8. Malcolm in the Middle
Storia di un esordio spettacolare. E di una delle migliori sit-com di sempre, anche solo per la capacità di apportare degli elementi tecnici all’avanguardia per il genere. Dalla monocamera all’assenza di pubblico in studio, Malcolm in the Middle si è posta fin da subito come elemento di rottura totale rispetto al passano. Non la solita famiglia rassicurante e dai buoni sentimenti, bensì un nucleo disfunzionale e caotico, ben assecondato da un pilot vorticoso che ha messo in chiaro ogni cosa da subito.
Il pilot, incentrato sulle paure di Malcolm a proposito del suo potenziale trasferimento in una classe per ragazzini dal quoziente intellettivo più elevato, è una lezione di stile inestimabile, nel quale ogni ingranaggio sembra già perfettamente posizionato: i personaggi hanno già un’identità chiara, e i riferimenti sono evidenti. Il quadro è quello a cui ci abituerà la serie negli anni successivi: uno spaccato spietato della famiglia media americana, alle prese con i conti da far quadrare in qualche modo e la necessità di affrontare in modo realistico le mille prove della vita. Il resto lo fa il cast, e che cast: Bryan Cranston ruba la scena, offrendo un nuovo modello di padre di famiglia più disfunzionale e fuori dalle righe. Un bambinone troppo cresciuto e con mille difetti, ma dal cuore d’oro.
Nasce così una delle migliori sit-com di sempre.
Non è eccessivo, alla luce di tutto ciò, definire avanguardista un pilot del genere. Un pilot che ha ottenuto dei riconoscimenti importantissimi. Tra i più prestigiosi, due Emmy: uno per la regia, l’altro per la sceneggiatura. Meritatissimi, a dir poco.
7. Arrested Development
A proposito di serie tv comedy sui generis, capaci di riscrivere alcuni dei canoni del genere, Arrested Development è un altro esempio piuttosto funzionale. Anche in questo caso, al centro dell’attenzione c’è una famiglia disfunzionale, ma è in qualche modo il contraltare di Malcolm in the Middle: se da un lato abbiamo il ceto medio-basso, dall’altra abbiamo l’alta borghesia, decaduta in seguito all’arresto del suo patriarca. Il resto lo fa il suo taglio comico, altrettanto spietato ma mirato alla creazione di situazioni ancora più grottesche ed estreme, e lo strepitoso lavoro fatto da un cast di attori che trarranno grandi fortune dalla serie.
Uno, su tutti: Jason Bateman, conosciuto dal pubblico più giovane per l’intensa interpretazione di Marty Byrde in Ozark, guida un cast in grandissima forma, ben amalgamato fin dal pilot. Un pilot che è in qualche modo una sorta di cortometraggio dalla scrittura eccellente, con battute brillanti e un umorismo che scommette poco sull’immediatezza mentre punta sull’assimilazione di situazioni e dinamiche, ben architettate fin dall’inizio. Il risultato è un pilot memorabile, viatico di un successo… inarrestabile. Almeno per le prime annate, salvo poi vivere un percorso travagliato che non ha reso giustizia fino in fondo a una serie che avrebbe meritato di più nell’arco di tutta la sua vita. Il pilot, però, resta. Resta con la bellezza di tre Emmy vinti e l’altrettanto prestigiosa conquista di un Artios Award. E resta, al di là di tutto, un esperimento televisivo che ha incantato il pubblico e coinvolto tutti con grande efficacia.