2) Ally McBeal
Anche questa serie partorita negli anni Novanta doveva ricordare la versione ironica di un legal drama dal momento che la protagonista è una avvocatessa di Boston e la maggior parte dello show viene girato tra aule di tribunale e studi legali.
In realtà, buona parte della trama è incentrata sulla protagonista che come il J. D. di Scrubs è spesso stralunata, affetta da allucinazioni spassosissime e alle prese con delusioni d’amore e aspettative in conflitto.
Impossibile non innamorarsi di Ally già dai primi episodi, faro nella nebbia per molte trentenni in cerca di risoluzione (la bella avvocatessa oltre a una carriera sfolgorante vuole anche un marito e un figlio). La protagonista non fa che inciampare in amori disastrosi che danno vita a gag davvero esilaranti in molte delle quali vengono coinvolti anche i suoi colleghi, uno più assurdo dell’altro.
Ally McBeal però è anche una persona estremamente nostalgica, spesso triste e ferita. I momenti nella serie in cui riflettere e incupirsi con lei non mancano mai.
3) Californication
La serie che ha rilanciato la carriera di David Duchovny dopo gli alieni di X-Files ha un tasso di malinconia altissimo.
Tutto da imputare al depresso e sregolato protagonista.
Hank Moody è una sorta di Charles Bukowski 2.0, schiavo del sesso femminile, incallito bevitore, disilluso dalla vita e dal successo ottenuto grazie alla sua carriera da scrittore. Si muove in una Los Angeles che mette a dura prova i suoi tentativi di redimersi come padre e riconquistare l’ex moglie di cui è ancora innamorato.
La serie comunque diverte perché i disastri di Hank non possono non farlo, ma attraverso lo sguardo profondo e disilluso del protagonista finiamo anche noi a riflettere su molte problematiche ancestrali.