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Ma non stanno uscendo un po’ troppi reboot?

reboot
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“Oggi stanno uscendo troppi remake, sequel e reboot”. Quante volte avremo sentito questa frase negli ultimi anni? Se è vero che di alcuni sequel non avevamo bisogno perché hanno solo allungato il proverbiale brodo, di alcuni assurdi remake dell’Est potevamo davvero fare a meno. È difficile fare un buon remake e alcune serie sono semplicemente troppo belle per averne uno. E invece i reboot? Nel nostro dizionario delle serie tv ne abbiamo già parlato, ma oggi vogliamo approfondire l’argomento.

Reboot infatti significa“ri-avviare” (da to boot, avviare in inglese) e viene utilizzato nel mondo della fiction per indicare la narrazione di una storia che di solito mantiene alcuni elementi della serie originale, personaggi principali e ambientazione, ma ne riscrive parzialmente gli eventi e ne abbandona la continuità. Questo vuol dire che la nuova storia è indipendente, segue un’altra linea temporale e altre vicende. Ma perché proprio in quest’epoca assistiamo a una proliferazione quasi incontrollata di sequel, remake e soprattutto reboot? Le motivazioni sono molteplici, spesso contraddittorie e non redditizie come si potrebbe pensare.

I trend di oggi: “futurismo” e “operazioni nostalgia”

Stranger Things_reboot

Innanzitutto, come linea generale potremmo dire che oggi l’intera industria segue due trend principali: quello futuristico e quello della riscoperta del passato.

Accanto a prodotti che esplorano il futuro prossimo e le sue implicazioni come Westworld, Upload, Black Mirror, Snowpiercer, The Expanse, Tales from the Loop etc., ci sono serie che puntano al passato sia in termini di ambientazioni e mood (pensiamo a Stranger Things ma anche a The End of the F***ing world o Dark) sia in termini di “operazione nostalgia” con i revival: FRIENDS, Una mamma per amica, Heroes Reborn, X-Files, BH902010. Questi hanno puntato alla nostalgia dei fan più accaniti per ridare vita a concept, idee, saghe redditizie. L’enorme debito che la serialità moderna deve al passato è assodato e c’è chi ci vede soprattutto una mancanza di originalità.

Questo è vero in parte, perché più che di mancanza di contenuti (che sono anche troppi) si dovrebbe parlare di mancanza di coraggio. O meglio, di una tendenza alla prudenza che non fa parte dello spirito di un’industria basata sulla creatività.

Le serie tv sono diventate la nuova miniera d’oro, ma è una miniera molto più costosa del passato. Fare serie tv oggi è più dispendioso in termini di soldi e tempo, ma anche di macchinari, strumenti e contratti multimilionari. In un’epoca  in cui il “look” è importante quasi quanto (se non più) del contenuto, diventa difficile non creare prodotti confezionati con precisione maniacale. Questo rende le case di produzione, le etichette e i produttori meno avvezzi a lanciarsi nel buio con progetti completamente nuovi.

Reboot_Peaky

Meglio un bel revival, che riporti in auge il cult che abbiamo amato. Meglio il sequel, che continua a sfruttare la scia di un grande successo. Meglio il reboot che si finge nuovo, ma in realtà sfrutta ambientazioni e personaggi già conosciuti, giocando sulla nostalgia. Non è un caso, infatti, che gran parte dei progetti legati al passato abbiano ricevuto affluenze enormi nei cinema o sulle piattaforme di streaming, a prescindere dalla fiducia degli spettatori. Questo perché è la curiosità il primo motore a spingerci a guardare e i creatori lo sanno.

Quindi ecco che ci ritroviamo a vedere tutti i live action Disney, consapevoli che non saranno mai all’altezza degli originali ma curiosi di sapere come hanno utilizzato tutti gli strumenti digitali di oggi e se hanno funzionato. In termini di botteghino, l’affluenza è un dato fondamentale che poco si accorda con il dibattito sulla buona riuscita o meno dell’operazione. Anzi, che dopo se ne parli bene o male, l’importante e che lo si faccia. Come diceva qualcuno.

La curiosità diventa un fattore ancora più importante quando l’operazione richiama epoche trend del momento, in particolar modo quelle precedenti la nostra. E più la nostalgia è profonda, più la curiosità è fitta, più l’operazione è redditizia.

