Se siete romani, di nascita o adozione non importa, sarete abituati ad assistere una continua e variegata rappresentazione della vostra città, in praticamente qualsiasi tipo di opera. È chiaro che, a livello artistico, una città come Roma, dove la storia si respira anche solo passeggiando, esercita un richiamo assoluto, e la diretta conseguenza è un profluvio vero e proprio di opere, che siano artistiche, letterarie, seriali e cinematografiche, che prendono vita nella Città Eterna. Roma, però, non si limita a sedurre, ma è una forza che conquista, che fa vivere a chi ammalia un’esperienza personale e ognuno, a modo suo, cerca di ridefinire e ritratteggiare questa città dalle mille anime. Ne discende che, in questo profluvio di opere di cui abbiamo parlato, la città di Roma viene presentata sempre con un occhio diverso, con una particolare attenzione a qualche dettaglio, con una predisposizione precisa, con uno sguardo sempre parziale.
Non solo chi realizza queste opere dà il proprio tocco alla rappresentazione di Roma, ma anche lo spettatore, specialmente se diretto interessato, interpreta a modo suo la città, aggiungendo al racconto quell’impronta personale, figlia della seduzione che in prima persona ha sperimentato. Si crea, così, un gioco di rimandi, che porta a una definizione sempre personalizzata di Roma, che già di per sé possiede una moltitudine di differenti anime. Oggi, dunque, vorrei accompagnarvi in un viaggio alla scoperta della mia personalissimo Roma, per farvi vedere, tramite i miei occhi, le mie esperienze, il mio spirito e la mia predisposizione, una città che per me significa tutto. Una città di cui ogni giorno m’innamoro, da cui ogni giorno mi lascio sedurre, proprio come i tanti artisti che l’hanno scelta per calarci le proprie creazioni. È un viaggio personale, come tutti quelli che si compiono dentro Roma, che sfugge sempre dall’oggettività e, in nome delle forti passioni che suscita, si fa inno dell’esperienza soggettiva dell’innamoramento. Per farlo, ricorrerò a film e serie tv che hanno saputo simboleggiare, almeno in parte, il mio rapporto con la città.
Roma dall’illusione fanciullesca alla consapevolezza adulta
Come prima cosa, naturalmente Roma ha fatto da cornice alla mia crescita. Non tanto nell’infanzia, essendo cresciuto fuori dalla città l’ho scoperta, relativamente, tardi, ma a partire dall’adolescenza. Le prime giornate passate in giro per il centro, nel classico itinerario che da Piazza del Popolo arriva fino al Colosseo, passando per la solennità del Vittoriano e i suggestivi Fori Imperiali. Le prime serate, nei locali della Capitale, dove la vita scorre a ritmi inimmaginabili e il mondo intero sembra lì, a portata di mano. Se devo pensare a un film che più di tutti mi riporta a quegli anni, mi viene in mente Notte prima degli esami, non tanto nel narrato – i miei esami di maturità non sono stati così elettrizzanti – ma più che altro nello spirito. Quel senso d’urgenza, di essere davanti a un momento epocale della vita e non sapere cosa aspettarsi. In quel momento, la maturità sembrava davvero una porta d’accesso a un mondo nuovo, adulto, l’ultima prova prima di ascendere all’età dorata degli adulti. Il primo, grande, esame della vita. La colonna sonora di Antonello Venditti, poi, può solo che suggellare questa sensazione.
Ben presto, però, mi sono reso conto che quell’età degli adulti non luccicava affatto. L’inizio dell’Università mi ha avvicinato ancora più a Roma, fisicamente ed emotivamente. Mi ha fatto conoscere ambienti che ignoravo, entrare a contatto con realtà più grandi, conoscere altri volti della città, sempre pieni di fascino. Tuttavia, andando avanti, al fianco di questo entusiasmo è stato impossibile celare l’emergere anche di una sorta di delusione, perché quel mondo dei grandi si configurava sempre più come una grande fregatura, perché non si è pronti al peso delle responsabilità e perché è proprio vero: quando sei giovane non vedi l’ora di crescere, quando sei adulti rimpiangi la giovinezza. C’è un film, o meglio una trilogia, che racchiude un po’ questo sentimento che ho provato verso la vita negli anni universitari, e che è quel capolavoro di Smetto Quando Voglio. Non ho mai pensato di sintetizzare droghe legali, ci mancherebbe, ne ho mai cercato modi astrusi per sbancare il lunario. Piuttosto, di quella banda scalmanata mi hanno sempre affascinato due cose: la capacità di mettersi in gioco, anche quando la vita li ha presi malamente a schiaffi in faccia, e l’inesorabile atteggiamento positivo nei confronti delle capacità intellettuali.
