6) Wayward Pines
“Lavora sodo, sii felice. Goditi la vita a Wayward Pines”
Tratto dall’omonima trilogia a firma di Blake Crouch, quello che alcuni etichettarono in modo ardito come il designato erede di “Twin Peaks”, si è invece rivelato essere una delle più cocenti delusioni degli ultimi tempi nell’intero universo seriale.
Nel pilot l’agente Ethan Burke (Matt Dillon), a seguito di un incidente stradale, si risveglia ricoverato a Wayward Pines. Spaesato e confuso, il nostro protagonista non comprendendo il motivo per cui si trovi lì, si addentra all’interno della piccola ma misteriosa cittadina in cerca d’informazioni e facendo così la conoscenza degli abitanti, tra strani comportamenti e abitudini. Il tutto accompagnato da un chiaro e preciso fil rouge: uno spesso velo di omertà circa la natura del posto in cui vivono.
Eccentrica a suo modo, inquietante e impenetrabile, “Wayward Pines” incuriosiva per l’alone di mistero e i molti quesiti irrisolti che andavano a mano a mano aumentando lungo il cammino intrapreso dall’agente Burke.
Una direzione sapiente e un’ottima fotografia esaltavano un’ambientazione come mai viste prima. Un vero e proprio microcosmo che meritava assolutamente di essere scoperto da un protagonista ben costruito e credibile, tanto da non lasciare spazio a interpretazioni.
A tradire la Serie Tv targata FOX non è stato di certo il contesto nel quale la trama viene a svolgersi (la città di Wayward Pines e tutto ciò che nasconde, sotto questo punto di vista, sono seriamente un’idea illuminata), bensì un contenuto che, scoprendo le carte troppo presto, termina con l’evolversi in maniera prevedibile e che viene svilito da una larga parte dei personaggi facenti parte della comunità. Alcuni sono imbrigliati in ruoli che definirli “secondari” è dir poco, altri schizofrenici, altri ancora anonimi (la famiglia Burke, moglie e figlio su tutti). E se la prima stagione non aveva convinto, sembra impossibile, ma il quadro degenera in una seconda stagione che, nel tentativo di dare un nuovo taglio e vigore alla serie, finisce vittima di una narrazione lenta e inconcludente, con vecchi e soprattutto nuovi personaggi difficilmente apprezzabili.
Tutti elementi che vanno decretando quanto quel bel progetto presentato nel pilot abbia finito con il perdersi in se stesso, tanto da non riuscire più a prenderlo sul serio. Quando si dice “dalle stelle alle stalle”.