza riprodotta comodamente dal divano?
10. Luther
John Luther, l’antieroe. Il detective che più si lascia governare dalla sua parte oscura. La serie tv Luther vede solo 5 stagioni spalmate tra il 2010 e il 2019. Merita una visione per capire come il genere procedural poliziesco possa essere declinato come un thriller psicologico. Idris Elba interpreta lo scontroso workaholic Luther e riesce a stabilire un contatto diretto con lo spettatore nonostante la sua natura controversa. Alice Morgan è la sua nemesi interpretata splendidamente da Ruth Wilson. Alice è indagata per l’uccisione dei suoi genitori, è una geniale psicopatica, è colpevole ma non ci sono le prove. Luther riconosce in lei tutto il suo abisso interiore che lo fa vivere perennemente al confine tra il bene e il male. Alice diventa la persona più vicina a questo eterno baratro e l’unica che può dargli una mano per non esserne risucchiato.
L’attrazione fatale tra Luther e Alice è la prova che il confine tra il bene e il male è veramente sottile. Quando ci si avvicina troppo non conviene lottare ma allontanarsi.
Luther e Alice condividono la scena con un terzo personaggio, Londra. La città in questa serie tv non è la Londra patinata del Big Ben. L’unica patina che si vede è quella del tempo. La città trasuda trascuratezza e porta i segni di tutte le ferite ricevute. Testimone grigio dell’inquinamento industriale e della sporcizia che Luther si trova attaccata addosso dopo aver toccato e rimestato troppe volte nella cupezza del suo animo. Londra in Luther è una sorta di Gotham City e lui è il suo cavaliere oscuro. Alla fine si strapperà il cappotto che indossa da sempre. Il mantello non lo difenderà più e potrà tornare ad occuparsi solamente del suo abisso interiore.