Col tempo ho fatto pace con la delusione del mondo adulto. L’illusione giovanile ormai è alle spalle, rimane sempre una chimera, ma è esorcizzata da altre esperienze, da un’età adulta a cui mi sono abituato e che ora padroneggio un po’ di più. Eppure, spesso mi sento come quei ragazzi che appaiono nel finale dell’ultimo film di Smetto Quando Voglio: pieno di speranza, ancora convinto che un un mondo luccicante, in fondo, ci sarà, e non può che essere nella bellezza di Roma.
Raccontami una storia
Al fianco della Roma vissuta, una grande attrattiva in me ha sempre esercitato la Roma del passato. Non quella dei romani (al contrario di molti visti su Tik Tok mi capita molto raramente, praticamente mai, di pensare all’Impero Romano), ma una Roma più vicina, quella dei miei nonni, o di mia madre, insomma la Roma di qualche decennio fa, che si può ancora rintracciare nei racconti e ammirare sotto la superficie moderna. Ci sono, in assoluto, tre film che mi sono rimasti in mente per la descrizione di diversi momenti, e animi, della città. Il primo è Roma Città Aperta, capolavoro di Roberto Rossellini con una strepitosa Anna Magnani, in cui viene mostrata la città negli ultimi anni della Guerra, quando l’Italia intera era divisa dall’opposizione tra gli Alleati e l’occupazione tedesca, e Roma si faceva baricentro di questa spaccatura. L’altro è Ladri di Biciclette, in cui invece si vede una Roma che si sta rialzando dopo la guerra e di cui si può ammirare lo spirito combattivo, tra le macerie del passato e lo sguardo fiducioso verso il futuro. Infine, l’ultimo film è La Dolce Vita, la rappresentazione del lato glamour della Capitale, di quel sogno che la Città Eterna ti fa provare, ma in fondo mai realizzare.
Sono tre rappresentazioni molto diverse della città, capaci però di delineare quasi una micro-storia, almeno a livello cronologico, della Capitale. Sono tre capolavori assoluti, e sicuramente non servo io a rimarcarlo, ma soprattutto sono tre pellicole che mi hanno restituito tre sapori diversi, ma egualmente interessanti, di Roma, facendomela vedere da altri punti di vista, e facendomela amare ancora di più.
Giallorossa è unica
Non vorrei far storcere il naso a nessuno qui, ma un elemento fondamentale nel mio rapporto con la Città è la fede calcistica, rigorosamente giallorossa. Senza entrare nel merito di sterili dispute sportive, parlo a titolo personale e Roma e la Roma, nel mio immaginario, si sono sempre sovrapposte, andando a formare un legame inscindibile. Era impossibile, dunque, in un viaggio del genere non tenere conto di questo elemento e, a livello seriale, sono due le produzioni che mi hanno fatto sentire più vivo questo legame. La prima, in maniera goliardica, è I Cesaroni, con quelle sciarpe della Roma buttate là e le battute di Claudio Amendola volte sempre a rintuzzare la rivalità sportiva. L’altra, con ben altro valore, è Speravo de morì prima, serie che condensa l’essenza finale del romanismo.
Al di là del valore in sé del racconto, Speravo de morì prima è un enorme omaggio a Francesco Totti, sacro come San Pietro e imponente come il Colosseo per i romanisti. Comprendere la natura del rapporto tra un tifoso della Roma e lo storico numero 10, dall’esterno, è complesso, è paragonabile a un rapporto tra un fedele e la sua divinità, molto difficile, se non impossibile, da spiegare. Basta ammettere, comunque, che Francesco Totti è a tutti gli effetti, per un romanista, uno dei più grandi simboli non solo della propria squadra, ma della città stessa, tanto intrinseca è questa sovrapposizione tra Roma e la Roma. Quello “Speravo de morì prima”, in fondo, non è così ironico, e guardando la serie, o più nello specifico lo struggente addio di Totti al calcio, è impossibile non pensare al meraviglioso viaggio vissuto.
