3) Elite (per fortuna)
Elite doveva finire? La sola risposta possibile a questa domanda è francamente si. Anzi, doveva finire già un po’ di tempo fa. Fin dal suo debutto, Elite è rimasta una delle serie televisive più popolari di Netflix. Il dramma adolescenziale spagnolo che ha saputo catturare l’attenzione di milioni di spettatori in tutto il mondo. Creata da Carlos Montero e Darío Madrona, la serie è ambientata a Las Encinas, un prestigioso liceo frequentato dai figli dell’élite spagnola. La narrazione prende il via quando tre studenti provenienti da famiglie meno abbienti ottengono una borsa di studio per frequentare la scuola, creando una collisione tra classi sociali che genera tensioni e conflitti. Ogni stagione è caratterizzata da un evento centrale che viene svelato attraverso una narrazione non lineare, alternando presente e passato per ricostruire la vicenda.
Uno dei punti di forza, almeno all’inizio, dello show era stata la rappresentazione di una vasta gamma di minoranze e tipi umani. La serie affrontava questioni come la sessualità, le disuguaglianze sociali, l’identità di genere e i problemi familiari. Personaggi come Omar e Ander, che vivono una relazione omosessuale, o il personaggio di Nadia, una studentessa musulmana, offrono una rappresentazione autentica e multidimensionale di realtà spesso poco esplorate. Soprattutto in serie tv di quel periodo.
Con il passare degli anni, però, gli sforzi per rappresentare temi complessi finiscono per cedere il posto a cliché e storyline ripetitive. Le tematiche più profonde diventano man mano sempre meno rilevanti, concentrandosi maggiormente sugli scandali dei ricchi e viziati protagonisti. Anche i personaggi più riusciti finiscono in un loop ripetitivo di azioni e reazioni tutte uguali. Diciamo pure che la fine di Elite era davvero agognata da tempo.
4) Not Dead Yet (purtroppo)
La protagonista della serie, Nell Serrano è una giornalista che, dopo un periodo di assenza, torna a Los Angeles per ricostruire la sua carriera e la sua vita. Reduce da un matrimonio fallito e con poche prospettive professionali, Nell accetta un lavoro come redattrice di necrologi presso un giornale locale. Peccato che riesca anche a vedere e a interagire con i fantasmi delle persone di cui scrive i necrologi. Ogni episodio segue quindi Nell mentre cerca di comprendere e risolvere i “rimpianti irrisolti” dei defunti, offrendo loro una sorta di chiusura simbolica. Un viaggio che diventa soprattutto personale e che la porta a riflettere sulle sue scelte di vita. Nell è il perfetto esempio di come la vita possa offrire seconde opportunità, anche nei momenti più bui.
I fantasmi fanno incursioni periodiche nella vita della protagonista, tormentandola e infastidendola in ogni episodio, solitamente per insegnarle qualche lezione di vita. Tuttavia, il loro contributo appare marginale: gran parte delle lezioni potrebbero benissimo essere apprese senza la loro presenza. Tant’è che quando fanno la loro comparsa sullo schermo, spesso si limitano a offrire una comicità forzata e poco incisiva, che non raggiungono mai il loro scopo.
In un panorama seriale sempre più patinato e ambizioso, forse c’era spazio per il ritorno di una serie tv più modesta, prima della sua brutale cancellazione nel 2024.
Not Dead Yet non è un prodotto pessimo, ma nemmeno memorabile, limitandosi a esistere. Potrebbe essere stato pensato proprio come tappabuchi, dove la sua natura anonima lo rende ideale per un pubblico che lo guarda in modo casuale. Non è necessario seguire una trama o ricordare gli episodi precedenti, perché ogni puntata è, in fondo, una ripetizione della precedente. Tutto sommato, la cancellazione della serie tv nel 2024 appare un po’ prematura. C’erano le basi per approfondire la storia, per vedere come e quando il personaggio di Nell si sarebbe potuta evolvere per davvero. Al di là dei suoi talenti sovrannaturali.