Quindi via libera soprattutto agli anni Ottanta e Novanta. Abbastanza lontani da poter essere oggetto vintage, abbastanza vicini da incuriosire gli spettatori migliori: i trentenni/quarantenni di oggi. I reboot poi hanno il pregio di attirare sia la vecchia fanbase che il pubblico nuovo, grazie al fatto che le serie vengono confezionate con la cura di oggi e riescono facilmente ad abbattere le remore di un pubblico più esigente. I reboot restano quindi redditizi, permettono di provare cose nuove senza lanciarsi completamente nel vuoto.

disney+_reboot

Non è da sottovalutare il fatto che reboot, remake, sequel e revival permettano anche di ottenere i necessari introiti economici per dare vita a progetti originali, senza lo spettro della bancarotta. È anche grazie ai live action che Disney può alimentare gli originali Pixar? È anche grazie ai numerosi reboot che Netflix riesce a finanziare serie tv originali? Può essere. Anzi, per le case di produzione più piccole è quasi sicuro. Allora è tutto oro quel che luccica?

È davvero possibile creare un reboot di successo?

Se queste operazioni fossero perfette e senza margini di errore non c’è dubbio che sia il mondo della serialità che quello del cinema subirebbero una brusca contrazione, un immobilismo che alla lunga diventerebbe mortale. Il profitto economico è il motore principale di tutto e senza di esso nessun progetto verrebbe riproposto, non ad alti livelli almeno. La passione per progetti creativi ma sfigati è utile a creare varietà (a volte con inaspettati successi) ma non può essere supportata sulle lunghe distanze e non dalle grandi case di produzione.

Abbiamo parlato dei motivi per i quali i reboot vengono fatti e perché possono essere positivi, ma perché falliscono?

reboot serie tv

Potremmo forse dividere i motivi principali in due categorie: nostalgia e contesto. Se la nostalgia è il motivo principale che ci spinge a guardare un reboot, remake, sequel o revival, essa è anche paradossalmente la causa principale del loro fallimento. La nostalgia è un sentimento potente ma anche molto ambivalente, essendo per natura sia positivo che negativo. Si potrebbe descrivere come il sentimento di tristezza nel rievocare momenti felici, idealizzandoli. Questa idealizzazione crea enormi aspettative, aspettative che da una parte generano utile curiosità ma dall’altro sono quasi impossibili da soddisfare.

Probabilmente nessun reboot potrà mai piacerci come l’originale, perché lo vedremo sempre con gli occhi della nostalgia, idealizzando quindi la serie madre.

Questo primo fattore è collegato al secondo: il contesto. Quando guardiamo una serie tv, la nostra mente la contestualizza in automatico e la “protegge” rispetto al passato. Ecco perché siamo più indulgenti con i prodotti vecchi (e brutti) che amiamo. Abbiamo detto però che i reboot sono un ibrido e questo incasina un po’ la contestualizzazione, perché tradizione e modernità cozzano. Se è vero per il nostalgico, vale anche per i nuovi spettatori che spesso sentono il concept come compassato e non attuale rispetto ai loro tempi. Ecco perché consideriamo capolavori le cosiddette opere “senza tempo” che possono essere viste, lette, fruite in qualsiasi epoca.

Reboot_Roswell

Eppure il reboot di Streghe, che aveva tutto l’occorrente per affrontare tematiche attualissime con l’aggiunta dell’ambientazione magica che ha reso famosa l’opera originale, ha avuto un pessimo riscontro. Completamente opposto il destino del reboot di Roswell, una serie nata da premesse simili. Altri due cult, Visitors e Supercar, hanno avuto scarsissimo successo mentre Magnum P.I. sta ottenendo buoni ascolti. La realtà è che non esiste una formula magica, i fattori di insuccesso sono moltissimi, spesso imperscrutabili e accompagnati dalla fortuna. Ognuna di queste operazioni rischia di diventare un salto nel vuoto maggiore del creare nuove serie tv e questo dev’essere messo in conto. Un dato però sembra accomunarli tutti: anche i migliori reboot tendono comunque a essere al massimo prodotti accettabili, ben lontani dal successo degli originali. E forse è proprio questo il punto.

Alla lunga tutti questi reboot varranno la pena? Ai posteri l’ardua sentenza.

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