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La classifica delle 5 migliori Serie Tv britanniche di sempre

Peaky Blinders

4) Sherlock

Sherlock Holmes

Trasporre in chiave moderna l’opera del maestro del giallo deduttivo sembrava un’eresia ai più. A dieci anni di distanza dalla prima messa in onda, invece, possiamo parlare senza timore di essere smentiti di Sherlock come di una delle 5 migliori serie tv britanniche di sempre. Le geniali menti di Mark Gatiss e Steven Moffat sono riusciti a trasporre con gusto e rispetto del referente letterario le atmosfere e i modi propri dell’opera di Arthur Conan Doyle.

Il successo della serie va ricercato già nella costruzione di partenza. La scelta del titolo, Sherlock, richiama una maggiore confidenzialità nei rapporti tra i personaggi. L’aggiornamento infatti ha reso necessario svincolare protagonisti e ambienti da certi modi ottocenteschi formali e aulici: la relazione tra Sherlock e John Watson si tramuta così in un rapporto amicale molto più in linea con le caratteristiche dell’uomo contemporaneo.

Questo non significa, però, rinunciare allo charme e a una certa ritrosia caratteriale tipica del magnetico Holmes. Anzi, anche questi aspetti vengono canalizzati dall’occhio della modernità e rigurgitati in un’attenta trattazione psicologica. Sherlock diventa così “un sociopatico iperattivo ad alto rendimento“, come lui stesso si definisce nella serie. Mentre in John si incarnano i valori dell’uomo comune, dell’uomo medio, dotato però di una prospettiva più umana e complementare a quella del collega.

Così i due caratteri vengono a coesistere, come nelle intenzioni originarie di Doyle, in una dialettica che si arricchisce continuamente di battute di spirito, scontri esistenziali e soprattutto etici. Se Sherlock svetta al di sopra dell’umana comprensione, il John di Moffat e Gatiss ci restituisce la storia dalla nostra prospettiva calandoci nel racconto, facendosi interprete dei nostri dubbi e incertezze.

Il risultato è una strutturazione moderna, fresca e nello stesso tempo perfettamente rispettosa del modello letterario. Ma è solo questo che rende grande la serie? Tutt’altro. Se questa strutturazione ha costituito la base imprescindibile, l’architrave portante nella psicologia dei protagonisti, molto si sarebbe perso senza la vena recitativa di Benedict Cumberbatch e Martin Freeman. La scelta di entrambi è tutt’altro che casuale.

Sherlock

Cumberbatch come dimostrato in tutte le parti (ultima ma non ultima quella nel gioiello seriale Patrick Melrose) riesce a conferire un’originalità e un tono unico al personaggio. I tratti nobili del suo viso si fondono splendidamente con un portamento impeccabile e con una prontezza espressiva inimitabile. Mai scelta fu migliore, insomma, per uno Sherlock sociopatico ma geniale. Dall’altro lato l’ordinarietà nell’aspetto di Freeman (non a caso scelto in The Office UK per il ruolo del giovane Tim, incastrato in una routine senza scampo) unita alla sua pacatezza forniscono il contraltare ideale.

E non possiamo non menzionare uno dei villain meglio caratterizzati nella storia seriale, un magnifico Andrew Scott nella parte di Moriarty. Sguardo allampanato e fisso, perversamente elegante e irresistibilmente folle, il Moriarty della serie è il completamento più degno a un trio di characters quasi insuperabile.

A completare il tutto ci pensano anche le riproposizioni ammodernate delle vicende letterarie, l’incredibile capacità di riadattamento anche e soprattutto delle atmosfere in un meticoloso lavoro di ricucitura che rende merito a Gatiss e Moffat. E neanche un finale in calando può compromettere il valore di questa serie, opera magna per sempre consacrata nel gotha delle migliori serie tv britanniche di sempre.

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