Mork and Mindy
Mi chiamo Mork
Su un uovo vengo da Ork
Impara un po’
Ora il saluto ti do
Vabbè, finiamola qua. Queste solo alcune delle parole di una sigla che non dirà niente a gran parte dei lettori sotto i 40 anni, ma dirà tantissimo a chiunque ne abbia qualcuno in più. La sigla in questione è quella di Mork & Mindy, particolarissima sit-com che ha imperversato anche nella tv italiana nel corso degli anni Ottanta. Particolarissima perché concentra l’attenzione sulla particolare vita familiare di uno stranissimo alieno e di un’umana, trovatasi ad affrontare le innumerevoli bizzarrie del compagno. Arrivò in un periodo storico in cui si era alla disperata ricerca sia al cinema che in tv di protagonisti sui generis, e centrò perfettamente l’obiettivo: grazie allo straordinario esordio di uno straordinario interprete che ha dato anima e corpo a un personaggio iconico, Robin Williams, Mork & Mindy ha scritto una pagina importantissima della tv americana (e pure di quella italiana).
In tutto questo, non abbiamo perso di vista l’argomento principale del pezzo: i migliori spin-off delle serie tv, capaci di stupire il mondo e superare le aspettative iniziali.
Detto, fatto: Mork è infatti nato all’interno di una puntata di Happy Days. Parliamo di una delle serie tv più amate di tutti i tempi, anche se arrivò in un periodo in cui “lo squalo era già stato saltato da tempo” e gli autori erano un po’ alla canna del gas. La “disperazione”, tuttavia, può fare miracoli, e così si decise di infilare un alieno in un contesto che mal si prestava a un’operazione del genere: Robin Williams, pur giovanissimo, riuscì però a stregare tutti e si decise di dargli uno show tutto suo. Non è certo l’unico che venne fuori da Happy Days ed è indubbiamente uno di quelli su cui sarebbe stato più difficile scommettere all’inizio, ma fu un successone.
- Aspettative: 6/10.
- Realtà: 8/10.
Better Call Saul
Uno spin-off su quello strano avvocato? Dopo Breaking Bad? Subito dopo, davvero?
Sì, davvero. Sbarchiamo in tempi più recenti, e raccontiamo brevemente la storia di una follia totale. Perché pochi avrebbero rimesso in discussione il successo di una delle più grandi opere televisive di tutti i tempi, soprattutto con un personaggio che sembrava non avere i presupposti per reggere una serie all’altezza della situazione. Tutti avevano amato Saul Goodman in Breaking Bad, ma pochi l’avevano preso sul serio fino in fondo. Chiaro: quando si parla di una serie del genere, assume una certa rilevanza anche l’ultimo dei personaggi marginali. Avreste mai pensato, però, di poter vivere con questa intensità un prequel incentrato su una figura del genere?
No, dai. E invece ci ritroviamo qua, a due anni dall’ultima messa in onda, a celebrare il trionfo assoluto di uno dei migliori spin-off delle serie tv.
Talmente grande da aver persino messo in discussione l’egemonia qualitativa di Breaking Bad, cosa che sarebbe stata assurda da pensare per tutti. Non entriamo nel merito ed eviteremo di sbilanciarci sulla presunta superiorità dell’una o dell’altra: visti gli standard incredibili raggiunti da entrambe, sarebbe davvero complesso elaborare una risposta esaustiva, ma in fondo conta molto poco. Quel che conta davvero è osannare un capolavoro televisivo che ha offerto una dimensione narrativa incredibilmente profonda ed emozionante a un personaggio dal background impensabile. Inizialmente, si pensò addirittura di tirar fuori una comedy, poi cambiarono idea. Meno male: avremmo perso l’opportunità di goderci un’opera sublime.
It’s all good man: così si scrive uno spin-off indimenticabile. Come è stata scritta Better Call Saul per sei stagioni mostruosamente belle.
- Aspettative: 7.5/10.
- Realtà: 10/10.