1) Peaky Blinders
Quando si parla di Peaky Blinders il vero cinema si sposta dalla sala alla televisione, al tablet, ai cellulari e ai computer.
Quattro stagioni, quattro capolavori, quattro gioielli dalla struttura perfetta. Sei episodi a stagione, ognuno dalla durata tra i 45 e i 60 minuti, ognuno dei quali tanto intenso quanto sublimemente inserito nella storia. Sei episodi all’anno che, in pieno stile British, evocano classe, spontaneità e ordine allo stesso tempo.
Troppo semplice parlare della regia e la scrittura di Steven Knight, entrambe nate da influenze gangsteriane illustri (un misto di Scorsese e Polanski, ma inseriti nel mondo anglosassone degli anni ‘20) ed esaltate da note dark.
Troppo semplice parlare dei costumi e della scenografia, completamente centrate fin dalla prima stagione (forse il punto di forza assoluto). Ancora più semplice elogiare il cast: tra comparse illustri, guest star e attori di teatro, non posso non osannare LUI, sì, LUI. Cillian Murphy. L’attore irlandese che ci ha fatto impazzire nei film di Nolan. Ca**o Cillian, ca**o. Il personaggio che più ho amato dai tempi di Donald Draper (Madmen). Sì perché Thomas Shelby, il capofamiglia dei malavitosi di Birmingham, ha la classe del pubblicitario protagonista di Madmen, la scaltrezza di Tyrion Lannister, la furbizia, la sete di conoscenza e la temibilissima forza di Ragnar Lohtbrok e addirittura l’ambizione di Walter White.
Tutto questo è un personaggio che non ha eguali e sarà, almeno per me, ETERNO.
Cosa dire della colonna sonora dai ritmi punk/indie/rock? Cosa dire dei primi piani magnifici? Cosa dire dei rapporti familiari perversi e difficili che vengono a crearsi dentro il nucleo degli Shelby? E delle controversie, che diventano patti, tra Stato e Mafia?
È una famiglia gitana che conquista l’intera Inghilterra a suon di scommesse illegali, alcol, cocaina, pistole, sesso, orologi da taschino e agguati armati. CHE BELLO.
Da amare. Punto e basta. Peaky Blinders è amore, sarà amore. Sempre.