Roma sacra
Una delle cose che preferisco di Roma, da girovago avido di scoprire ogni angolo della città, è lo straordinario patrimonio artistico sacro che la caratterizza. Roma accoglie, all’incirca, poco meno di 1000 chiese, per non parlare di tutti gli altri luoghi sacri, come templi, conventi e luoghi di culto di altre religioni. Roma è una città che sprizza spiritualità, specialmente a carattere cattolico, è chiaro, ma la solennità di questa sacralità si respira in ogni angolo della Città Eterna e sotto diverse declinazioni, rinconducibili tanto all’antichità quanto alla contemporaneità. Questo aspetto mistico di Roma mi ha sempre affascinato in maniera estrema e, a simboleggiare questa anima di Roma, ci sono due opere in particolare. La prima è, chiaramente, Angeli e Demoni, il film tratto dal best-seller di Dan Brown, che ci mostra una Roma dalla sacralità ribaltata, dove il culto si fa mistero e dove l’ultraterreno si riversa in Terra.
L’altra è The Young Pope, straordinaria serie di Paolo Sorrentino (uno dei grandi artisti ammaliati da Roma), che ci porta nei meandri di un Vaticano immaginario, al cospetto di un Papa misterioso e conservativo, simbolo di quell’anima nascosa di Roma. Queste due opere esaltano, a mio avviso, la Roma sacra che è puntualmente velata di mistero e di ombre, una città mistica, quasi sovrannaturale, che vive di immagini sacre e di veli capaci di ipnotizzare chi vi rimane troppo tempo a guardare. Sono due opere che incarnano bene uno degli aspetti più seducenti, almeno personalmente, della Capitale.
Roma criminale
Il contraltare perfetto della Roma sacra presentata sopra è la Roma criminale che trova la sua perfetta, grandiosa, maestosa rappresentazione in quel capolavoro che è Romanzo Criminale. La produzione Sky condensa in sé lo spirito primigenio della città, quell’invincibilità che ha reso Eterna Roma. “Roma nun vole capi” dice Satana al Libanese e nel corso della serie, la città mostra la sua vera natura. Ammalia i criminali, li seduce promettendogli gloria e fama, li fa sentire delle divinità in Terra, e poi li lascia cadere, li abbandona, si ribella a chi vuole controllarla, perché Roma non vuole padroni e rimane sempre sfuggente, anche se sembra a portata di mano. Romanzo Criminale è stata capace di personificare Roma, che assume tragicamente le pasoliniane fattezze di Mamma Roma, di quell’entità da compiacere, da conquistare, di cui garantirsi l’affetto, per cui combattere e uccidere i propri stessi fratelli pur di anelarne l’amore. Che però non arriva perché Roma è una madre che deve tenere conto di troppi figli.
Non c’è, a mio avviso, altra opera seriale e cinematografica che, al pari di Romanzo Criminale, abbia messo in mostra questo lato spietato di Roma. Anni dopo ci ha provato Suburra, altra serie a cui sono molto legato e che conferma l’assunto già stabilito: chi vuole prendersi Roma finisce col fallire, perché si fa sedurre, ma mai conquistare. Traslando fuori dal mondo criminale il discorso, questa è la sensazione che si prova davanti a Roma, la sperimentazione del sublime, il rapporto con un qualcosa di troppo immenso da poter comprendere e controllare. Il fascino di questa componente, poi, è esaltato dalla mia convinzione che Romanzo Criminale sia una delle migliori serie tv di sempre. Il che ha certamente un suo peso importante.
La Grande Bellezza
Torniamo a Paolo Sorrentino, dunque, per chiudere questo viaggio. Nello sguardo del regista napoletano ci sono le varie anime di Roma, quella decadente, quella mistica, quella culturale, quella viziosa, quella storica, quella sacra. La Grande Bellezza è una summa della ricchezza della Città Eterna. Personalmente non amo così tanto il film di Sorrentino, non vi sono legato come ad altri titoli qui elencati, ma c’è da dire che, nella sua restituzione della città, è estremamente calzante. A partire dal titolo, La Grande Bellezza: era difficile trovare un modo migliore per descrivere Roma in tre parole e questo epiteto mi sembra il più adatto possibile per incarnare la Città Eterna.
Siamo arrivati, dunque, alla fine di questo viaggio, in cui spero di avervi trasmesso almeno una parte dei sentimenti che provo per la città di Roma. Ogni film e serie tv qui citati costituiscono una parte importante del legame che ho con la Capitale, sono anzi parte fondamentale della mia stessa vita, che in fondo non può che prescindere da Roma e che riesco a raccontare, al meglio, tramite quelle rappresentazioni seriali e cinematografiche che puntualmente sono capaci di dare una rappresentazione fisica a qualcosa che mi frulla nella mente. Le tante anime di Roma convivono, si raffrontano e si alternano, in un continuo gioco di seduzione che, sono sicuro, non smetterà mai di ammaliarmi.