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La classifica delle 5 migliori Serie Tv britanniche di sempre

Peaky Blinders
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Le Serie Tv britanniche si sono sempre distinte per qualità e iconicità: pensiamo soltanto a un capolavoro degli anni Sessanta come Il Prigioniero (ve ne abbiamo parlato qui) o a opere di grande impatto sociale quali Skins. Ma in questa speciale classifica abbiamo provato a selezionare le migliori cinque di sempre, sotto ogni profilo: per apprezzamento di pubblico, qualità intrinseca, riscontro di critica e capacità di imporsi nel tempo consacrandosi in ambito internazionale. Ne è uscita una lista di eccellenze assolute: drama ma anche sci-fi e inaspettatamente ben due comedy. E c’è anche Peaky Blinders. Ecco il meglio del meglio analizzato con un approfondimento specifico per ogni serie. Se ve ne manca qualcuna, recuperatela il prima possibile!

5) Fleabag

fleabag

Ampi riconoscimenti e premi, giudizio unanime di critica e pubblico per una delle serie più amate (e migliori) degli ultimi anni. Fleabag in appena due stagioni ha saputo dare una nuova prospettiva al modo di fare comedy con un racconto che mescola costantemente la brillantezza caustica della sua protagonista a un sostrato drammatico-esistenziale tutt’altro che scontato.

Nell’analisi dei meriti di questa serie non possiamo non partire dalla sua irresistibile protagonista nonché creatrice e geniale sceneggiatrice, Phoebe Waller-Bridge. Tratto dall’omonima commedia teatrale, Fleabag ha messo in luce l’incredibile qualità recitativa e inventiva della Waller-Bridge. Il suo sguardo cinico sul mondo, unito a una prontezza comica assai rara, ha dato vita a un personaggio di raro magnetismo.

Nella protagonista si sintetizza così tutto il disagio dei trent’anni, il drammatico stacco rispetto alla granitica sicurezza (relazionale, lavorativa, concettuale) delle generazioni precedenti. Senza una rotta e priva di una conoscenza specialistica, la donna si barcamena tra le mille preoccupazioni quotidiane nascondendosi dietro una sessualità esasperata e un desiderio irresistibile di autenticità.

È proprio questa sua ricerca di verità che si farà lentamente largo nel racconto rivelando le cause di istinti autodistruttivi e disagio sociale. Fleabag è un ritratto freddo, brutale ma incredibilmente realistico di un’intera generazione, di un disagio quasi strutturale dei nuovi trentenni. Anche chi, come la sorella della protagonista, tenta di imitare la solida sicurezza delle generazioni passate finisce per squagliarsi di fronte alla società liquida che tutto circonda.

Priva di appigli e conforto, la protagonista ci parla in prima persona, rompendo la quarta parete e mettendoci al pari con lei. Non è solo un espediente narrativo, ma un modo concreto di annullare lo stacco tra la finzione e la realtà. Finiamo così per divenire noi stessi parte del racconto con i nostri dubbi, paure e la costante incertezza di non sapere minimamente cosa stiamo facendo.

Non mancherà un’evoluzione lenta ma pur presente nella trama e un messaggio aperto nel finale. Un modo per suggerire quasi uno spiraglio di speranza: ma la vera forza di Fleabag è tutta nel viaggio, nella risata amara che si staglia sul nostro volto man mano che siamo chiamati a essere partecipi della storia. Un viaggio esistenziale che si fa istantanea di rara profondità.

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